50 anni fa spuntava dal mare di Rimini l’Isola delle Rose

50 anni fa spuntava dal mare di Rimini l’Isola delle Rose

Il sogno anti-statalista e anti-sessantottino dell'ingegner Giorgio Rosa.

Nel febbraio del 1967 il senatore riminese Gino Zanini presentò una allarmata interrogazione al governo. Nel giugno dell'anno dopo l'annuncio: "E' un nuovo Stato".

Febbraio 1967. La stampa dà notizia di “una radio pirata” che sta spuntando al largo di Rimini. Il senatore Dc Gino Zanini si affretta a presentare una interrogazione ai ministri della Marina mercantile e degli Esteri “per conoscere a quale scopo vengano effettuati nel Mare Adriatico, a 12 chilometri e mezzo al largo di Rimini, lavori di infissione sul fondo marino di pali di ferro e cemento e per conoscere quale fondamento abbiano le voci, ormai molto diffuse, che vorrebbero che in quest’isola sia installata una stazione radio privata”. Domande, interrogativi ancora avvolti in un alone di mistero. Si scrive che “attorno a questa strana costruzione si lavora dal 1964”, che somiglia a una “torre derrick” per le ricerche petrolifere. Ma di lì a breve tutto verrà svelato.
Giugno 1968. “Piattaforma davanti a Rimini proclamata Stato indipendente”, titola La Stampa di Torino. “L’annuncio secondo il quale sull’isola di acciaio sorta a 12 chilometri dalla costa di Rimini, in acque extraterritoriali, era nato un “nuovo Stato”, ha fatto accorrere sul posto agenti di polizia, guardia di finanza e carabinieri, per “ragioni di sicurezza”. Le motovedette si sono avvicinate all’isola istituendo un servizio di sorveglianza”.
Cominciava così l’incredibile avventura dell’ingegner Giorgio Rosa, annunciata urbi et orbi nel bel mezzo del 68 ma che è stata un’enclave anti-sessantottina. Uno stato in mezzo al mare Adriatico del quale tanto è stato scritto, compreso il romanzo di Walter Veltroni L’isola e le rose, che ha fatto di quella esperienza una sorta di idea hippy galleggiante, mentre in realtà fu una secessione e insieme una fuga dall’ideologia che stava prendendo forma in Italia e in Europa.
Come è stato scritto, Giorgio Rosa era un “ex fascista con pulsioni anarco-libertarie, un tipo che dopo aver fatto il soldato a Salò è stato condannato come disertore dal un tribunale della Rsi e vuole edificare la propria “Galt’s gulch” per sottrarsi all’oppressione dei collettivismi dell’epoca: il paternalismo della Chiesa, il maternalismo della Dc e l’anticapitalismo dei comunisti”. Dirà lui che “sulla terraferma la burocrazia era soffocante. L’idea era di sfruttare il turismo e vendere benzina senza le accise, aprire un bar e un ufficio postale, emettere francobolli. Sarebbero sorte altre iniziative, sull’esempio di altri micropaesi indipendenti, come San Marino. La cosa avrebbe retto: dove c’è libertà c’è ricchezza”.
Ci vorrebbe anche oggi un ingegnere Giorgio Rosa.

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