“Alle spalle di Pandolfo Malatesta c’è l’America”: Riccardo Magnani lancia la sfida

“Alle spalle di Pandolfo Malatesta c’è l’America”: Riccardo Magnani lancia la sfida

La sua tesi, e i relativi studi, esposti il 10 giugno al teatro sociale di Novafeltria. Gli scettici sono caldamente invitati.

Da giorni leggo articoli che mi riguardano, in prevalenza di tenore aspramente critico, al limite della diffamazione in alcuni casi, riguardo la tesi che vuole alle spalle di Pandolfo Sigimondo Malatesta, dipinto nel tempio malatestiano da Piero della Francesca, una veduta parziale dell’America del Nord.
Non entrerò qui nel merito delle ragioni per le quali sostengo tale tesi; non è certo argomento liquidabile in poche battute, e rimando per questo alla conferenza che terrò sabato 10 giugno al Teatro Sociale di Novafeltria.
Dopo l’ultimo intervento del sig. Rimondini ho deciso di interrompere il mio ruolo di osservatore di uno spettacolo in vero assai squallido, invece, per segnalare il grave e increscioso atteggiamento rivoltomi da diversi personaggi, a vario titolo ma con ugual intento, i quali hanno elevato un muro di pregiudizi trancianti non tanto nei riguardi della mia tesi, che ovviamente non possono conoscere, né tantomeno controbattere con quattro righi online, bensì riguardo la mia persona.
La mia tesi, nel caso di specie, riguarda la presenza e i motivi alla base della quale ritengo possa essere realmente l’America alle spalle di Pandolfo Malatesta, di cui quest’anno ricorrono i 600 anni dalla morte, motivo per cui ho offerto alla giunta riminese in forma congiunta di dare annuncio di questo mio studio, al pari di altre mappe da me rilevate e legate da un comune denominatore individuabile in un tessuto di relazioni politiche e familiari che si svilupparono e rinforzarono nei primi anni del XV secolo, attorno alla figura di Gemisto Pletone e al rinnovato movimento culturale e politico conseguente al Concilio che, ordinato a Basilea, venne poi tenuto a Ferrara e poi spostato a causa di una epidemia di peste a Firenze.
Ho ricevuto attacchi pesanti, non supportati da elementi critici (per ovvi motivi, non avendo io ancora esposto le mie ragioni) e dunque pretestuosi e prevenuti, atti a difendere uno status esistente che fa comodo a molti.
Purtroppo troppo spesso oggi la conoscenza viene vissuta come un elemento di convenienza (e per questo spesso condizionata) e non come un’opportunità di crescita collettiva, motivo per cui quando qualcuno propone una tesi innovativa si tende a dargli contro prima ancora di aver assistito all’esposizione delle proprie ragioni.
Di questo me ne rammarico, non a titolo personale – la cosa mi tange relativamente, in quanto ho la fortuna di non avere a che fare con personaggi quali Giovanardi, Pulini, Delucca e tutti quelli che a diverso titolo (annunciatisi come soprintendenti o docenti universitari) si sono prodigati nel mostrarmi e rivolgermi tutta la propria pregiudizievole rigidità, ma proprio in ordine a quel moto collettivo dinamico di crescita per cui si deve sempre essere aperti al nuovo, per valutarlo e accoglierlo laddove dimostrato fondato.
Comprendo bene le ragioni per le quali chi ha studiato per una vita non sia pronto a rinegoziare le proprie nozioni, e più ancora chi su queste ha costruito carriere o assunto ruoli pubblici che si vedrebbero ridimensionato le ragioni del proprio coinvolgimento, ma quello che non comprendo, ammetto e tollero è la difesa autoreferenziale, aprioristica e pregiudizievole, perché in ultima analisi non si limita alla sfera che estende i propri confini tra me e loro, ma intacca la sfera della comune conoscenza, con riflessi di carattere sociale allarmanti, se è vero come è vero (così il sig. Rimondini sarà felice di potermi dare del complottista indefesso) che la moderna società si basa su elementi totalmente virtualizzanti, in cui vale tutto e il contrario di tutto, in ordine a un relativismo culturale dogmatico in cui il paradosso (tutto nell’approccio dogmatico alla questione) è che ogni singola posizione diviene assolutistica.
Per questo motivo avrei compreso attacchi anche più feroci di quelli ricevuti (al limite della censura medioevale, con limitazioni richieste pubblicamente all’interdizione del mio potere di dialogo pubblico), ma solo a tesi dichiarata e documentazioni e argomentazioni esposte, e non indirizzate a condizionare e limitare la mia esposizione.
Per questo motivo, rinnovo l’invito per sabato 10 giugno al teatro sociale di Novafeltria, e dopo di allora accetterò qualsiasi critica mi si voglia elevare.

Cordiali saluti

Riccardo Magnani

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