All’ex Trinchetto si dorme davanti all’ingresso

All’ex Trinchetto si dorme davanti all’ingresso

A due passi dalla darsena c'è chi ha tirato i remi in barca. L'alberghetto a una stella, però, dà ancora ospitalità.

Alla fine di via Lucio Lando, a cinquanta metri dalla darsena, al numero 65 si trova un palazzo di sette piani il primo dei quali era in parte occupato da dodici camere dell’hotel Al Trinchetto. L’unica stella ne indicava la modesta classificazione turistica.

Una dozzina di camere appena, quindi, all’interno di un condominio. Il piccolo albergo non doveva, almeno in teoria, rappresentare un gravoso impegno gestionale. In realtà, già da qualche anno l’hotel ha cessato di funzionare. La medesima sorte è toccata ai negozi sottostanti: hanno tutti le serrande abbassate. Un’azienda chiusa non è un bel vedere neppure per chi, come esercizi e hotel vicini, non nutra un interesse diretto.

Se poi la struttura che conteneva l’attività è ridotta in uno stato a dir poco pietoso, ecco che un qualsiasi cittadino si sente autorizzato a chiamare in causa chi ha l’Onore e il Dovere del governo della città. In fondo è una semplice questione di decoro; il minimo sindacale, come si usa dire.
Ci siamo avventurati in area Trinchetto a scattare alcune foto. Esse definiscono solo in parte il ribrezzo provato. Perché un disgusto solo parziale? Semplicemente perché le immagini non restituiscono gli odori e chi legge, fortuna sua, non sente l’olezzo che abbiamo avvertito noi mentre scattavamo foto al patetico spettacolo.

Salite le scale d’accesso all’albergo, si nota un arancione giaciglio di fortuna. Pare che una coppia di giovani argentini stia trascorrendo là il loro inverno italiano. Un negoziante che ha l’attività vicino all’ex albergo ci racconta come, dietro suo consiglio, i due ragazzi abbiano pulito e rimosso da una caterva di rifiuti la parte del sottoscala che conduce alla zona retrostante, dove in foto si vedono le due biciclette.

Chissà in che stato doveva essere quel corridoio, prima della pulitura, ci viene spontaneo pensare.
Veniamo alle consuete domande: se i proprietari di immobili tenuti in certe condizioni non provvedono a mantenere i loro beni in maniera dignitosa, perché non costringerli a farlo? E se continuano a rifiutarsi non si potrebbe ricorrere all’istituto dell’esproprio?

Non quello “proletario” degli anni settanta, ma quello di un’Amministrazione Pubblica che semplicemente tiene al prestigio della propria città. Queste elementari considerazioni le sentiamo fare di continuo da persone coinvolte in ciò che si potrebbe definire “degrado di riflesso”. Quello che sono costrette a subire loro malgrado e che non riescono a combattere perché nessuno li aiuta.
Da mesi non facciamo che intervistare gente che grida il proprio disappunto da noi puntualmente girato a “orecchie istituzionali” di competenza. Continueremo a farlo, ma una domanda ce la poniamo: che serva il consulto di un buon otorino? Sì!

Questa rubrica nasce per porre l’attenzione sulle piccole e grandi brutture, gli sfregi al patrimonio ambientale, i molti edifici trascurati (talvolta totalmente abbandonati) della nostra città. Spesso si trovano in pieno centro o nella “vetrina” turistica di Rimini. Non è disfattismo, è amore per la città bella, perché solo accendendo i riflettori sulle brutture c’è la speranza che si possano sanare le “ferite” inferte sia per mano pubblica che privata. Allinearsi al ribasso, giustificare il brutto e arrendersi all’incuria e al degrado urbano, equivarrebbe ad una sconfitta. E se ha perso la città, per dirla con Niccolò Fabi, abbiamo perso un po’ tutti noi. Ci occuperemo anche del bello, di tutto quello che merita di essere segnalato. Coinvolgeremo molto volentieri quanti vorranno inviarci materiale fotografico interessante sull’argomento: redazione@riminiduepuntozero.it

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