Asoer chiede uno studio preventivo sull’impatto della centrale eolica sull’avifauna

Asoer chiede uno studio preventivo sull’impatto della centrale eolica sull’avifauna

«L'approvazione del progetto va subordinata a un monitoraggio della durata di almeno un anno che valuti quali siano le specie che passano nell'area. Questi sono dati fondamentali». Sulla discussa "selva" offshore interviene anche l'Associazione Ornitologi dell'Emilia-Romagna. Le pale e le luci di segnalazione «costituiscono un grave pericolo per gli uccelli migratori». Intervista a Roberto Tinarelli.

Costituita a Bologna nel dicembre del 2000, l’AsOER (Associazione Ornitologi dell’Emilia-Romagna) è una associazione di volontariato senza fini di lucro. In collaborazione con enti pubblici e privati, associazioni e forze amatoriali, promuove, organizza e realizza ricerche, attività e materiali divulgativi sull’avifauna e sulla sua conservazione in Emilia-Romagna. L’ODV (Organizzazione Di Volontariato) è stata fondata da un gruppo di ornitologi impegnati in particolare nella realizzazione di censimenti dell’avifauna acquatica che sverna in Emilia Romagna. In diverse occasioni, siamo ricorsi alla corposa esperienza e competenza in materia ornitologica di Roberto Tinarelli, presidente dell’AsOER. In questi giorni, il mondo politico e civile locale sta dibattendo sull’opportunità o meno di creare in mare aperto una “piantagione” di turbine eoliche in un’area di svariate miglia quadrate, in mare aperto, tra Bellaria e Cattolica. Abbiamo rivolto alcune domande a Tinarelli.

Il presidente di Asoer Emilia Romagna Roberto Tinarelli (foto Roberta Corsi)

Presidente, dal suo particolare osservatorio ornitologico che ne pensa delle quasi cinque dozzine di “ciclopi” alti più di 200 metri con tre bracci(a) roteanti? Li trova conciliabili con l’ambiente?
«Non entro nell’ambito dell’impatto paesaggistico perché da un punto di vista professionale non mi compete e non entro nemmeno in quello della convenienza energetica e dell’opportunità strategica di una installazione del genere poiché, parimenti, non mi compete tecnicamente. Come cittadino ho grandi dubbi, ma ribadisco che non sono un tecnico. Invece, dal punto di vista di chi si occupa di avifauna, riferisco le mie perplessità anche alla luce della bibliografia scientifica disponibile in relazione a quanto successo all’estero. Ma anche di ciò che sappiano sulle rotte degli uccelli migratori in base ai documenti pubblicati da I.S.P.R.A (Istituto Superiore Protezione Ricerca Ambientale). L’Adriatico, che sicuramente non è un mare attraversato dai migratori tanto intensamente quanto il canale di Sicilia, è comunque un tratto di mare interessato anch’esso dai flussi migratori».

Di quale genere di uccelli stiamo parlando?
«Ad esempio, degli uccelli acquatici, come gabbiani e sterne, delle anatre, dei limicoli che dai Balcani durante la stagione fredda (in particolare dalla regione del Mar Nero) si muovono verso aree più calde. A Odessa, ad esempio, pur essendo alla stessa latitudine di Venezia, in inverno il mare può gelare nel caso di ondate di gelo. Alla città veneta, questo non succede. Diciamo che c’è un flusso migratorio di uccelli che dal Mar Nero attraversano i Balcani, superano l’Adriatico e si riversano nella pianura padana. Da qui continuano verso il sud della Francia e anche verso la penisola iberica. Ovviamente, c’è poi la rotta inversa. L’Emilia Romagna è comunque un crocevia, non solo nel senso nord-sud, per cui quelle installazioni costituiscono un serio pericolo».

Tecnicamente, in che modo sono pericolose per l’avifauna?
«I generatori arrivano a una considerevole altezza. Quando superano i 60 metri hanno l’obbligo di montare una luce fissa. Lo prevedono le disposizioni dell’ENAC (Ente Nazionale Aviazione Civile). L’insieme di queste situazioni, pale che arrivano a oltre 100 metri e generatori che hanno luci fisse situate a una quota molto alta, per gli uccelli costituiscono un grave pericolo, soprattutto in caso di maltempo o scarsa visibilità. Consideri che la maggior parte dei migratori si muovono principalmente di notte. Nell’alto Adriatico abbiamo consistenti nebbie. Quelle luci, in momenti di limitata luminosità (assenza o scarso chiarore della luna quando, per esempio, ammantata da nuvole) rappresenterebbero un elemento di attrazione che pertanto rischierebbero di provocare autentiche morie di volatili».

Come associazione, cosa proponete? State pensando a contromisure?
«Le do una notizia che ancora non è stata diffusa. Visto che il rischio c’è ed è consistente, anche se non si sa ancora bene quante specie di avifauna siano coinvolte, l’AsOER chiederà che l’approvazione del progetto sia subordinata a un monitoraggio (della durata di almeno un anno) che valuti quali sono le specie (quindi la loro frequenza, le quote e l’intensità del transito) che passano nell’area. Questi sono dati fondamentali per valutare i possibili effetti delle centrali eoliche. Possono essere ottenuti in modo oggettivo. E inequivocabile».

È immaginabile che la proposta presupponga una particolare metodologia…
«Sono informazioni acquisibili tramite i radar (tecnologie che oramai adotta anche TERNA, ma esistono anche società specializzate) in combinazione con microfoni installati su tralicci che rilevano i parametri a cui accennavo. Nulla di particolarmente complicato, a fronte, viceversa, di risultati assai attendibili».

A chi dovrebbe spettare, il monitoraggio?
«L’indagine, con un protocollo “ad hoc” dovrebbe essere affidata a una figura terza, indipendente. Mi viene in mente I.S.P.R.A. (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) o a un altro soggetto a esso collegato. Dato che è un ente pubblico, chiaramente andrebbe pagato dal committente. Questo è quanto mi sento di chiedere, supportato da adeguata bibliografia tecnico/scientifica».

In conclusione, sembra di capire che l’eolico industriale, in toto, non sia del tutto convincente…
«Quel che penso al riguardo, resta nell’alveo strettamente personale, anche se ho avuto a che fare con molti progetti di centrali eoliche che purtroppo, tra l’altro, vengono chiamate “parchi eolici”. Sembra una parodia, quasi una presa in giro, in un paese in cui i parchi naturali non funzionano, parliamo pure di “parchi eolici”? La cosa è quantomeno risibile. Le parole hanno la loro importanza e taluni termini sono assolutamente da evitare. Chiamiamola con il suo nome: centrale eolica. Va beh, sono questioni tecniche con cui potrei tediarla per ore, ma nel merito, come accennato, non ho un’attendibilità riconosciuta… ».

Dall’evocativa metafora iniziale dei giganti omerici che pure conservano una certa aura romantica, a pensarci bene, dopo la chiacchierata con Tinarelli, dal punto di vista ornitologico è forse d’obbligo un doveroso declassamento degli aerogeneratori. Il paragone che viene ora in mente è quello, molto meno aulico, con il personaggio di punta disegnato dal “mangaka” Gō Nagai: Goldrake e le sue micidiali “lame rotanti”.

Fotografia: Erich Westendarp da Pixabay

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