"La sottovalutazione del problema è venuta da categorie e professioni che dovrebbero presidiare il territorio". Intervista al maggiore esperto di mafie, che in particolare da decenni studia a fondo le infiltrazioni avvenute in regione. E si domanda: "le categorie economiche si stanno preoccupando di capire se durante il lockdown c'è stato qualche tentativo di acquistare alberghi, ristoranti, attività commerciali in Riviera?" Ci occupiamo anche del sindaco di Cattolica che si dice sorpreso per il coinvolgimento dell'amico commercialista che ha indicato anche in Pmr, non nuovo però alle cronache giudiziarie.
Parliamo della inchiesta terremoto sulla camorra con base a Cattolica, che fa seguito a quella non meno importante denominata Hammer che risale ad ottobre dello scorso anno, con un esperto che studia le mafie in Emilia Romagna (e non solo) da una quarantina d’anni: Enzo Ciconte, non nuovo ai nostri lettori (qui). Forse la voce più autorevole in Italia sulla materia.
Allora professore, un’altra grossa retata di camorristi in provincia di Rimini e in particolare con base a Cattolica…
Non mi pare una grande novità, purtroppo.
E comunque ancora una volta emergono contorni inquietanti dal punto di vista della ramificazione che erano riusciti a costruire.
Sì, è così ma, ripeto, la cosa non mi stupisce più di tanto.
Che impressione le fa, visto che lei conosce bene il problema e da decenni approfondisce proprio la realtà romagnola, insieme a quella emiliana, dal punto di vista dell’infiltrazione mafiosa?
La mia impressione è che il fenomeno mafioso abbia subito nell’ultimo ventennio una mutazione molto profonda. Nei giorni scorsi abbiamo ricordato la strage di via D’Amelio e a maggio quella di Capaci. Se lei guarda gli omicidi di mafia consumati nei primi anni 90 e fa un confronto coi giorni nostri, noterà un abisso. Si è passati da centinaia di omicidi a praticamente nessuno. La domanda di un ingenuo potrebbe essere: ma allora è sparita la mafia? Perché c’è sempre stato il luogo comune mafia uguale violenza e se non c’è violenza non c’è mafia. La mafia si riconoscerebbe dalla scia di sangue che lascia al suo passaggio. In realtà non è più così perché le mafie hanno subito una mutazione. Quelle stragi hanno insegnato a tutti che se si supera un certo livello lo Stato reagisce e non c’è più partita per le mafie. Ecco allora che da quel momento in poi le mafie hanno cambiato strategia, decidendo che non fosse più il caso di risolvere i problemi interni con gli omicidi, né di commettere dei reati che richiamassero l’attenzione dello Stato. L’opinione pubblica si allarma davanti ad un omicidio, mentre i reati economici avvengono sotto traccia. Le mafie hanno deciso di non allarmare, perché in questo modo la popolazione non si accorge di quello che sta succedendo. E se qualcuno fa scattare comunque l’allarme non viene preso sul serio e anzi rischia di passare per matto. Quando scrissi il primo libro “Mafia, camorra, ‘ndrangheta in Emilia Romagna” (Panozzo Editore, 1998, ndr), nei miei confronti ci fu un po’ questa reazione. Vieni a parlare di mafia in Emilia Romagna, ma sei pazzo? Eppure la mafia c’era ma nessuno voleva vederla.
Le sue parole in effetti illuminano anche l’operazione Darkent: colletti bianchi, riciclaggio di denaro “ripulito” per essere poi reinvestito, gestione di pizzerie, sale giochi e scommesse…
Quel che porta a galla l’operazione Darknet è esattamente in linea con questa evoluzione dei fenomeni mafiosi: oramai praticano solo attività economiche con un metodo mafioso, si accaparrano le risorse economiche della realtà locale che colonizzano. Il nuovo fenomeno è questo. Poi che si chiamino ‘ndranghetisti, casalesi o cos’altro vuole lei, è un dettaglio. Fra l’altro adesso non si fanno più la guerra tra di loro perché il mercato è vasto e non hanno problemi di concorrenza, quindi coabitano, stanno insieme casalesi, ‘ndranghetisti, mafiosi siciliani, sacra corona unita, le organizzazioni straniere… Gli spazi del malaffare e la possibilità di guadagnare sono talmente grandi per cui non c’è bisogno di farsi la guerra a vicenda. Se è il caso si scambiano anche dei favori, se c’è bisogno di avere un’amicizia in un ambiente finanziario o in qualunque altro sia funzionale ad ottenere i risultati più rapidamente e in sicurezza, lo si fa. Anche l’operazione Aemilia e il processo che ne è seguito hanno fatto emergere questo tipo di fenomeno.
A Rimini, a Cattolica, in Romagna, così come in tutta la regione, e ne ho scritto varie volte, le avvisaglie c’erano tutte, non è che abbiamo dovuto attendere l’estate del 2020 per conoscere la situazione. Ma se questo è il problema, ne deriva subito una conseguenza.
Quale?
Ci possiamo affidare solo ai magistrati per risolvere il problema mafie? Secondo me no. I magistrati sono un “pezzo”, importantissimo, però c’è tutta la società civile e i mondi economici, oltre alla politica, che devono fare il loro mestiere. Non è possibile che negli ambienti economici, e penso principalmente alle organizzazioni di categoria e a quelle dei professionisti, non si sappia nulla di quello che sta succedendo nel loro mondo. Possibile che nessuno si accorga di questi fatti? Dei fenomeni macroscopici che avvengono sotto gli occhi di molti? Che facciamo, giriamo la testa dall’altra parte? Si aspetta che intervenga il magistrato? Ma quando questo accade ormai le cose sono andate troppo avanti.
Eppure è quello che continua ad avvenire, pare che una sottovalutazione ci sia, a vari livelli nella nostra società…
Non c’è dubbio che ci sia una sottovalutazione. Però, per essere più precisi, direi che la sottovalutazione è venuta da categorie che non ci saremmo aspettati, cioè quelle economiche, che dovrebbero presidiare il territorio. Una volta parlai in un’assemblea davanti ad imprenditori e personalità del mondo dell’economia e della finanza. Dissi: ma scusate, voi volete una economia pulita, il libero mercato? E come mai devo essere io, che sono comunista e vorrei una società organizzata in tutt’altro modo, con logiche economiche diverse, ad impegnarmi per combattere organizzazioni che vogliono il monopolio? Io mi impegno e voi state zitti? C’è qualcosa che non va. Fare attività antimafia significa fare in modo che non ci sia un agente economico che altera il mercato, perché se questo avviene è il principio della concorrenza ad andare in crisi. E’ un concetto di base della teoria economica liberale e dunque ci si aspetterebbe da certe professioni che fossero loro a condurre la battaglia in prima linea, cosa che invece non accade. Se non si affronta di petto il problema dell’economia e quindi dei soggetti economici, non degli individui che sono importanti ma possono fare poco, non se ne viene fuori. Ad esempio: cosa è avvenuto durante il lockdown dal punto di vista del problema di cui stiamo parlando?
A suo parere?
Non so cosa sia successo, non dispongo di elementi concreti, ma è possibile che non ci sia stato qualche problema di usura, qualche tentativo di acquistare alberghi, ristoranti, attività commerciali, a Rimini e in Riviera? Io immagino di sì. E qualcuna di queste categorie si è messa intorno a un tavolo per discutere coi propri associati e dire loro chiaramente che se qualcuno ha ricevuto, o dovesse ricevere, delle proposte strane, farebbe bene ad avvertire, a far scattare l’allarme, in modo tale da poter fare squadra insieme e impedire l’ingresso delle mafie nel territorio? Non vorrei che tra un anno, magari due o tre, grazie all’intervento della magistratura si scoprisse che in realtà qualcosa è successo, perché a quel punto il danno sarebbe già stato fatto.
Visto che al centro ancora una volta c’è Cattolica, quanto ha pesato l’arrivo di soggetti al soggiorno obbligato in quella città, in anni ormai lontani?
Non c’è dubbio alcuno che i mafiosi siano arrivati col soggiorno obbligato, ma in seguito sono stati attratti a Cattolica come un po’ in tutta la Riviera soprattutto per un’altra ragione. La Riviera è un territorio ricco di opportunità ed economicamente appetibile. E’ questo che attira i mafiosi. Non vanno dove c’è povertà ma dove c’è ricchezza. Sono venuti all’inizio perché obbligati da una legge dello Stato a soggiornarci, ma poi per scelta, e la ‘ndrangheta ancora di più, che è arrivata per prima nei vostri territori, ha fatto la scelta di spostare pezzi delle proprie organizzazioni, essendo una struttura familiare. E’ stata una precisa strategia.
Adesso una componente molto radicata pare essere quella dei Casalesi…
Perché i Casalesi, la vecchia organizzazione che abbiamo conosciuto negli anni passati, nei territori in cui è nata è stata sconfitta dalle indagini e alcune propaggini si sono spostate al nord. Poi bisogna vedere se si tratti davvero di Casalesi, ma questo è un puntiglio da storico delle mafie. Di fatto sempre criminali sono.
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