Che fare del Teatro Galli? Il nostro viaggio approda al Ravenna Festival

Che fare del Teatro Galli? Il nostro viaggio approda al Ravenna Festival

Oltre un milione di euro di ricavi dai biglietti e bilancio in pari grazie a ricchi contributi statali e locali. E' la nobile città dei mosaici, bellezza.

Non bastano due spiedi di saraghina, per quanto saporiti e ben cotti, per attrarre movimento turistico. Così come non sono sufficienti le vecchie glorie del pop, per quanto sapientemente mescolate ai dj-set, per produrre eventi di durevole impronta. Questo è quanto già sapevamo, ma in vista della futura prossima apertura del Galli ricostruito occorre aprire la visuale, guardare un po’ più lontano, se si vuole che il teatro navighi a lungo e verso una meta sicura. Per questo abbiamo approntato un rudimentale strumento di benchmarking: un viaggetto in alcune realtà di gestione operistico-teatrale, più o meno grandi, ed in contesti più o meno diversi e distanti da quello riminese. Alla quarta puntata, dopo Roma, Parma e Pesaro diamo un occhio alla nobile e vicina Ravenna.
Sbaglierebbero i riminesi se guardassero alla città dei mosaici con sufficienza, come ad una vecchia zia ingioiellata e ancora presente sulla scena, ma sostanzialmente innocua. Il rischio è quello di soffrirne la concorrenza senza poter dispiegare fino in fondo la nostra originalità. Vediamo qualche dato numerico.
Con 32 dipendenti, 41 stagionali, più oltre 100 assunzioni occasionali di orchestrali (costo per il personale 1,8 milioni di euro), la Fondazione Ravenna Manifestazioni – contenitore societario al centro del gioco – mette in campo un cartellone da 9,3 milioni di euro, in sostanziale pareggio nell’esercizio 2015 (perdita di soli 1.046 euro). Posto che gli incassi dagli spettacoli valgono “soltanto” 1,1 milioni (in aumento del 6% rispetto all’anno precedente) non sembrerebbe possibile arrivare a coprire il totale dei costi di produzione. Ed invece, qui come altrove gli incassi da biglietteria funzionano da moltiplicatore. E così accanto a questa voce, troviamo nelle entrate: sponsor 0,7 milioni (+3,5% sul 2014), gestione spazi teatrali 0,6 mln; manifestazioni 0,4 mln; contributi per leggi, spettacoli e straordinari 4,1 mln (+15,3%); contributi annuali da aderenti alla Fondazione 0,3 mln; “amici” sostenitori 0,1 mln; liberalità 0,4 mln; altri “proventi diversi” 1,4 mln.
Deve essere frutto di una complicata tessitura il risultato di contribuzione pubblica: il festival riceve tre assegni dal MIBAC in base a tre diverse leggi, più un altro contributo dalla Regione dalla L.13/1999; la lirica invernale ha una “sovvenzione” sempre dal Ministero ed un secondo contributo regionale sempre ex L.13/1999. Non indifferenti i “proventi diversi”, fra i quali si segnalano ben 462mila euro “per esecuzioni artistiche”.

In questa fotografia e in quella di apertura (entrambe di ©Silvia Lelli per gentile concessione del Ravenna Festival), il magnifico Teatro Alighieri

La Fondazione Ravenna Manifestazioni annovera tra i suoi soci un lungo elenco di istituzioni ed enti pubblici e privati: Comune di Ravenna, Regione Emilia Romagna, Provincia, Camera di Commercio, Fondazione Cassa di Risparmio, Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna, Associazione Industriali, Confcommercio, Confesercenti, CNA Ravenna, Confartigianato, Archidiocesi di Ravenna e Cervia, Fondazione Arturo Toscanini. Dal punto di vista della contribuzione, il soggetto più importante è la Fondazione del Monte, più due grandi partner industriali.
Gli spazi: Ravenna Manifestazioni riceve un contributo dal Comune per realizzare il Ravenna Festival, la stagione di opera e di balletto di “Teatro della Tradizione”, per l’utilizzo del Teatro Alighieri (il perno del sistema) sia per la propria attività che per quella di altri soggetti, a loro volta convenzionati con palazzo Merlato. Oltre all’Alighieri, una convenzione con il Comune dà in affitto alla Fondazione il Palazzo Mauro De Andrè (Pala DeAndrè). Altri spettacoli si svolgono nell’arena all’aperto della Rocca Brancaleone, nel Ridotto dell’Alighieri (intitolato Sala Corelli); più un’altra ventina di location, fra cui teatri, basiliche, siti archeologici, chiostri, musei, palazzi storici, da Classe a Forlì, da Russi a Comacchio.
Il “Teatro di Tradizione Alighieri” ha una capienza di circa 800 posti. Queste le tariffe dei biglietti: per un’opera lirica: interi da 14 (loggione) a 45 euro, ridotti da 20 a 40 euro; per una serata di danza: da 8 a 28 euro e da 11 a 22 euro; carnet di 8 spettacoli, da 48 a 80 euro; carnet 3 opere, da 34 a 105 euro; carnet 3 spettacoli di danza, da 21 a 66 euro.
Culturalmente l’esempio di Ravenna è analogo a quello di Pesaro, ma in senso speculare. Come il ROF (Rossini Opera Festival) è incentrato sul genio locale, così il RAF (Ravenna Festival) è decentrato a raggiera: il programma «include tutti i linguaggi performativi, dalla musica sinfonica a quella da camera, dall’opera al teatro, dalla danza al musical, dal jazz alla musica etnica. Una città intera diventa palcoscenico per due mesi», con significative proiezioni anche all’estero: «include sempre un evento speciale destinato a celebrare l’amicizia e cooperazione fra i popoli: i concerti Le Vie dell’Amicizia (dal primo tenutosi a Sarajevo nel 1997 agli altri, ugualmente indimenticabili, che si sono succeduti anno dopo anno a Beirut, Mosca, Erevan e Istanbul, New York, Cairo, Damasco, etc.)».

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