Che “toppate” sulla toponomastica

Che “toppate” sulla toponomastica

Un luogo assolutamente inadeguato per Pietro e Marco Arpesella. La pillola addolcita per l'ex Sferisterio, un'altra vittima del "piccone" a Rimini. E poi le censure a coloro che secondo il palazzo e la vox politica non meritano che il loro nome campeggi sulla pubblica via. Ma c'è anche la clamorosa "assenza": Filippo Brunelleschi.

Fra censure e promozioni, gli scivoloni toponomastici a Rimini cominciano ad essere parecchi. La commissione consiliare competente ha espresso di recente parere favorevole alla intitolazione di tre aree urbane: una dedicata a Pietro e Marco Arpesella, una all’ex Sferisterio e una alle vittime di Ustica. Le prime due risultano assai infelici. Cominciamo dagli Arpesella. Non c’è il minimo dubbio che meritino il pubblico riconoscimento della loro lungimiranza imprenditoriale turistica. Anzi, si arriva lunghissimi, ma meglio tardi che mai. Però come si fa a confinarli nell’area verde situata sul lungomare Claudio Tintori di fronte bagni 14 -15-16? Che tristezza.

La pietra tombale sulla scelta del luogo che recherà i nomi di Pietro e Marco Arpesella l’ha collocata oggi Aureliano Bonini (prima pagina del Carlino): “Bastava chiedere prima di intestare l’ex galoppatoio a Pietro e Marco Arpesella. Era un deserto di sabbia e Liliana Pagliarani Amati lo ha trasformato in prato verde mettendoci un mare di soldi, l’impegno personale e un milione di ettolitri di acqua dolce. Era sabbia, ora prato verde alberato. Perché depositare qui la memoria degli Arpesella escludendoli dalla propria cartina toponomastica, esiliandoli dalle strade che circondano il Grand Hotel, dalla Rotatoria che noi riminesi chiamiamo: “la Rotonda del Grand Hotel”? Possibile che un “giardino” ex Rema proprietà Manlio Maggioli, sia il posto giusto per questi generosi personaggi?”. Applausi. E poi: “Non mi pare possibile. Non possiamo farli finire così, su un economico pezzo di marmo in un’area che non si sa nemmeno di chi sia! Riminesi, dovete sapere che diversamente da tanti, Marco e Pietro Arpesella non hanno preso ma dato. Hanno dato la vita e tutto quello che avevano per il Grand Hotel di Rimini e dintorni, per la promozione alberghiera e dintorni, per illuminare Rimini di cultura dell’ospitalità e dintorni. Voi sbattereste delle persone così all’ex Galoppatoio e alle spalle dei bagni 14-15-16? L’errore, il meglio che niente, va evitato e la vergogna aggirata; sarebbe come ricordare Sigismondo con una targa nelle aiuole di piazzale Battisti”. Ancora applausi. Più efficace di quando versa inchiostro in veste di esperto dell’industria dell’ospitalità. Ma questa è solo la prima.

La seconda toppata la illumina Gioenzo Renzi e riguarda piazzetta Sferisterio, collocata nel “largo a percorrenza ciclo-pedonale in prossimità della scalinata di collegamento tra Via Massimo D’Azeglio e la Circonvallazione Occidentale”. Spiega l’amministrazione comunale che “nel secondo dopoguerra, venuta a meno la sua primaria funzione, lo sferisterio venne purtroppo demolito nel 1963 per far spazio all’attuale edificio dell’AUSL e ad un asilo comunale, privando così la città di un pezzo della sua storia sportiva”. Addolcire la pillola è arte politica per eccellenza ma in questo caso il tentativo assomiglia di più all’impresa di raddrizzare il legno storto. Demolito da chi? Da un terremoto? Lo spiega l’esponente di Fratelli d’Italia: “Ho proposto all’Assessore Montini di indicare nella targa le date di costruzione dello Sferisterio (1816) e della sua demolizione (1962) e di ricordare la storia di questo antico impianto sportivo della città”. Sì, perché “fu realizzato nel 1816 per il gioco del pallone con il bracciale, con la spesa di 1.418 scudi, grazie principalmente alle donazioni dei cittadini”, poi “nel dopoguerra fu utilizzato anche per gare di tamburello, feste, spettacoli, comizi”. Ma, e qui si arriva al punto, “nel 1961 l’Amministrazione Comunale di sinistra del Sindaco Ceccaroni approvò la demolizione dell’intera Mura dello Sferisterio, effettuata nel 1962 con la spesa di lire 2.579.252”. Alienò a titolo gratuito all’INAM (Istituto Nazionale Assicurazioni Malattie) la superficie di mq. 2.068 per la costruzione di Poliambulatorio-Uffici e all’ONPMI (Opera Nazionale Protezione Maternità Infanzia) la superficie di mq.2.294 per un asilo, superfici facenti parte del terreno dello Sferisterio.
“Anche la Soprintendenza ai Monumenti di Ravenna espresse parere favorevole alla demolizione della Mura dello Sferisterio, chiedendo di recuperare le lapidi commemorative dei suoi realizzatori, da installare e all’esterno del costruendo fabbricato, cosa mai avvenuta”. Questa benedetta Soprintendenza si faceva notare anche in anni lontani.
“E’ stata così distrutta una testimonianza storica della città: l’imponente “Mura” dello Sferisterio è stata sostituita dall’invasivo edificio ex Inam ora AUSL, incompatibile con le Mura del Castello e le Mura a ridosso del Ponte di Tiberio, snaturante la stessa fisionomia e prospettiva della Circonvallazione Occidentale”, chiude Gioenzo Renzi. E purtroppo non si tratta di un caso isolato: “Dalla demolizione del Kursaal nel 1948 nel cuore della Marina, alla città storica, sotto i colpi del piccone è finita, sempre nel 1962 e per rimanere in zona, anche la ottocentesca Villa Duprè con il suo bel parco circostante, di fianco a Castel Sismondo, per fare posto al grande condominio addirittura sopra le mura medievali”.
Dello storico Sferisterio che viene glorificato da cadavere, “causa la politica del “piccone” resta solo un portale d’ingresso “murato” e coperto di erbacce” e “una targa può ricordare solo lo scempio compiuto 60 anni fa!”.
L’unica intitolazione che meriterebbe una piazza centrale, quella alla “falce e piccone”, ancora manca.

Ci sono poi le censure. Bettino Craxi secondo i commissari alla toponomastica del comune di Rimini ancora una viuzza non la merita. Ezra Pound sembrava essersela meritata, stando alle dichiarazioni del sindaco Gnassi, ma poi pare che la protesta intellettuale e quella di alcuni esponenti del Pd, abbia congelato l’ipotesi del Campone di Castel Sismondo al poeta. In compenso manca una piazza, una via, un vicolo dedicato a Filippo Brunelleschi, come ha fatto notare Giovanni Rimondini.

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