Come se la passano mare e natura in tempi di minore (ma forzata) pressione antropica?

Come se la passano mare e natura in tempi di minore (ma forzata) pressione antropica?

Sauro Pari e Roberto Tinarelli spiegano cosa sta accadendo negli habitat meno sottoposti alle attività dell'uomo in questo periodo di blocco di molte attività e di obbligo vigilato a restare in casa. Il presidente della Fondazione Cetacea parla anche del pericolo al quale sono sottoposte le tartarughe marine per l'abbassamento delle temperature: rischiano lo "stordimento da freddo".

Indulgere nell’interplanetaria autocommiserazione da pandemia targata Covid-19, non fa che alimentare il senso di frustrazione. Vediamo se nonostante tutto, ci sia qualche sprazzo di luce tra il tenebrume che opprime le lunghe giornate di carcerazione sanitaria, resasi necessaria per non foraggiare il contagio.
Come molti italiani, abbiamo visto le immagini dei canali veneziani diventati limpidi grazie (si fa per dire!) al coronavirus. Per lo stesso motivo, lo sguardo sul Canale della Giudecca è finalmente libero dalla raccapricciante immagine del panorama più bello del mondo, ingiuriato da orribili grattacieli galleggianti. Venezia può e deve permettersi di spostare la mira sulla qualità, piuttosto che sulla quantità. Ma, fuor da laguna, sentiamo che ne pensano alcuni “addetti ai lavori” a stretto contatto con l’universo “ambiente”.
In questi giorni di isolamento, incontriamo Sauro Pari in un luogo molto frequentato, talvolta intasato. Infatti, necessariamente navighiamo per diverso tempo al giorno sulle onde radio telefoniche…

Signor Pari, lei è presidente della Fondazione Cetacea di Riccione, vorremmo sapere se a suo giudizio, il maledetto virus, insieme al fardello di iatture e clausure, almeno abbia portato anche una sola, minima nota positiva per l’ambiente marino. Il direttore del Mercato Coperto San Francesco di Rimini poco fa ci ha detto che il prodotto ittico ha avuto un calo dell’80/90 percento. È sicuro che nel resto d’Europa non vada meglio. A parte il drammatico aspetto economico, la forzosa parziale sospensione della pésca porta un qualche giovamento al mare?
«Certo che può fare bene alla salute del mare. E ne trarrà dei vantaggi, ma dico subito che se in futuro, quando avremo sconfitto il virus, fossimo in grado di tenere un ritmo un po’ più basso, a differenza di come giocoforza si è sempre fatto, le cose andrebbero decisamente meglio».

Di quanto periodo di fermo o comunque di sostanziale rallentamento, necessiterebbe l’habitat marino per “tirare il fiato”? Nella nostra zona il fermo della pesca avviene generalmente tra la fine di luglio e i primi di settembre (poco più di un mese). Molti sostengono che sia uno stop del tutto inutile. Andrebbe fatto durante un altro periodo dell’anno, dicono.
«Il momento giusto per il fermo pesca sarebbe intorno a marzo/aprile perché inizia il periodo della riproduzione. Solitamente non lo si fa in questi mesi poiché evidentemente sono quelli di maggior consumo del prodotto. Ciò che sta succedendo ora, dal punto di vista biologico ha vantaggi enormi. Credo che se il problema del Covid-19, come dicono, preoccuperà ancora e non si tornerà alla normalità che fra qualche mese, se per un lungo periodo non si pescasse sarebbe un enorme beneficio per il mare e per i fondali. Mi riferisco in particolare a quelli che normalmente vengono “arati” dalle vongolare. Quindi, l’habitat avrebbe il tempo necessario per riformarsi».

Sauro Pari, presidente della Fondazione cetacea

Sta intendendo che il mare ha il respiro affannato. Lei intravvede una cura?
«Beh, perlomeno si potrebbe ragionare sul fatto di non creare più danni. Bisogna cercare di evitare di comportarci come si è sempre fatto finora. Dovrebbero imporre restrizioni per non ritornare immediatamente al forsennato modus operandi tenuto fin qua. Bisogna entrare nell’ordine di idee di tornare tutti un po’ sui nostri passi e immaginare un orizzonte più lungo, più lontano. Si deve superare la miopia delle azioni a corto raggio, se intendiamo ancora salvare qualcosa. Questi sono provvedimenti che spetterebbero alla politica. Ma essendo molto impopolari, “non pagano”. Quindi si tende a non farli».

Certamente la resistenza da parte di chi opera nel settore “pesca delle vongole” è tenace. In un articolo del 27 febbraio a firma di Roberto Danovaro (Docente all’Università Politecnica delle Marche e presidente della Stazione zoologica-Istituto nazionale di biologia, ecologia e biotecnologie marine) fa esplicito riferimento al Consiglio Nazionale delle Ricerche a sostegno delle tesi esposte. Nell’editoriale, il professor Danovaro scrive infatti che “Il Cnr ha dimostrato l’impatto di questo tipo di pésca su molte specie dei fondali marini. I vongolari possono negarlo, ma è nel loro interesse economico farlo, mentre i lettori devono sapere che le vongolare hanno effetti devastanti sui fondali marini. È un po’ come se abbattessimo parte della foresta amazzonica per coltivare mais e soia. I coltivatori ne trarrebbero beneficio, ma la foresta e la biodiversità andrebbero perse e con esse perderemmo un bene comune”. E ancora: “[… ] è necessario progettare un futuro sostenibile per la pesca, in equilibrio con l’ambiente. Gli ecosistemi marini sono un prezioso capitale naturale che appartiene a tutti, non certo ad uso esclusivo dei pescatori”.
Questo è esattamente in linea con quanto da lei affermato. Ora veniamo alle tartarughe. In questo momento, quante ne avete in clinica?

«Ne abbiamo quattordici, ma temiamo che possano aumentare di numero. I meteorologi annunciano aria fredda che sta irrompendo dalla Russia fin verso l’Italia, accompagnata da forti venti nordorientali che soffieranno intorno al nostro paese. Questo potrebbe causare molti spiaggiamenti di tartarughe.
Tecnicamente, ll fenomeno è denominato “cold stunning”».

Per spiegarlo a noi profani in materia?
«Potremmo tradurre il termine con “stordimento da freddo. Come altri rettili, le tartarughe marine sono animali a sangue freddo che si affidano a fonti esterne per mantenere il calore corporeo per cui risentono dell’esposizione a temperature insolitamente fredde dell’acqua. Va detto che le tartarughe presenti lungo la costa sono particolarmente sensibili a tale fenomeno. Gli stati termici dell’acqua oscillano più rapidamente nelle aree poco profonde. Ecco perché rimangono stordite dal freddo».

Più o meno nello stesso periodo, un paio di anni fa, in zona se ne sono spiaggiate diverse, giusto?
«Sì, durante la mareggiata di marzo del 2018. Colgo l’occasione per avvisare che se a qualcuno dovesse capitare di vedere una tartaruga sulla battigia (spesso sembrano morte anche se non lo sono), non deve toccarle, ma chiamare immediatamente la Capitaneria di Porto, la quale poi ci avvisa. Provvediamo noi al recupero, al ricovero presso la Fondazione Cetacea, alle cure e infine il successivo rilascio in mare. (La Fondazione, insieme con il Club Nautico di Rimini, è in attesa del risultato del bando di assegnazione dell’ex delfinario di Rimini per spostarvi la propria sede; ndr)».

In questo caso la presenza dell’uomo sarebbe molto importante, ma con le nuove disposizioni è vietato a chiunque entrare in spiaggia.
«È vero, ma c’è chi abita vicino al mare e magari dal balcone, se vedesse qualcosa… avverta».

Roberto Tinarelli, zoologo, presidente dell’Associazione Ornitologi dell’Emilia Romagna

Dal mare, ci spostiamo al cielo. Interpelliamo lo zoologo ed esperto di ornitologia, Roberto Tinarelli. Questo periodo di stasi forzata, giova all’ecosistema?
«Normalmente, in natura la diminuita presenza dell’uomo è positiva. Come zoologo, sarei molto curioso di sapere cosa sta succedendo in questa situazione molto anomala e imprevedibile a livello mondiale. In virtù del fatto che ci sono meno persone in giro, penso che gli animali possano essere molto confidenti. Chissà, magari andranno a nidificare e frequentare luoghi a loro finora interdetti a causa della presenza umana. Sono convinto che potrebbero anche accadere cose sorprendenti… Ma questo, a mio avviso, lo si potrà apprezzare con il passare del tempo».

Ci siamo sentiti diverse volte al telefono in varie occasioni, in qualità di presidente dell’Associazione Ornitologi dell’Emilia Romagna, ma sempre per questioni riguardanti il Charadrius alexandrinus (fratino), il piccolo trampoliere del quale è un esperto. L’attuale situazione è forse più favorevole?
«Sono preoccupato perché finora ci sono state temperature più alte rispetto ai valori medi stagionali. La nidificazione normalmente avviene in aprile, ma per il motivo a cui accennavo, probabilmente hanno cominciato a farlo in anticipo. Però l’arrivo di questa aria fredda dalla Russia potrebbe avere scompaginato tutto e se si dovesse protrarre a lungo… chissà. A parte questo, prima o poi nidificheranno. Mi sono chiesto se, come promesso, le Autorità locali saranno in grado di far rispettare ai padroni dei cani il divieto di lasciare liberi i loro animali in spiaggia, senza guinzaglio. Sappiamo bene che frequentemente distruggono le uova».

Abitando a Bologna non poteva saperlo, ma stia pur sicuro che per ora in spiaggia non ci vanno né uomini, né cani. È fatto divieto a chiunque di entrarvi.
«Ah, in tal caso il problema è risolto. Forse si riformerà anche la vegetazione spontanea tipica del luogo».

Dai satelliti si vede benissimo che sull’Italia, ma un po’ in tutto il mondo è diminuito l’inquinamento. Come diceva Sauro Pari, bisognerebbe fare tesoro di queste indicazioni. Quando torneremo alla “normalità” (mi auguro il prima possibile) sarà utile rispettare un po’ di più, il nostro malandato pianeta. Ma sarà difficile.
«Sarà molto difficile, personalmente non ci credo…».

Con questa fresca ventata di “ottimismo” che peraltro ci sentiamo di condividere, auguriamo ai lettori una buona continuazione di (salutare) prigionìa.

COMMENTI

DISQUS: 0