“Con Vicenza un’alleanza d’oro”

“Con Vicenza un’alleanza d’oro”

Intervista a Paolo Cesari, riminese, presidente di Assogemme.

L'Italia è ancora leader nel mondo nel mercato dei gioielli e bene ha fatto Lorenzo Cagnoni a convolare a nozze con la fiera che ha il proprio core business in questo settore. E' l'opinione di un esperto in materia. Ma l'incontro con lui ci spalanca le porte anche su una esperienza riminese ai massimi livelli.

“E’ da tanto tempo che subisco il fascino di queste meraviglie della natura che dalla notte dei tempi hanno stimolato la fantasia degli umani. Chi ama la pietra, come io l’amo, potrà capire che il richiamo di Cesari era irresistibile”. Non tutti possono dire di avere esercitato un richiamo irresistibile su Giò Pomodoro. Paolo Cesari sì. Il famoso scultore ha collaborato a lungo con Paolo Cesari e per lui ha realizzato gioielli unici, poi esposti anche in una mostra che è stata itinerante nel mondo. Compreso il tempio universale del fashion, il Fit di New York.
Paolo Cesari gestisce il suo impero dei gioielli nel cuore di Rimini, in un ambiente raffinato che parla di bellezza, creatività, arte, business e artigianalità, che ha come orizzonte il mondo e che somiglia più ad una esposizione permanente che non ad un luogo di lavoro. Ma quanti riminesi conoscono l’esistenza di questo tesoro? “Siamo un po’ una mosca bianca in una città fatta di alberghi e ristorazione” dice Paolo Cesari nel suo accogliente ufficio. Pur venendo, lui stesso, dal settore turistico.
Lo siamo andati a scoprire, totalmente ignari di quello che si sarebbe spalancato varcata la porta della sede di Futurgem di Cesari&Rinaldi, nel centro di Rimini. Mossi dalla curiosità di capire come se la passa un settore divenuto ormai una gemma incastonata in Italian Exhibition Group, dopo il matrimonio fra le Fiere di Rimini e Vicenza e la partnership con quella di Arezzo per dar vita ad una organizzazione unica per le manifestazioni del settore orafo.
Per qualche osservatore riminese e non, nella nuova avventura del gigante fieristico a cavallo fra Romagna e Veneto, brillerebbero i debiti. Ma Paolo Cesari, ottimista per natura ma anche forte della sua esperienza internazionale in questo campo, è convinto che quella sottoscritta da Lorenzo Cagnoni sia una alleanza d’oro. Nel ruolo di presidente di Assogemme, l’associazione di categoria che aderisce a Confindustria e che rappresenta un centinaio di aziende, sa bene come gira questo mercato. Pochi ricordano, fra l’altro, che il primo salone delle pietre preziose e affini si svolse a alla Fiera di Rimini nel 2008, “impensierendo non poco Vicenza, che ben conosceva l’importanza del nostro polo espositivo”, ricorda Cesari. Il salone non ebbe seguito per una serie di ragioni, compresa quella dei primi bagliori della crisi che si affacciava. “Si avvertivano già i primi scricchiolii”. Se la crisi è iniziata quasi dieci anni fa, oggi com’è la situazione? “Terrificante”, risponde. E allora è stata una buona scelta quella di stringere un’alleanza con una fiera, come quella di Vicenza, che ha un core business orafo che determina la stragrande maggioranza del suo fatturato? “Sono convinto che Cagnoni sia stato molto bravo a non farsi sfuggire l’occasione. La Fiera di Vicenza ha una caratura internazionale e promuove decisamente il made in Italy. Difficoltà ci sono ovunque e per tutti, compresi i poli fieristici del nostro settore all’estero: Hong Kong, Las Vegas e Basilea”. Ma l’Italia è ancora leader nel mondo in questo mercato e Paolo Cesari lo ribadisce coi numeri: “In Francia le aziende importanti del mercato nel quale io opero sono 5 o 6 e il comparto ha un centinaio di addetti. In Italia siamo molto preparati e oltre 10 mila e, aggiungo, nonostante la crisi. Qualche anno fa eravamo anche leader mondiali in termini di produzione (siamo scesi da circa 500 a 80 tonnellate), oggi sopravanzati un po’ da India e Cina, dove il costo della manifattura è molto più basso, ma chi cerca la qualità si rivolge a noi italiani, su questo non c’è il minimo dubbio”.
Chi è il più forte concorrente fieristico attualmente nel vostro settore? “In termini assoluti Hong Kong, in Europa Basilea, che però è una esposizione con una parte centrale dedicata agli orologi, alla quale si aggiunge l’aggregato gioielli. Basilea pratica una selezione molto alta e incontra anch’essa qualche difficoltà. Bisogna considerare, infatti, che le aziende di produzione di gioielli non sono grandi e non hanno enormi fatturati, ed esporre alla fiera di Basilea costa tanto”. Quanto? “La media di affitto per 20 mq è di circa 3500 euro al mq”. Vicenza invece? “Direi un decimo si e no rispetto a Basilea”.
Che cosa le piace di più del suo lavoro? “Mi ha dato la possibilità di girare il mondo, mi ha fatto vivere l’emozione della scoperta di luoghi e pietre, ho conosciuto persone eccezionali”. Quello delle pietre Paolo Cesari lo definisce “un mondo piccolissimo nel mondo”.
La Cesari&Rinaldi è una realtà ai primi posti in Italia, con una ventina di dipendenti, e relazioni con i più importanti brand produttori di gioielli italiani e stranieri, a partire da Bulgari. Paolo Cesari ha perseguito l’innovazione, grazie anche all’incontro straordinario con Giò Pomodoro, ma non solo, perché nel corso degli anni ha interagito con diversi artisti, come Martini, Zorzi, Tassinari e Brindisi. “Fu per una ricerca sulle forme che incontrai all’inizio Giò Pomodoro, studiando modalità diverse per tagliare le pietre, e così molti anni fa abbiamo cominciato ad essere riconosciuti come quelli che facevano cose strane”, sorride Paolo Cesari. Si avvale di due taglierie, la Frassinetti di Forlì e la Meregaglia di Valenza, che fanno parte della Cesari&Rinaldi.
Si fa presto a dire gioiello. Ma il percorso che porta alla bellezza finale, unica e irripetibile, è lungo e complesso: la selezione delle pietre, il taglio, il controllo di qualità (“a volte gli scarti sono altissimi”, spiega Paolo Cesari) “ma noi lavoriamo sempre con molta fiducia, sapendo di avere nelle mani i progetti futuri di alcuni gioielli importantissimi”.
Scopriamo, parlando con lui, che fino ai primi anni 80 nel riminese l’attività legata alle pietre spiccava su scala nazionale: “A Cattolica c’erano tre taglierie. Eravamo una bella realtà, tanto è vero che avevamo costituito una sorta di consorzio con oltre 20 aziende associate, che confluì in Api”.
Paolo Cesari è sempre al timone, negli ultimi anni affiancato dalla figlia Azzurra. Si è anche fatto interprete di una battaglia etica per sensibilizzare verso atteggiamenti socialmente responsabili sulle modalità di estrazione delle pietre, istituendo un comitato etico che affronta questo tema in particolare per le pietre di colore, che da questo punto di vista era totalmente scoperto. Rimini significa anche questo per l’Italia e per il mondo.

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