Fa discutere la presa di posizione di Paolo Maggioli sullo scalo di Forlì. Un po' di informazioni che bisogna conoscere per collocare l'exploit del presidente di Confindustria Romagna (orfana di Forlì-Cesena).
Nel suo intervento all’assemblea annuale di Confindustria Romagna, il presidente riminese, con il piglio del vero industriale, ha dettato le sue leggi sull’operatività degli aeroporti emiliano-romagnoli. Si è detto “sconcertato” dal fatto “che siano ripartite le sirene propagandistiche su quello di Forlì”; ha “la convinzione che gli scali di Bologna e Rimini siano sufficienti” e che “si debba lavorare per la loro integrazione” (ma l’a.d. di Airiminum non guarda alle Marche e Umbria?); ha espresso “piena fiducia all’operato di Airiminum”, aggiungendo che “sarebbe bene evitare scontri e polemiche”; la società, ha precisato, è “in ripartenza ma con bilanci in ordine”.
Cerchiamo di dare una risposta, documentata, sulla situazione passata e odierna dei due aeroporti romagnoli, tenendo presente che nello scalo forlivese dal 2003 al marzo del 2008 è stato presidente della società il già presidente di Confindustria Emilia-Romagna; mentre in quello di Rimini Confindustria è stata per lunghi anni socia di Aeradria.
I fatti. Scalo di Forlì. La società SAB dell’aeroporto di Bologna era socia di maggioranza dello scalo di Forlì. Nel 2004 lo scalo felsineo chiude per lavori e dirotta il traffico su Forlì. SEAF (società dello scalo) spende oltre 10 milioni di euro (prestito bancario) per i lavori di riqualificazione. In quegli anni Forlì acquisisce il traffico di Rayanair dove la compagnia intendeva creare la propria base operativa. Protesta il sindaco di Bologna sostenendo la tesi che tutto il traffico low cost deve operare nel capoluogo regionale. Bologna non ricapitalizza SEAF per far fronte al debito, esce da Forlì portandosi a casa Ryanair. Il tutto nell’assordante silenzio del presidente SEAF e dopo qualche anno la società è costretta a portare i libri in tribunale. Primo esempio di integrazione dello scalo bolognese.
A nostro avviso non “sono ripartite le sirene propagandistiche” perché si ritiene che lo sviluppo del traffico su Bologna porterà lo scalo alla saturazione, stante la limitata disponibilità di aree per i necessari ampliamenti. In tal caso Forlì, a una distanza compatibile con Bologna (come è successo – per restare in Italia – a Milano, Roma, Venezia e Catania) potrebbe diventare il secondo scalo di Bologna.
Senza nulla togliere a Rimini e considerato che la provincia di Forlì non è stata ancora annessa alla Toscana, sarebbe opportuno e utile per la Romagna agire in tal senso.
Scalo di Rimini. Con tutto il rispetto, Confindustria-Rimini non è vergine (come per Forlì) in campo aeroportuale. E’ stata socia di Aeradria dal 2003 al 2013 e nel corso di 11 anni si ritiene abbia condiviso l’operato della gestione.
Non è nostra intenzione polemizzare, ma riteniamo di dover dare qualche risposta ad alcune affermazioni del presidente. Libera Confindustria di esprimere piena fiducia ad un suo associato. Doveroso per gli altri, in particolare per chi fa parte delle assemblee elettive, puntualizzare e chiedere risposte su fatti e circostanze relativi all’esercizio di un pubblico servizio, anche se gestito da un privato, che nel caso è assimilato al pubblico. Solitamente ai quesiti posti si danno risposte plausibili e non si minacciano querele. Che dire allora degli apprezzamenti fatti dall’a.d. della società privata aeroportuale nei confronti dei vecchi amministratori? E non stiamo a ricordare il capitale sociale, i 13 milioni di passeggeri fra 20 anni, a fronte dei 2 milioni fra 30 anni, previsione (quest’ultima) che ha fatto vincere ad Airiminum la gara ENAC; per finire con le insistenti richieste di contributi pubblici e privati, diversamente i voli low cost resteranno una chimera.
Quanto ai “bilanci in ordine” (non si sono ancora fatti investimenti e fortuna ha voluto che con pochi euro si sia acquistato un bene ben attrezzato) vien da chiedersi: l’attuale presidente di Confindustria-Rimini, visto che la sua associazione era in Aeradria, ha mai preso visione delle risultanze positive della gestione della società pubblica dal 1963 al 1999, e degli oltre 30 milioni di euro per investimenti fatti in questi ultimi anni (i concorrenti alla gara hanno indicato una spesa di circa 40 milioni di euro in 30 anni) chiesti da ENAC e che hanno contribuito a creare difficoltà alla società?
Sarebbe utile e opportuno, quando si afferma che “lo scalo di Rimini ha tutte le potenzialità per crescere”, che si indicassero con precisione, e numeri alla mano, quali e quanti settori economici della nostra provincia offrono questa opportunità. In particolar modo sarebbero apprezzate se dette da un presidente di una prestigiosa associazione come Confindustria. Il turismo estero, in particolare quello organizzato, non naviga in buone acque.
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