Contrordine compagni: anche a Rimini s’ingrossa all’improvviso il PDei5stelle

Contrordine compagni: anche a Rimini s’ingrossa all’improvviso il PDei5stelle

Cosa dicevano solo qualche settimana fa i maggiorenti del Pd riminese a proposito dei grillini? Il peggio, ovviamente. Ora che passa un treno del Quirinale guidato dal miglior Fico uscito dalla squadra di Beppe Grillo, le posizioni stanno cambiando.

Boccaccia mia statti zitta! “Tocca di vederle tutte” commentava il 14 aprile il segretario provinciale del Pd, Stefano Giannini, postando sulla sua pagina Facebook un articolo di Repubblica sull’uomo (Giacinto della Cananea) chiamato da Di Maio a valutare le affinità fra i punti programmatici di movimento 5 stelle e Pd. Il segretario che all’indomani del voto non aveva il men che minimo dubbio sul fatto che “i vincitori delle elezioni sono il movimento 5 stelle e la Lega, che ora dovranno governare”, adesso sostiene che il “il Pd si impegnerà a trovare un’intesa”. Perché, ovviamente, “il Pd è e sempre sarà responsabile”. Magnifici i camaleonti. Passa un treno del Quirinale guidato dal miglior Fico uscito dalla squadra di Beppe Grillo, che offre la possibilità di tenersi ben stretti gli scranni dai quali gli italiani li hanno cacciati a calci nel sedere, e ci saltano su al volo.

Anche Emma Petitti è pronta a scrivere una nuova pagina politica insieme a coloro che bollava come populisti: “Ok al dialogo, a patto che sia aperto e con pari dignità fra Pd e M5s”. Ma è la stessa Emma Petitti che, l’8 marzo, riflettendo sul voto, sosteneva che “di fatto, la grande maggioranza degli esponenti del PD ha già espresso contrarietà all’ipotesi di entrare in qualsiasi tipo di coalizione di governo con altre forze politiche (sia M5S che centrodestra), ma guarda caso in queste ore si parla solo di questo. Evitiamo”. Quella grande maggioranza oggi sta cambiando idea e, a scalare, anche i colonnelli locali.

Va di avances anche Maurizio Melucci, fino ad oggi considerato fra i più lontani da ipotesi di amoreggiamenti coi 5 stelle.
Postava sprezzante sulla sua pagina Facebook il 2 aprile scorso: “I cosiddetti poteri forti italiani vogliono il Pd al Governo per badare i 5 Stelle. Non esiste. Un No netto”. E vai! Pane al pane e vino al vino. Il 21 aprile scomodava anche la buonanima di Mike Bongiorno: “Con Salvini si possono fare grandi cose. Altra dichiarazione d'”amore” da parte del leader dei 5 Stelle Di Maio. Delle grandi cose nulla si sa. In compenso è pronto anche un accordo di programma per il Pd. Per Di Maio il governo è come Rischiatutto: vuole la busta N.1, N.2 o N.3?” Uno che la pensava così avrà mai potuto cambiare idea nell’arco di qualche giorno? Ma no, impossibile. 24 aprile: “Di Maio ha appena detto che un accordo con il Cdx è chiuso. Così come chiuso ogni ipotesi con la Lega. Si sono alzati in volo subito i fedelissimi di Renzi per dire che non si deve discutere con i 5Stelle. Io penso che si debba discutere nel merito. Chiudere la porta a prescindere sarebbe un errore gravissimo. Sarà difficile trovare un accordo ma occorre discutere. Ed alla fine chi decide debbono essere gli iscritti e non solo un gruppo dirigente uscito delegittimato dalle urne”.

La parola d’ordine, la chiave che apre tutte le porte, la vaselina che permette le contorsioni più estreme, è sempre in quella parolina: programmi. Ma i programmi sono come l’edera, s’abbarbicano alla bisogna, cambiano come i weekend secondo il meteo. Come ha documentato Il Foglio, fra prima e dopo il voto del 4 marzo il programma penstastellato per il governo del Paese ha subito un lifting su punti anche importanti, addirittura con l’inserimento di nuovi contenuti.

La bufala dei programmi. 
Chissà se mai un giornalista chiederà a Di Maio quale dei suoi programmi confronta con i potenziali alleati. 
Chissà se verrà mai in mente a qualche commentatore che questa facilità con la quale cambiano i programmi non è simbolo 
di “evoluzione” dei 5 stelle, ma prova del loro populismo pericoloso. 
Il populismo è proprio questo: cambiare idee, programmi, proposte, toni, secondo le convenienze del momento”. Così ha commentato qualche giorno fa Sergio Pizzolante sulla sua pagina Facebook.

A leggere sui social e sulla stampa, della improvvisa cotta primaverile (stagione che favorisce certe tempeste ormonali) degli esponenti locali del Pd, proprio quelli che apparivano più lontani dal grillismo style, le fresche dichiarazioni che vengono attribuite a Matteo Renzi ne fanno un gigante rispetto ai giocolieri di cui si attornia, il che è tutto dire: “Hanno impostato una trattativa violenta, con minacce e ultimatum. Vogliono mettermi con le spalle al muro: o dico sì al governo con i grillini o c’è il muro, cioè le elezioni. Ma io scelgo il muro, cioè le elezioni. Tanto io in Parlamento torno, Franceschini non so. Questi non hanno capito che non mi faccio intimidire. Sono pronto a trattare pure con Belzebù, ma certo non ho paura di chi nelle trattative politiche si comporta come sul web, con i metodi delle baby gang”.

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