Dalla Rimini dei conti a quella degli sconti

Dalla Rimini dei conti a quella degli sconti

Cosa sia successo all'industria delle vacanze di Rimini da quando è decollata arrivando ai giorni nostri, ci vorrebbe un libro di Ferruccio Farina a spiegarlo. Chi scrive si accontenta di lanciare provocazioni, unire fili della nostra storia anche molto distanti fra loro, volando dai conti Baldini al partito azienda, da tutti al mare all'estate pandemica (pochi al mare), dalle elezioni comunali del 1965 a quelle del 2021. Economia, costume e politica.

La partenza del turismo riminese e provinciale comincia da lontano, per la precisione il 1° luglio 1843 ad opera del dott. Claudio Tintori e dei conti Alessandro e Ruggero Baldini.
L’inizio non fu molto promettente ma qualche decennio dopo, impagabilmente supportati dal dott. Paolo Mantegazza, paladino dell’idroterapia, che nel 1873 assunse la direzione del primo Stabilimento Bagni di Rimini con l’annesso idroterapico marino (Talassoterapico), decollò il turismo dell’Impero Austro-Ungarico che rese Rimini una delle mete più apprezzate.

La prima pagina del Diario di Rimini del 1° luglio 1843 (da Balnea di Ferruccio Farina), testata inesistente creata da Ferruccio Farina e Ramberti arti grafiche nel centocinquantenario – 1° luglio 1993 – della fondazione del primo stabilimento bagni marittimi di Rimini, ma giornale “verosimile”, spiegarono gli ideatori, “in quanto contiene notizie e informazioni assolutamente autentiche recuperate da cronache manoscritte e da fonti a stampa del tempo”. Quando qualcuno si ricordava della data topica del turismo riminese, che andrebbe festeggiata tutti gli anni perché è l’unico capodanno estivo che meriti memoria.

La prima guerra mondiale mise in crisi il flusso turistico elegante, multinazionale e multiculturale dell’Impero Austro-Ungarico, leader mondiale di cultura, arte, scienza (Freud, Klimt …) proveniente da Boemia, Cechia, Austria, che poté riprendersi solo a partire dal ventennio del nostrano predappiese: con geniale intuizione diede vita al fenomeno di incredibile innovazione salutistica implementando le colonie marine, trasformando la riviera in uno sterminato Campo di Marte, in cui rinvigorire le giovani generazioni oppresse da abitazioni e città malsane.
Il dopoguerra è noto a tutti con la sua Riminizzazione: “deturpare il paesaggio di una località, specialmente turistica, con un eccessivo numero di costruzioni”, creando uno scempio edilizio senza capo né coda, che nell’immediato creò benessere per molti ma che nell’oggi è causa principale di arretratezza.
Gli anni ruggenti sono il marchio di fabbrica delle briglie strette che l’egemonia politica locale adottò per rimanere in sella – “il corporativismo turistico” – declinazione imprenditoriale ed erede del corporativismo fascista. Inutile negare l’evidenza, nessuno inventa nulla, per cui all’indomani della guerra si continuò con lo spirito pre-guerra adattando il metodo al nuovo corso storico.
Il turismo riminese splendette per organizzazione, efficienza, sistematicità, coordinamento, perfetto esempio di militarizzazione economico-sociale diretta da un Soviet (Совет, consiglio), struttura finalizzata alla gestione democratica e livellata del potere politico ed economico da parte del partito (qualcuno ricorderà le memorabili sfide fra Don Camillo e Peppone).
La prima incrinatura avvenne durante la famosa congiuntura del 1963. Con il 1962 si registrò un’inversione di quella che sino ad allora era stata la tendenza del “miracolo economico” e i primi segnali di un’imminente crisi economica furono sufficienti a compromettere la fiducia che aveva pervaso la società di quegli anni.

Alle elezioni comunali del 1965 il Soviet vacillò, furono i tempi più difficili per il Pci, ma il tradimento elettorale di Marina Centro e la corsa in solitaria del PLI comportarono l’ennesima riconferma del partito azienda alla guida del municipio.
La sbornia del reaganismo e la caduta del muro di Berlino portarono nuova linfa ad un sistema decisamente sotto tono (voli per la Russia) e l’agonia continuò fino al pre-Gnassi, nonostante un decennio ricco di idee (Progetto ’85 della DC) e infrastrutture ricche di speranze con la nascita della Provincia di Rimini (1992).
Eppure la demolizione del Grand Hotel Hungaria nel 1994 per far posto al Grand Hotel Savoia Excelsior denotò, per chi avesse avuto occhi aperti e cervello fino, lo spirito innato dei riminesi, privi di memoria storica e di comprensione dell’essenza stessa del turismo.

Attori e comparse successive portarono al decennio Gnassi, che passerà alla storia come il periodo in cui emergono definitivamente gli errori nascosti per decenni sotto ipocrisia, interessi personali e collettivi.
Il corporativismo assume sotto la direzione del Soviet una connotazione imprenditoriale che oggi chiamiamo economia di mercato sotto tutela (Cina), in cui solo chi è gradito al potere può prosperare, mentre chi si oppone finisce come Hong Kong (porto profumato).
Prova ne sia il fallimento totale dell’economia locale che non produce più reddito e utili, posticipando ogni anno la propria resa ad un evidente impoverimento immobiliare, mancanza di appeal turistico e di visione complessiva della modernità, intrappolata nel corporativismo militarizzato e gestito dal Soviet.
Rimini è stata chiusa in un mantello di vacue e diafane emozionalità, impossibilitata a permettere alle aziende di crescere ed aggregarsi, incapaci di maturare perché sempre sotto il vigile occhio del capo dei Soviet di turno, padrone di poter usare bastone e carota secondo convenienza. Che convenienza avrebbe il potere nel favorire la crescita di giganti economici che non si presterebbero a ricatti o intimidazioni?
Sette decenni post seconda guerra mondiale portano in dote alla prossima tornata elettorale una città in cui l’economia può solamente diventare preda o della malavita o di gruppi stranieri, perché il bene rifugio a cui sono giunti i riminesi, consci della non economicità del lavoro prodotto da nonni e genitori, è la rendita di posizione (soldi in banca, immobili commerciali e abitazioni in affitto a chi sia disposto a gare senza nessun senso del decente), nessun investimento che sappia svoltare pagina, nessuna visione alternativa al dejà vu.
Il sistema è cotto, grippato, il corporativismo rende, di fatto, un’azienda non adatta a mutare velocemente o ingrandirsi secondo il principio della migliore redditività e performance economica, condannando al nanismo imprenditoriale un’intera economia.
L’ottusità di un metodo paternalistico incancrenisce le menti e le fa di volta in volta assomigliare, di generazione in generazione, a quello che molti popoli sudamericani facevano ai nemici, il rimpicciolimento del teschio.
Pertanto l’onere di trovare la soluzione al blackout Rimini tocca inevitabilmente a chi governa ininterrottamente da 70 anni.
Il segretario provinciale Filippo Sacchetti rivendica mirabolanti obiettivi e notevoli soluzioni post-Gnassi.
Ebbene, la responsabilità di battere il boccino di inizio partita tocca a lui e a tutti quelli che rappresenta.
La felice espressione dell’on. Bersani, “Partito azienda”, ben si addice al metodo più che ai contenuti di chi governa da così tanto tempo. Nessuna entità sociale può rimanere indenne da perdita di smalto, innovazione e soprattutto spirito e capacità di adattamento, se non ha stimoli forti capaci di mettere in discussione la propria esistenza.
Adottando un luogo comune, il classico messicano sotto il sombrero in siesta bene descrive chi non deve mai pagare pegno e nulla scalfisce il proprio tran tran.
Il popolo riminese in toto ha abdicato per decenni ai supposti sapienti, privi per lo più di studi adeguati o esperienza professionale, che nella stanza dei bottoni muovono i fili sottili ma robusti di tutto, in cui nulla possa sfuggire al partito azienda.
Ebbene, oggi il lockdown cerebrale impone di chiedere la testa di chi ha dormito ed ha assopito un’intera città e la sua socialità, economia, sviluppo, futuro.
A livello medico sono note le proprietà di alcool e carboidrati, le pallottole che il decennio Gnassi ha impiegato per obnubilare la mente e per mettere tutti in pennichella costante. L’effetto euforico-sedativo degli alcolici e soporifero dell’insulina postprandiale è il connotato sociale ed economico di questa stagione.
Ora, che il destino volge al termine, i soliti intelligenti chiedono per lo meno l’assoluzione per il disastro creato e si candidano per l’ennesima volta nascosti dietro i rituali e i conclavi apparecchiati in secrete stanze alla faccia del popolo bue, prono all’idolo che sarà sfornato entro San Gaudenzo.
Il Darwinismo politico ed economico sono la molla del progresso, ma lo pseudo-sinistrismo di questa Gilda che si chiama partito azienda prova a rilanciare al buio come a poker.
Rimini e i riminesi non possono proseguire sul viaggio del Titanic, ma forse solo una traversata nel deserto di lacrime e sangue potrebbe essere necessaria per riprendersi, malavita permettendo!

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