Dehors, “il Comune passi dalle parole ai fatti e protegga davvero i commercianti”

Dehors, “il Comune passi dalle parole ai fatti e protegga davvero i commercianti”

Parla il titolare dell'Antica Cafeteria di piazza Tre Martiri

"Sui giornali ci avete difeso a spada sguainata e vi siamo grati per questo, ma ora dovete farlo con gli atti", dice Loris Cerbara rivolto agli amministratori comunali, "opponendovi legalmente ai voleri della Soprintendenza". E a Cozzolino, che vuole eliminare i dehors nei mesi invernali, risponde: "Propongo di togliergli mille euro di stipendio per ognuno dei quattro mesi per tornare a darglieli regolarmente nei successivi otto".

E’ uno dei bar storici di Rimini. Sicuramente il più vecchio di piazza Tre Martiri. Loris Cerbara, proprietario dell’attività, ci spiega che quando Alberto Angela fece un servizio televisivo su Rimini gli disse che c’è traccia di una locanda di epoca romana esattamente in quel punto. Senza scavare troppo nei meandri della storia, sicuramente negli anni ’20-’30 quell’angolo tra la piazza e via IV Novembre si chiamò Bar Italia. In seguito divenne agenzia S.I.T.A. (Società Italiana Trasporti Automobilistici) poi negozio della celebre cioccolateria Talmone (ricordate il carosello del “El Merendero “con “Miguel son mi?”) e infine è tornato a essere un bar. Ora si chiama Antica Cafeteria. Loris Cerbara lo gestisce con la famiglia da due decenni e più. Questo mestiere lo conosce e lo pratica da molti anni.
Lo incontriamo in una soleggiata mattina della placida ottobrata riminese. E’ sabato. L’interno del locale dispone di un limitato numero di tavolini, mentre lo spazio esterno del bar brulica di persone. E’ uno dei famosi “dehors” di cui si discute (e si spera di discuterne ancora) in questi giorni. Per molti locali pubblici, quei metri commerciali esterni sono vitali. Lo capiamo benissimo: non veniamo da Marte. Nemmeno Loris Cerbara.

Signor Cerbara, anche questo locale, come molti del centro storico, dispone di un gazebo. In questi giorni non si parla di altro. La Pubblica Amministrazione pare in difficoltà con la grana dei dehors.
«Sì, è vero. Però, prima di dire qualsiasi cosa, vorrei fare una premessa. Non parto mai da preconcetti ideologici che non appartengono né al mio pensare, né al mio agire. Racconterò come ho vissuto la mia esperienza in merito senza farmi travolgere da simpatie o antipatie politiche. I fatti sono questi.
Nel 2014 si inizia a parlare di pedane. Si cerca di portare le pedane in piazza Tre Martiri. A Firenze il sindaco Matteo Renzi lancia un bando pubblico. Propone: disegnate i gazebo per i locali. Ci saranno votazioni on-line e i il tipo di gazebo che avrà più consensi, sarà adottato da tutta Firenze. Ne viene approvato uno che in estate è aperto e in inverno è chiuso con vetro e riscaldato. Tutto ciò, e lo sottolineo, accade a Firenze, dove mi pare non manchino piazze ed edifici storici. Cosa dice a Rimini il sindaco Andrea Gnassi? “Perché ci deve essere confusione nelle piazze esterne? Chi ha una pianta di un tipo, chi di un altro, alcuni adottano un vaso del tutto diverso da quello di altri, e legni e metalli di colori differenti”. Inoltre c’è chi fa il furbo e si allarga impropriamente nello spazio pubblico (potrei fare nomi e cognomi, ma ora sorvoliamo…). Dunque, il sindaco adotta il modello del collega fiorentino, ma questa è una mia ipotesi, magari Gnassi l’ha pensata da solo senza ispirarsi necessariamente a quella del toscano. Comunque poco importa. Se la traccia è valida non vedo perché non seguirla. Intende riordinare il sistema operativo dei bar e farli lavorare tutto l’anno poiché a Rimini il turismo ormai si sta proponendo durante l’intero arco dei dodici mesi, il Capodanno più lungo del mondo (piaccia o non piaccia, questo è un altro discorso), le fiere, gli eventi al palacongressi e così via».

Indubbiamente la città, nel corso degli ultimi decenni si è trasformata. La dicotomia estate/inverno che si avvertiva anni fa è andata sfumando. Lei ha più di altri il “polso” della situazione.
«Personalmente, d’inverno vedo tantissimi turisti e credo nessuno possa smentire che la nostra città ha un potenziale enorme di lavoro. Questa capacità, con i tempi che corrono, va giustamente còlta. Per fare i gazebo si deve dare ascolto a ciò che dice la Soprintendenza (organo del Ministero dei beni e delle attività culturali, ndr). All’epoca il Soprintendente di Ravenna, da cui Rimini dipende, era l’architetto Antonella Ranaldi e funzionaria responsabile della zona era un altro architetto, Annalisa Conforti. A quattro mani, danno vita al regolamento comunale sui “dehors”. Lo hanno scritto, poi concordandolo insieme con il Comune. Non hanno redatto il documento con un commerciante di piazza Cavour o con Loris del bar…»

Infatti. Come vuole legge, buonsenso e logica saranno stati stabiliti parametri ben precisi.
«Saggiamente hanno diviso il centro storico in quattro zone ben precise. Non solo; la Soprintendenza ha dettato le linee guida per i materiali. Si fa così o niente. Giustissimo. A questo punto che è successo? Attraverso la CNA (Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della Piccola e Media Impresa) il Comune dice: “Cari operatori, se volete costruire i gazebo la Soprintendenza ha dato il benestare per farlo. Avete il permesso di tenerli installati per tutto l’anno e li dovete fare nei modi da essa indicati”. Bene. Abbiamo speso dei soldi, tanti soldi. Tra l’altro all’epoca posi a qualcuno della pubblica amministrazione questa precisa domanda : “Ci date il permesso di utilizzare i dehors per due anni. Ma dopo, che succede? Perché se non ho la certezza che dopo 24 mesi c’è il rinnovo, il gazebo rinuncio a costruirlo. Risposero che una volta avuto il benestare da parte della Soprintendenza di Ravenna non ci sarebbero stati più problemi. Da quel momento in poi ci saremmo confrontati direttamente con il Comune».

Pare che le cose non stiano affatto così. Avete sul collo la mannaia della Soprintendenza.
«Se qualcuno non voleva i gazebo, non dovevano obbligarci a farli. Nel permesso non c’è scritto che in seguito ci sarebbe potuto essere un cambio di opinione che avrebbe rovesciato ciò che si era stabilito e non c’era nemmeno scritto che avrei beneficiato del gazebo per soli otto mesi anziché un anno. A maggior ragione, avrei rinunciato immediatamente all’idea. Di più, se smonto e rimonto l’apparato ogni otto mesi, devo pagare qualcuno che lo faccia e devo anche avere un deposito dove sistemarlo. Tutto questo comporta ancora notevoli spese. Si sta disponendo senza considerare minimamente i problemi oggettivi che abbiamo».

Come si è arrivati alla nuova definizione dei termini contrattuali?
«La Soprintendente Ranaldi e la referente per la zona di Rimini, forse per incarichi presso altre sedi o per motivi che ignoro, vengono sostituite. Il nuovo Soprintendente si chiama Cozzolino e il funzionario che prende il posto della signora Conforti è l’architetto Vincenzo Napoli. Si comincia a intuire fin dal principio che quest’ultimo non ama i commercianti, dimenticando forse che la prima industria di Rimini è il turismo e che il commercio è basato su di esso. Se a un imprenditore fai pagare le tasse (e se non lo fa, va punito), devi però dargli modo di lavorare, altrimenti come campa? Ora, questo signore ha già fatto uno scherzetto all’Antica Cafeteria: nel 2018, il primo rinnovo ci viene negato. Ci obbliga a presentare un nuovo progetto che comporta il ridimensionamento del volume della piazza. Solo a noi. Ma veniamo a oggi. L’architetto Napoli non vuole più i dehors annuali, quando chi lo ha preceduto era stato invece d’accordo. Sembra più un Governatore che un Soprintendente. Tra l’altro, quando nell’intervista che ho letto (Carlino 23 ottobre, ndr) parla del Borgo San Giuliano, mi sembra traspaia un certo astio quando cita “figli e figliastri”: si riferisce a qualcuno in particolare? Allora che c’è, una guerra personale? E se così fosse, ne abbiamo forse colpa noi? Mah…»

Ma a questo punto che farete?
«Penso che molti miei colleghi vadano in ginocchio e con il cappello in mano a raccogliere le briciole. Non ritengo che sia questo il modo per risolvere il problema. Dobbiamo andare tutti insieme da un buonissimo avvocato e adire le vie legali. Se le associazioni di categoria volessero affiancarci, sarebbero ben gradite».

Da un nostro breve sondaggio tra voi operatori del centro storico non c’e totale coesione al riguardo.
«In verità c’è un’altra soluzione. Forse, anche migliore. Ho letto l’intervista all’assessore Jamil Sadegholvaad in cui afferma in modo perentorio che “Il Comune protegge i commercianti”. Molto bene: dia prova di quanto dice e impugni attraverso il Tar (Tribunale Amministrativo Regionale) il provvedimento della Soprintendenza nei confronti degli esercenti. E’ il Comune di Rimini che deve andare difronte al Tar. C’è stata una recente sentenza che ha stabilito come il parere del Soprintendente non sia vincolante. Questo è già un buon punto di partenza che fa sperare in un risultato a noi favorevole. Faccio pertanto appello al Comune (pensando di parlare a nome di tutti i miei colleghi): sui giornali ci avete difeso a spada sguainata. Vi siamo grati per questo. Ora dovete farlo davvero. Impugnate il provvedimento, andate davanti al Tar e vincete il ricorso in nome di tutti i commercianti, se è vero che ci avete così a cuore. Questo è quello che bisogna fare. Questa è la politica giusta. Questa è la politica sana che darebbe al Comune una grande e forte credibilità».

In effetti, la politica se ne dovrebbe occupare in prima persona…
«C’è un altro problema, a mio avviso. Non si può dare tutto questo potere a una sola persona. E’ sbagliato. L’architetto Cozzolino arriva e improvvisamente, a tre anni dal precedente accordo, cambia le regole del gioco? Sa cosa sia un’azienda? Ce l’ha con i commercianti? E per quale motivo? Non credo che ci sia bisogno di un Governatore: c’è già il Sindaco. Che piaccia alla maggioranza o alla minoranza dei riminesi è un altro discorso, ma è stato regolarmente eletto dai cittadini. I quali, quando sopraggiunge un problema, giustamente si rivolgano a lui perché questo venga possibilmente risolto. Ribadisco una volta ancora e desidero fortemente che venga sottolineato a chiare lettere dal vostro giornale: il Comune di Rimini difenda gli esercenti. Lo faccia opponendosi a quell’iniquo provvedimento impugnandolo nelle sedi competenti. Non dobbiamo farlo noi, che siamo stati obbligati a impiantare i dehors, altrimenti non ci avrebbero consentito l’occupazione del suolo pubblico con tavoli e sedie, come una volta. Spetta a voi dell’amministrazione il passo più incisivo e direi, decisivo».

A occhio, tra la nostra Amministrazione Pubblica e la Soprintendenza, si fatica a capire chi delle due sia più maldestra nei confronti della città. Avrà letto che Rimini 2.0 ha sventato per un soffio il progetto (parere favorevole da Ravenna) di apertura di una porta all’interno del Castello.
«Come molti, sfoglio i giornali. Questa mattina leggo l’intervista all’architetto Cozzolino che, per stringere al massimo i concetti espressi, dice che d’inverno bisogna dare respiro alle città. Come? Togliendo per 120 giorni tutti i dehors per ripristinarli negli otto mesi successivi. E parla di impatto. Come a dire che negli otto mesi successivi questo non ci sarebbe. Beh. allora vorrei fare una proposta al tandem Cozzolino/Napoli. Forse si renderebbero conto di quanto vanno dicendo. Con una sostanziosa raccolta di firme, proporrei di togliere a questi signori mille euro di stipendio per ognuno dei quattro mesi per tornare a darglieli regolarmente nei successivi otto. Giusto per liberare un po’ di risorse e dar loro modo di comprendere un po’ meglio i problemi dei commercianti. Sono una persona educata e gentile, quindi li ringrazio comunque, e auguro loro tanta felicità, ma auguro anche che attenuino i personalismi. Se poi volessero fare una gita a Firenze per vedere come là funzioni la questione dei gazebo…»

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