Domeniche ecologiche a Rimini: fermi 20mila veicoli e oltre 6mila moto, ma serve?

Domeniche ecologiche a Rimini: fermi 20mila veicoli e oltre 6mila moto, ma serve?

I disagi che ricadono sui cittadini sono utili alla causa green? E soprattutto: siccome ad incidere di più sull'inquinamento è il riscaldamento prodotto da abitazioni e attività varie (oltre a quello provocato da industria e agricoltura), chi va a verificare che in questi ambienti si rispettino i parametri fissati?

I Comuni che decidono di bloccare autovetture, veicoli commerciali e moto, come hanno fatto anche ieri, sanno quanti mezzi costringono allo stop forzato? Pare di no. Il dato l’abbiamo chiesto a Comune di Rimini. Il 17 gennaio ci siamo rivolti all’assessore all’Ambiente Anna Montini con questa mail:

In merito alle limitazioni previste alla circolazione nelle cosiddette “domeniche ecologiche” ad una serie di veicoli, voi disponete del numero, indicativamente se non proprio con una precisione assoluta, dei veicoli interessati allo stop? Quanti sono nel comune di Rimini i mezzi che non possono circolare nelle domeniche ecologiche, ovvero:
veicoli benzina Pre Euro e Euro 1;
veicoli diesel Pre Euro, Euro 1, Euro 2 e Euro 3;
ciclomotori e motocicli Pre Euro.

Dopo alcuni solleciti la risposta è arrivata il 28 gennaio. Perché undici giorni di attesa? Perché, a quanto pare, quanti fossero i veicoli sui quali il Comune di Rimini ha fatto scattare il blocco non lo sapevano. Hanno dovuto trovarli e metterli insieme questi numeri, e alla fine ce li hanno gentilmente mandati. Eppure da anni sono scattate le domeniche ecologiche e l’ultima introduzione dei divieti è entrata in vigore il 1° ottobre 2019 per proseguire fino al 31 marzo 2020 (con sospensione nel periodo dal 1° dicembre al 6 gennaio ma anche in altre domeniche particolari, ad esempio il 26 gennaio, coincidente col voto regionale). Quelli che ci sono pervenuti dall’assessorato all’Ambiente sono dati di fonte Aci ma poco aggiornati (relativi al 2017). Eccoli di seguito i mezzi che a Rimini non possono mettersi in strada in tutta la zona urbana a mare della statale 16 nelle domeniche ecologiche:

– veicoli benzina Euro 0 e Euro 1: 6.626 (di cui 6.458 autovetture e
168 veicoli commerciali);
– veicoli diesel Euro 0, Euro 1, Euro 2 e Euro 3: 13.415 (di cui 7.680
autovetture e 5.735 veicoli commerciali);
– ciclomotori e motocicli Euro 0: 6.261

Questi invece sono i numeri del parco mezzi complessivo:

Autovetture 89.688
Veicoli commerciali 11.016
Ciclomotori e motocicli 31.995

Questo significa che nelle domeniche ecologiche:

il 15,76% delle autovetture (14.138) non può circolare;
il 53,59% dei veicoli commerciali (5.903) non può circolare;
il 19,57% dei ciclomotori e motocicli (6.261) non può circolare.

Poi ci sono le misure emergenziali, “per far fronte alle situazioni più critiche che saranno accertate da Arpae, ente incaricato dei controlli”. Ovvero? “In caso di superamento del valore limite giornaliero per il PM10 rilevato da una stazione della rete provinciale, per più di 3 giorni consecutivi, scatteranno i provvedimenti emergenziali, quali: ampliamento delle limitazioni alla circolazione dalle ore 8,30 alle ore 18,30 a tutti i veicoli diesel Euro 4“. In caso di coinvolgimento anche degli euro 4 ovviamente la fascia di coloro che sono costretti a rimanere fuori dall’area interessata ai divieti aumentano ancora di più.

Fin qui la tagliola per chi si muove su strada. Ma le limitazioni riguardano anche:

riduzione della temperatura di almeno un grado centigrado negli ambienti di vita riscaldati (fino a massimo 19° centigradi nelle case, negli uffici, nei luoghi per le attività ricreative associative o di culto, nelle attività commerciali; fino a massimo 17° centigradi nei luoghi che ospitano attività industriali ed artigianali), ad esclusione degli ospedali, case di cura, scuole ed i luoghi che ospitano attività sportive;
– divieto di utilizzo di generatori di calore domestico alimentati a biomassa legnosa (ma solo in presenza di impianto di riscaldamento alternativo) con classe di prestazione emissiva inferiore alla classe 4 stelle (così come definite dal Decreto del Ministero dell’Ambiente n.186 del 7 novembre 2017);
– esiste poi il divieto di sosta con motore acceso per tutti i veicoli, quello di bruciare all’aperto residui vegetali, falò, poi fuochi d’artificio e addirittura barbecue, fino alla proibizione di spandimento dei liquami zootecnici;
– per finire col divieto, dal 1° ottobre al 31 marzo, in tutto il territorio comunale, nelle unità immobiliari dotate di impianto di riscaldamento alternativo, di utilizzo di combustibili solidi per riscaldamento domestico (legna, pellet, cippato, ecc.) negli impianti con una classe di prestazione emissiva inferiore a 3 stelle e nei focolari aperti (camini tradizionali) o che possono funzionare aperti, è inoltre previsto l’obbligo, nei generatori di calore funzionanti a pellet, di utilizzo di pellet certificato.

Una rete di divieti molto capillare, che però fa parte solo della lista dei sogni green. Chi controlla infatti che non si superino i 19° centrigradi nelle case, negli uffici, nei luoghi di culto, nei negozi, o i 17° nelle attività artigianali e industriali? Oppure l’esistenza di generatori di calore domestico alimentati a biomassa legnosa, o la presenza di combustibili per il riscaldamento domestico tipo legna, pellet eccetera? O che il pellet sia quello certificato? Praticamente nessuno. Mentre un’auto o una moto che infrange le regole relative alle domeniche ecologiche potrebbe incappare negli addetti al controllo stradale, in un’abitazione chi va a metterci il naso? Eppure, come vedremo, questo tipo di inquinamento incide non meno di quello stradale.

Quello che fa apparire come una misura abbastanza inutile l’istituzione delle domeniche ecologiche dal punto di vista del risultato finale, cioè del contrasto all’inquinamento, lo dice la fotografia dei principali inquinanti e la loro provenienza. Questo video si trova sul sito del Comune di Rimini:

In maniera preponderante l’inquinamento diretto (che pesa per il 30% sul totale), prodotto dall’uomo e nocivo per la salute, non deriva dal traffico e dalle attività di trasporto, che incidono per il 45%, ma dai settori residenziale e commerciale (soprattutto da biomassa per il riscaldamento: legna e pellet), industria e agricoltura, che sommati insieme pesano per il 55%. L’inquinamento indiretto, invece (che pesa per il 70%), si produce immettendo nell’atmosfera inquinanti che in origine non sono polveri (NOx, SOx, cov, NH3) ma nel tempo tendono a diventarlo. Le sostanze che fanno da precursori alla formazione di polveri sono gli ossidi di azoto (NOx), gli ossidi di zolfo (SOx), l’ammoniaca (NH3) e i composti organici volatili (COv). Gli ossidi di azoto e di zolfo sono prodotti principalmente dalle attività di trasporto e da quelle industriali; l’ammoniaca è quasi tutta figlia della produzione e dell’emissione legate al comparto agricolo e in particolar modo alle attività di spandimento dei liquami prodotti dall’allevamento. Infine i composti organici volatili derivano prevalentemente dalla produzione e dall’uso di solventi.

La ripartizione delle emissioni di sostanze inquinanti in Emilia Romagna secondo il “quadro conoscitivo” del Pair: si può vedere l’alta incidenza di solventi, combustione, agricoltura; i trasporti stradali raggiungono una percentuale superiore alle altre emissioni solo nel NOx.

Non solo. Leggendo i documenti del Pair, il piano aria integrato regionale 2020, si comprende come una lotta all’inquinamento utile a centrare l’obiettivo, debba avere come raggio d’azione l’intera pianura Padana. “L’analisi delle cause dell’inquinamento ha evidenziato che la concentrazione media di fondo di PM10 in Emilia-Romagna dipende in buona parte dall’inquinamento a grande scala tipico della pianura padana. Di conseguenza le misure di riduzione delle emissioni inquinanti applicate sul territorio dell’Emilia Romagna possono agire solo in parte sul fondo a grande scala, rendendo indispensabile le individuazioni di misure coordinate tra le varie regioni del bacino padano e che portino ad una riduzione complessiva delle emissioni inquinanti” (Pair, quadro conoscitivo 2020, Regione Emilia Romagna). E la ragione è presto detta: “nelle regioni che compongono la Pianura Padana risiedono più di 23 milioni di abitanti (dei quali 4,5 milioni in Emilia Romagna), corrispondenti circa al 40% del totale della popolazione italiana”. In più “le condizioni meteorologiche e il clima dell’Emilia Romagna sono fortemente influenzate dalla conformazione topografica della Pianura Padana: la presenza di montagne su tre lati rende questa regione una sorta di “catino” naturale, in cui l’aria tende a ristagnare”. A lasciare il segno nell’inquinamento su scala regionale sono i distretti produttivi nei diversi settori: la produzione di ceramiche e i materiali da costruzione nel territorio di Modena, l’industria alimentare a Parma, la chimica di base a Ferrara e Ravenna, l’industria energetica a Piacenza e Ravenna, passando per l’agricoltura intensiva, l’allevamento nei poli di Modena e Reggio per il settore suinicolo e di Forlì-Cesena per quello avicolo.

Le domeniche ecologiche sono un palliativo, occorrerebbe mettere mano a soluzioni su ampia scala in grado di aggredire alla radice questi problemi. Ma ovviamente è più semplice bloccare i mezzi con una ordinanza piuttosto che affrontare il tema complesso, e che cozza con una quantità gigantesca di interessi di varia natura, delle principali fonti di inquinamento in ambito padano.

Franco Battaglia, professore di Chimica Fisica presso l’Università di Modena, sostiene che “il particolato PM2.5, che a differenza del PM10 raggiunge i polmoni, presente nell’atmosfera delle nostre città, solo per il 25% è dovuto al traffico dei veicoli, mentre il restante 75% ha altre origini. Eppure, le misure tese a ridurre questo inquinante sono esclusivamente quelle volte a ridurre il contributo dalle auto”. E a proposito dell’accanimento contro i veicoli diesel, spiega che “secondo un Rapporto dell’Agenzia per la Ricerca sul Cancro (Iarc), le emissioni dai motori diesel sono state inserite nella classe 1 dei cancerogeni (cancerogeni certi, quindi). Ma è questa una ragione sufficiente per bloccare la circolazione o, addirittura la produzione, di auto diesel?”. No, risponde il professore, perché “gli studi analizzati dalla Iarc e che l’hanno indotta a quella classificazione erano stati condotti sulle emissioni di motori diesel di oltre trent’anni fa, mentre i motori diesel odierni hanno emissioni di particolato che è oltre 100 volte inferiore ai motori di allora e solo di poco superiore a quello dei motori a benzina. Inoltre, gli studi furono condotti su popolazioni (lavoratori in miniere o coinvolti nella costruzione di gallerie) esposte a livelli di emissioni anche 50 volte superiori a quelle cui era sottoposta, anche vent’anni fa, la popolazione normale” (fonte).

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