Donne e bambini pagheranno il conto più salato della crisi, ma chi ci governa può fare subito qualcosa

Donne e bambini pagheranno il conto più salato della crisi, ma chi ci governa può fare subito qualcosa

Riaprono le aziende ma scuole e asili sono chiusi. Su chi ricadono le conseguenze? Soprattutto sulle mamme, in molti casi rigettate in un limbo di dipendenza economica e psicologica. Perché dal livello centrale passando per regioni e comuni non si investono risorse per favorire il telelavoro o lo smart working? Proposte concrete di un imprenditore.

Non voglio demonizzare il governo Conte per il dirigismo da Soviet supremo di casa nostra con cui ci governa a colpi di DPCM mai avallati dal parlamento stesso. E d’altra parte che colpa ha il Premier, è un politico o un leader o un economista o un imprenditore illuminato? No, è solo un notaio al servizio di una improbabile coalizione.
Si sa che in guerra, e questa è una guerra con morti e feriti, si fa quel che si può.
Il problema sono gli effetti che ne derivano, anche dal punto di vista d’un vero e proprio passo indietro di quelli che sono il valore e l’apporto dell’universo femminile alla nostra società, nel mondo del lavoro, nella politica, nelle professioni sempre più arricchite dalle donne.
Il governo Conte, infatti, ha aperto sì la fase uno e mezzo permettendo a molti fin d’ora, a quasi tutti dal 4 maggio, di tornare al lavoro a partire dall’asset industriale più legato alle esportazioni.
Non fosse che nel mezzo ci sono tante famiglie che, per tornare a lavorare, hanno bisogno del supporto degli asili o della scuola proprio nel momento in cui scuole e asili sono chiusi almeno fino a settembre. Se non oltre come dice il governo.
Come gestire i figli, soprattutto quelli più piccoli, quando i nonni sono o troppo lontani o troppo vecchi o prudenzialmente rinchiusi in una quarantena senza limiti di tempo?
Il problema è che in questi decenni la capacità di spesa del ceto medio, il cosiddetto elettorato moderato, è scesa al punto che non solo sono necessari due stipendi per vivere, ma anche con quelli si fa fatica ad arrivare a fine mese.
Figuriamoci potersi permettere baby sitter o personale di servizio nella quantità necessaria ben oltre il bonus di seicento Euro promesso da Conte.
Tutta colpa d’una finanziarizzazione dell’economia in cui la finanza globale la fa da padrona rispetto a distretti nazionali dove nessuno difende più il valore (aggiunto) del lavoro, inclusi sindacato e partiti progressisti che oramai hanno perso completamente il senso del nostro popolo, persi dietro un mondialismo economico senza più valori.
E allora?
Allora, dovendo scegliere tra padre e madre, sarà sicuramente la madre, cioè la donna, a dover restare a casa ed accudirli lei, i figli. E così ritornare in quel limbo di dipendenza economica e psicologica in cui ritornano stereotipi arcaici di cui è permeata tanta parte della nostra società.
Cosa che non solo non risolve il problema del 27 o addirittura del 15 del mese, ma, soprattutto, la ricaccia in quel ruolo in cui la consapevolezza di una parità con l’uomo dovrebbe averla ormai liberata.
Non ho certo l’intenzione di demonizzare un ruolo addirittura sacrale in cui sono vissuto, legato a quello che per le culture Mediterranee è il mistero della nascita e della creazione del nucleo principe della società occidentale, la famiglia. Ma insomma, oggi reparti neonatali, assistenza post parto e asili nido sono la norma e hanno modificato ruolo e percezione dell’Angelo del focolare.
Anche se l’essenza della madre per lo sviluppo del bambino fino all’età adulta è così essenziale che certi eccessi di affidamento extradomestico sono altrettanto pericolosi quanto gli eccessi d’un mammismo troppo prolungato.
L’assurdo di questo ritorno al futuro consiste però nel fatto che può accadere, magari senza volerlo né cercarlo, in concomitanza col governo più a sinistra che l’Italia abbia mai avuto.
Quell’Italia antifascista e resistenziale che promette migliaia di miliardi di debito piuttosto che due soldi a fondo perduto a partite IVA e imprese e poi si dimentica della famiglia, cioè delle donne, costrette dalle circostanze a chiudersi in casa.
Con un implicito invito ai giovani d’oggi e futuri a NON far figli perché troppo rischioso, troppo pericoloso, troppo oneroso per un vivere quotidiano cui conviene il ménage da single.
Che fa ancora più fino perché, insomma, a cosa servono i figli a un’umanità protesa verso un effimero fatto di chiacchiere e apparenza?
Invece di “chiacchiere e distintivo” il governo, le regioni o le amministrazioni comunali potrebbero investire qualche miliardo o qualche milione, o in ambito locale qualche soldo non sarebbe male, per un contributo a fondo perduto e un Piano di Innovazione per la promozione di un welfare aziendale e di nuove forme di organizzazione del lavoro. Con la finalità di favorire l’adozione, da parte delle imprese e delle professioni che possono farlo, di modelli di organizzazione del lavoro improntati al telelavoro o allo smart working. Un piano di innovazione cosiddetto “family friendly” nelle PMI, destinato al miglioramento sia della produttività aziendale sia alla conciliazione vita lavoro, favorendo in questo modo la valorizzazione della figura femminile e le necessità della famiglia.

Fotografia: FirmBee da Pixabay

COMMENTI

DISQUS: 0