Dura la vita del disabile nella città del vitalismo littoriale

Dura la vita del disabile nella città del vitalismo littoriale

Avendo anch’io la mia brava stella gialla da disabile sul cruscotto, fino a poco tempo fa potevo parcheggiare l’auto davanti al mercato coperto. Cosa

Avendo anch’io la mia brava stella gialla da disabile sul cruscotto, fino a poco tempo fa potevo parcheggiare l’auto davanti al mercato coperto.
Cosa che adesso, nelle giornate di mercoledì e sabato, non è più possibile, essendo via Castelfidardo occupata da un tot di mercato ambulante posizionato per il resto su Piazzale Gramsci.
Sicché i clienti del mercato devono percorrere almeno un chilometro, fra andata e ritorno, per raggiungere i parking sostitutivi.
Che fervessero i lavori al Galli, almeno!
Invece no, causa l’insipienza amministrativa di chi sa far le feste ma non i palazzi, come testimoniato dal cantiere del Fulgor che ancora un po’ e diventerà così archeologico da fare lui da casa del chirurgo.
(a proposito: che sia per questi fulgidi esempi d’efficienza che il Pd ha proposto Gnassi come Presidente della Provincia?)
Ma, a parte i fallimenti gestionali, quello che più colpisce è la mentalità che sta dietro a tutto questo, rivelatrice del fitness-razzismo dominante.
In base alla quale chi se ne frega se noi diversamente abili non possiamo né parcheggiare su via Castelfidardo né scarrozzare (per ovvi motivi) fino ai parking generosamente elargiti dalla municipalità.
A riprova di quell’imperativo salutista che ci vuole tutti ciòfani, scattanti e capaci ope legis di raggiungere non solo la pista ciclabile sul lungomare, ma anche via Castelfidardo.
O pedalando o scarpinando.
Essendo il mercato coperto (nei giorni di mercoledì e sabato) riservato a ciclomani e marciaforzisti, mentre noi zoppi, sciancati, protesizzati e diversamente autosufficienti ci tocca stare in casa.
Perché mercato coperto, per noi, nisba.
E cos’è questo se non un esempio di quel vitalismo littoriale che vuole la città a sua immagine e somiglianza, mobile, ubiqua, con mens sana in corpore sano eia eia alalà?
E chi il corpo sano non ce l’ha che fa, s’arrampica sui muri?
Prefigurando il tutto (sempre a proposito di mobilità leggera) quello che accadrà a breve con la chiusura del ponte di Tiberio.
Potrebbe sembrare un ghiribizzo, ma la questione è seria.
Perché la fissazione ecologico-salutista dell’amministrazione non solo sta modificando geneticamente un partito, il Pd, transitato senza colpo ferire dal marx-leninismo all’idolatria ambientalista (alla faccia dei partiti di plastica), ma costituisce un tappo epocale per ogni ipotesi di sviluppo serio, non drogato né farlocco della città.
Come se bamboleggiarsi coi sogni d’una “città dolce” fatta di piste ciclabili, anelli verdi e mobilità leggera fosse il toccasana per una città che sta morendo.
Per un blocco imprenditoriale e cultural-finanziario che vorrebbe friburghizzare tutto, incapace com’è di promuovere un modello di sviluppo credibile.
Ma qualcuno crede davvero che il sogno dell’ambientalismo pedonale, del salutismo buonista, del biciclettismo fighettaro (senza metter mano al disastro d’un comune imprenditore fallito) possa tirarci fuori dal degrado?
Auguri.

Bruno Sacchini

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