Ez: un grande poeta, politicamente idiota

Ez: un grande poeta, politicamente idiota

Piero Sanavio ha studiato Pound prima di tutti. Ed è andato a trovarlo quando stava recluso nel manicomio criminale di Washington. Dialogo sui luoghi oscuri del poeta: dal Malatesta a Mussolini.

“A rovinar’ quel che rimaneva della città di Rimini”
Come spari sulla tempia della tenebra. Prima del collasso. “Indignato per il bombardamento del Tempio Malatestiano di Rimini, e addolorato per la morte di Marinetti, avvenuta a Bellagio il 2 dicembre dello stesso 1944, Pound scrisse di getto due canti in italiano” (Mary de Rachewiltz nel Commento ai Cantos pubblicati nei ‘Meridiani’ Mondadori). Sono i ‘canti’ LXXII e LXXIII, che precedono i ‘Pisani’, uno sparo appena prima dell’arresto, il 3 maggio del 1945, l’infamia della prigionia al Diciplinary Training Center, presso Pisa, cui segue il trasloco nel manicomio criminale di Saint Elizabeths, a Washington, dove il poeta rimarrà rinchiuso per dodici anni. “Rimini arsa e Forlì distrutta”, piange Pound nel più dantesco – e scombinato – dei Cantos, “passai per Arimnio/ ed incontrai/ uno spirito gagliardo”, prosegue dettagliando con cantilena funebre – “Venivan’ canadesi/ a ‘spugnar’ i tedeschi,/ A rovinar’ quel che rimaneva/ della città di Rimini” – l’“incontro con Guido Cavalcanti che in questi giorni si trovava a Rimini”. All’apice della guerra, dove tutto è turbamento e oblio, negli occhi del poeta rimbombano i morti. Già, ma che c’entra zio Ez con Rimini? Retrodatiamo la cronologia di 22 anni. Nel 1922 Ezra ha già fatto di tutto. Ha fondato riviste – Blast – e movimenti artistici – l’imagismo e il vorticismo – ha tradotto Cavalcanti e Confucio, è stato il segretario di William Butler Yeats e ha insegnato a Ernest Hemingway i rudimenti per scrivere come si deve; ha aiutato Gaudier-Brzeska a esporre e James Joyce a sbarcare il lunario, scambia opinioni politiche con Lawrence ‘d’Arabia’. Nel 1922 Ezra Pound fa un meticoloso lavoro di editing sul più influente poema del Novecento, La terra desolata di Thomas S. Eliot, che renderà perpetuo onore a EP, “il miglior fabbro”. Nel 1922 Pound sbarca a Rimini. Non frequenta gli stabilimenti balneari della Riviera, ma la Biblioteca Gambalunga, la più antica biblioteca civica d’Italia. Gli interessa sarchiare informazioni su Sigismondo Pandolfo Malatesta, il grande condottiero, nato il 19 giugno di 600 anni fa. A lui, prototipo del guerriero illuminato del Rinascimento, crudele ed esteta, Pound dedica il ciclo dei Malatesta Cantos (VIII-XI) pubblicati nel 1923 sul Criterion diretto da Eliot.

Insieme a Parigi: Piero Sanavio ed Ezra Pound

“Incontrai Pound a Washington e a Parigi, soprattutto”
Intanto, mi piglio la mia dose di doverosi insulti. Perfino gratuiti. “Lei legge gli americani del passato. Legge testi con una scrittura divulgativa, industriale, passata per il mangano degli editors sicché non si sa cosa e come avesse scritto la persona che figura come autore. Ma ciò che importa, in un libro, è la forma, la coincidenza tra l’idea e la forma – la fabula è soltanto un’offa, un romanzo non è un racconto, è un’ipotesi sul reale”. Cordialmente, incasso. Perché ne vale la pena e comunque avevo soppesato i rischi. Piero Sanavio, classe 1930, viso duro, da pugile, di genia “inderogabilmente antifascista”, è il più importante studioso di Ezra Pound. Intanto, lo ha studiato per davvero, discutendo una tesi a Venezia, per Carlo Izzo, sui primi Cantos. Poi, è andato a trovarlo.
“Incontrai Pound a più riprese, a Washington e a Parigi principalmente, pure se non ho mai appartenuto, per scelta, alle coteries che come funghi, negli Stati Uniti e in Europa, crescevano attorno alla sua persona”. Il legame con Pound, sancito da un epistolario durato dal 1955 e il 1965, in parte inedito, custodito alla Biblioteca dell’Università di Padova, frutta a Sanavio due libri mirabili, La gabbia di Pound (1986; 2005, edizione ampliata) e Ezra Pound: Bellum Perenne (2002) e un radiodramma, Il caso Pound, trasmesso sul terzo della Rai nel 1987. Sanavio, giornalista – per Il Mondo di Mario Pannunzio e per Il Globo di Antonio Ghirelli – scrittore, autore di una vita ‘esagerata’ – ha fatto il tassista a Boston, ha insegnato all’Università di Puerto Rico, a Yale e a Harvard, ha lavorato a Parigi, è stato inviato in Africa per l’Unesco e ha creato un centro studi internazionali a Bucarest – dalle amicizie superiori – chiacchierò con T. S. Eliot, fu amico di Witold Gombrowicz e di Lawrence Durrell, ma gli abboccamenti con Jorge Luis Borges si rivelarono “del tutto sterili” – è l’esegeta degli estremisti. Memorabili i libri su Céline – almeno, Virtù dell’odio, 2009 – le traduzioni di Henry David Thoreau, di Knut Hamsun, di Joseph Conrad. “Gli studi su Ezra Pound sono diventati ormai una delle tante industrie del mondo accademico e il suo nome e reputazione si sono estesi anche a campi del tutto estranei alla letteratura, dalla sottopolitica alla sottocultura. Nessun male, tutti hanno diritto alla parola”, dice lui. Per questo, l’ho cercato. Per capire, a 45 anni dalla morte, perché il poeta americano sepolto a Venezia e sventolato come una bandierina a destra e a manca, era affascinato da un italiano nato 600 anni fa.

“Il Tempio Malatestiano è supremo esempio dello spirito”
Intanto, perché il Malatesta, chi è questo Malatesta nell’opera di Pound? “Il Malatesta di EP non è dissimile da quello di Montherlant nella pièce dallo stesso titolo – uno dei titani che fecero la storia. Pound ha una concezione romantica della storia, derivata da Carlyle: la storia come prodotto di grandi personalità, gli eroi. Carlyle si oppone come farà David Herbert Lawrence (che osservava che l’industria moderna tra l’altro ‘distrugge il paesaggio’), e farà Pound, alla società nata dalla rivoluzione industriale, il cui meccanicismo distrugge l’eredità dei secoli anteriori (Medio Evo, Rinascimento), basata su valori morali e dove contava la volontà – la capacità di dare forma all’aristotelica prote hyle, la materia primigenia, il caos – analogamente allo scultore che scava dal blocco di marmo la forma della statua”. In questa visione, il Tempio Malatestiano è un simbolo… “Per Carlyle – cito a memoria – ‘l’universo è il tempio dello spirito e la materia non esiste che per essere modellata dallo spirito’; per Pound supremo esempio dello spirito è il Tempio Malatestiano. Gli eroi (ad esempio, Dante, Shakespeare, Cromwell) incarnano quello spirito e sono loro che fanno la Storia. Il concetto ritorna in uno dei filosofi del New England trascendentalista, Ralph Waldo Emerson in Representative Men”. Lei cita due autori-totem, Emerson e soprattutto Carlyle che non godono di grande fortuna editoriale nel nostro Paese delle belle statuine culturali. “L’opera fondamentale di Carlyle è On Hero and Hero Worship: l’eroe come profeta, leader religioso, poeta, artista, riformatore, letterato, rivoluzionario. Indicano la vittoria dello spirito sul materialismo dell’epoca. L’atteggiamento, che se esasperato, dissociato dall’apporto alla Storia delle componenti socio-economiche e delle ‘masse’ porterà al fascismo (come la negazione del dato diciamo ‘spirituale’ porterà ai fenomeni dell’hitlerismo e dello stalinismo) aveva influenzato all’epoca in Gran Bretagna anche l’opera di un poeta che (con il Don Juan di Byron) sarà uno dei modelli per i Cantos, mi riferisco a Dramatis Personae di Browning – non a caso Pound intitola Personae uno delle sue raccolte poetiche”.

“Restò un provinciale. Ma ciò non gli impedì di essere grande”
A Rimini, Pound torna nel marzo del 1923, pochi mesi dopo la Marcia su Roma. Nella città del Malatesta entra in contatto con il fascismo, che lo affascina. “Il fascismo di Pound, l’abbaglio su Mussolini, nasce da tutto quello che ho detto prima, ignorando la storia italiana e la meccanica dell’Unità con l’arroganza del maestro di scuola che dalla provincia arriva in città e suppone di aver tutto capito. Se i professori che si occupano di Pound studiassero la letteratura e la storia inglese e americana, scriverebbero meno stupidaggini”. Addirittura… “Culturalmente, e con tutta la sua curiosità e genialità, Pound restò un provinciale. Ho sempre trovato illeggibile quell’esercizio in narcisismo che è l’Autobiography of AT della Stein (nazista, malgrado fosse ebrea, sosteneva che Hitler meritava il Nobel per la pace perché aveva pacificato la Germania eliminando gli elementi di disturbo – cioè gli ebrei), la cui attendibilità, peraltro, fu negata da un opuscolo del 1939 che mai appare nelle storie letterarie, Testimony against G Stein, a firma di Jolas, Matisse, Braque, Salmon, Tsara, tra gli altri, ma su un punto aveva ragione: Pound era ‘un maestro di scuola di paese’. Ciò non gli impedì di diventare un grande poeta”. Mentre oggi il Comune di Rimini non sa come trattare quel sacro estinto pieno di aculei che è Pound, nel 1925 la rivista Testa di Ponte gorgheggiava: “Ezra Pound è un Poeta Inglese il quale venendo in Italia, e precisamente in Rimini due anni or sono si è sentito tanto tenacemente conquistato dal fascino dei nostri monumenti, segni mortali di una storia immortale, da trovarsi avvolto nel manto dell’ispirazione. Così, Ezra Pound ritornando in patria s’è accinto a fissare sulle pagine di un superbo libro, tuttociò che turbinava nella sua mente di Poeta”.

“Era un coglione. Deve dire grazie a Frost, che interpellò JFK”
L’accusa di tradimento è la pagina più oscura della vita di Pound. Arrestato nel 1945, sarà liberato nel 1958. Una vergogna. “Si chiede perché Pound è stato accusato di tradimento? Perché era un coglione e da Radio Roma faceva propaganda contro gli USA e in favore dell’Italia durante la guerra, sostenendo che la Costituzione Americana gli garantiva libertà d’opinione”. Insieme ad Andrea Colombo, per l’editore ravennate il Girasole, lei ha curato una edizione dei Radiodiscorsi di Pound (1998). “Era letteralmente fuori di testa. Deve ringraziare, se scapolò l’impiccagione: 1. Il suo avvocato, che invocò l’insanità mentale. 2. Il fatto che quando aveva chiesto alla sua ambasciata, a Roma, il passaporto per ritornare negli Usa, dopo Pearl Harbor, un funzionario illegalmente glielo rifiutò – illegalità che pesò nella decisione di farlo uscire da St Elizabeths – perché (disse) era ‘un pessimo americano’. Già nella sua ultima visita in Usa (a bordo del Rex, in prima classe, strano per uno senza soldi) certe dichiarazioni erano parse perlomeno ambigue, facendo sospettare (e lui lo lasciò credere) che fosse in ufficiosa rappresentanza del Partito Nazionale Fascista. Vero? Falso? Possibile – ma era abbastanza fuori di testa da pensare di avere ruoli più importanti di quelli che effettivamente aveva. 3. L’intervento di Robert Frost presso JFK, quando diventò presidente, e l’autorità di T. S. Eliot. Tutte le petizioni di intellettuali per la sua liberazione, come correttamente diceva Hemingway, non avevano fatto che irritare l’amministrazione pre JFK”.

“Bisogna rileggere e reinterpretare i Cantos”
Altra spina nel cuore dei poundiani. La traduzione Mondadori dei Cantos, fatta dalla figlia Mary, “insieme a Pound, che non conosceva l’italiano”. Com’è? “Illeggibile”. E allora, ora? “Li sta ri-traducendo il solito Massimo Bacigalupo”. Esito: “la sua versione perlomeno sarà in italiano corrente, ma certamente non eccelsa. A meno che san Gennaro non gli faccia il miracolo”. Quindi, qui si pone un problema. “I Cantos sono da rileggere, e reinterpretare. La critica americana sta da anni facendo le note alle virgole nella migliore tradizione tedesca del XIX secolo. Io, non solo io, certo, qualche indicazione l’ho data, ho fatto la mia parte e mi son fottuto la cattedra – meglio così. Un’ultima cosa”. Dica. “I due canti in italiano, dove se la prende con gli americani per i danni al tempio dell’Alberti, fatti durante un bombardamento, come se fosse stata una scelta deliberata…”. Son quelli che ho citato all’inizio. “Beh, anch’essi sono un indizio che Pound era fuori di testa”. Perché? “C’erano depositi militari, caserme o cosa, nelle vicinanze. A Padova, quando le bombe distrussero un paio di inestimabili affreschi di Mantegna, agli Eremitani, la chiesa si trovava a pochi metri da un’importante installazione tedesca. Perché non ha mai protestato contro le depredazioni dell’arte italiana che facevano i tedeschi? Pound era un grandissimo poeta, ma politicamente, economicamente, un idiota. ‘Ma scrisse contro, l’usura!’, dicono. Anche sant’Anselmo. Anche sant’Ambrogio. Anche Vittorino da Feltre. Anche il Levitico”. Poi Sanavio mi molla. Non ne può più di chi fa domande idiote. “Sto terminando la correzione delle bozze di Americana, un tomo di circa 500 pagine di miei saggi sulla letteratura di laggiù. Non si illuda di recensirmi”. Chi la pubblica? “Una casa editrice di donne”. Detto tutto. Saluto. Sanavio, eremita del Novecento, scompare, come un uomo stilizzato da Joseph Conrad, accucciato tra i versi di un tonante poema.

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