“Fascista, non toccare la moschea”. Nonostante le minacce, continua la battaglia di Gioenzo Renzi

“Fascista, non toccare la moschea”. Nonostante le minacce, continua la battaglia di Gioenzo Renzi

Nessuna solidarietà all'esponente di Fratelli d'Italia dalla comunità musulmana di Rimini

La famiglia di Gioenzo Renzi è finita nel mirino di un nordafricano. Ma le minacce non fermano il consigliere: “Continuerò la mia battaglia per spostare la moschea dal Borgo Marina”.

Un nordafricano si è accanito contro la famiglia del consigliere comunale riminese di Fratelli d’Italia. Per cominciare ha suonato all’impazzata il campanello di casa a qualsiasi ora del giorno e della notte. Poi sono arrivati insulti e intimidazioni di ogni tipo rivolti a Gioenzo Renzi e a sua moglie. Addirittura è stato danneggiato il portone e spaccato lo stesso campanello. L’immondizia è stata gettata nel cortile di casa. Si conclude dopo 15 giorni quella che è stata una vera e propria persecuzione subita dalla famiglia del consigliere di Fratelli d’Italia Gioenzo Renzi. Lo abbiamo intervistato per capire meglio cosa è successo in quei giorni di pura follia. 



Finalmente il nordafricano è stato arrestato dopo un’odissea durata oltre due settimane: come avete vissuto questi momenti di alta tensione?

“L’essere oggetto personalmente con i miei famigliari per due settimane, tutti i giorni, mattino, pomeriggio, notte,  di molestie, insulti, minacce al citofono, lancio di rifiuti, bottiglie, indumenti, fino al lancio di un pesante cordolo (circa 30 chili) di una rotatoria contro il portone di ingresso della nostra abitazione, alle 2 e 30 di notte,  con mia moglie sola in casa, (ero a Trieste con mio figlio al Congresso nazionale di Fratelli d’Italia), aveva creato un stato di preoccupazione e di paura soprattutto per mia moglie e mia figlia”.



Può esserci un nesso tra le tue battaglie che mirano a spostare la moschea dal Borgo Marina e questi atti intimidatori? Cosa vi ha detto precisamente il nordafricano? 


“Quando il soggetto, il cui volto al citofono era nascosto sotto il cappuccio di una felpa, è passato dalle molestie agli insulti personali contro di me, “fascista di m…”, “lascia stare la Moschea”, “vai via da qui” e a mia moglie “b… t… lascia stare la Moschea”, “cambia casa”, “andate via di qui”, abbiamo pensato di essere un  “obiettivo” collegato alla mia battaglia per il trasferimento della Moschea dal Borgo Marina. Naturalmente avevo avvisato e sporto denuncia ai Carabinieri che hanno seguito con attenzione l’evolversi della situazione e sono intervenuti prontamente la mezzanotte di lunedì 4 dicembre, subito dopo la mia chiamata al 112, per il fermo del responsabile. Quest’ultimo era, infatti, ritornato a citofonare ed era stato raggiunto velocemente da mio figlio all’angolo di Corso Giovanni XXIII con via dei Mille.   
A mio figlio che gli chiedeva spiegazioni del suo comportamento contro di noi, costui rispondeva come per “prendere le distanze”: “conosco il Sindaco Gnassi, la Vice Sindaco Lisi e Renzi, non ho paura di nessuno, a me non interessa la Moschea, io mangio carne di maiale, nella Moschea c’è puzza di piedi”….
L’uomo di 38 anni, di origine marocchina, in Italia da 20 anni,  processato per direttissima, è stato condannato ad un anno e un mese di carcere, con l’obbligo di dimora fuori da Rimini”.   


Nei vostri banchetti, come Fratelli d’Italia, portate avanti la petizione per trasferire la moschea. Ci sono mai state reazioni del genere o comunque un po’ movimentate in piazza?


“Dal 2004 sostengo la battaglia per il trasferimento della Moschea dalla attuale casetta ad uso ufficio nel Borgo Marina, in un’altra zona più idonea della città, e in un immobile compatibile per eliminare l’impatto delle centinaia di musulmani che vi accedono.
Ho presentato interrogazioni e mozioni in Consiglio Comunale, tenuto  incontri con i residenti, promosso petizioni popolari, tra cui l’ultima petizione in corso rivolta al Prefetto e al Sindaco che si può sottoscrivere ogni sabato mattina al banchetto di Fratelli d’Italia in Piazza Tre Martiri e che ha già raccolto la firma di 2000 riminesi.
Al banchetto si sono fermati anche alcuni musulmani, ricordo un paio di ragazze d’accordo sull’inadeguatezza di quella Moschea come luogo di culto mentre altri infastiditi dal manifesto “No alla Moschea nel Borgo Marina –stop al ghetto afro-asiatico” hanno chiesto provocatoriamente  il trasferimento della Chiesa di San Nicolò, la cui origine risale al 1300 con l’insediamento dei Monaci Celestini”.

La comunità musulmana di Rimini si è già espressa in merito alla persecuzione subita dalla tua famiglia in questi giorni?
“Non vi è stato da parte dei responsabili della Moschea del Borgo Marina nessuna presa di distanza dal marocchino che aveva minacciato me e mia moglie dicendo di “lasciare stare la Moschea”, di “andare via”, “di cambiare casa” e nessuna espressione di solidarietà”.

Nonostante tutto, la tua battaglia per chiedere lo spostamento della moschea continuerà? Quante firme sono state raccolte fino ad ora?


“Comunque, continua in Consiglio Comunale e in piazza la mia battaglia per il trasferimento della Moschea dal Borgo Marina per eliminare il pesante impatto della moltitudine dei suoi frequentatori con l’occupazione dei marciapiedi e delle strade, in un contesto urbano che vede già la concentrazione di 56 negozi afro-asiatici su un totale di 61, appartamenti sempre più occupati e sovraffollati da asiatici. 

È possibile ridimensionare l’immagine di questo “ghetto afro asiatico”, ma occorrono azioni concrete per sostenere l’identità riminese e cristiana del Borgo Marina”.

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