Fondazione Carim pensa di restituire Castelsismondo al Comune, che vuole farne la Rocca Felliniana

Fondazione Carim pensa di restituire Castelsismondo al Comune, che vuole farne la Rocca Felliniana

Fondazione Carim, con un "salvadanaio" sempre più leggero e ormai incamminata verso il ridimensionamento dettato dal protocollo fra Acri e ministero d

Fondazione Carim, con un “salvadanaio” sempre più leggero e ormai incamminata verso il ridimensionamento dettato dal protocollo fra Acri e ministero dell’Economia e delle Finanze (che prevede di ridurre la partecipazione nella banca conferitaria dal 58,73% del capitale sociale attualmente detenuto al di sotto del 33%, realizzare le aggregazioni in nome della efficienza e della economicità della gestione, azzerare i debiti, di rivedere i tetti dei compensi e altro) farebbe volentieri a meno della gestione di Castel Sismondo, ovvero starebbe valutando di interrompere la convenzione sottoscritta dai fratelli Chicchi (Giuseppe in veste di sindaco e Luciano in quella di presidente della Fondazione) nel marzo del 1999. Mai si sarebbe potuto immaginare questo scenario dopo appena sedici anni dalla firma, in pompa magna, dell’atto che, in cambio del restauro della Rocca Malatestiana, ne concedeva la gestione alla Fondazione Cassa di Risparmio, compresi i diritti di sfruttamento economico delle riproduzioni. Fra un attimo vedremo i dettagli.
Mentre si riflette sulla decisione da prendere, per Palazzo Garampi si presenta un’occasione più unica che rara. Da ambienti romani del cinema trapela che il Comune di Rimini ha per le mani un “colpaccio” incredibile: portare in città le scenografie di alcuni film di Federico Fellini che non possono più trovare posto a Cinecittà, interessata da progetti “palazzinari” che col cinema hanno poco a che vedere. L’assessore alla cultura Massimo Pulini vede, quasi per miracolo, realizzarsi il sogno di una degna valorizzazione del regista riminese, non solo col recupero del Fulgor e la sua destinazione felliniana, ma anche sfruttando in maniera diversa l’opera che iniziò ad essere edificata nel 1437, nella quale fare rivivere le atmosfere delle più famose pellicole di Federico, Castelsismondo appunto. Anche se si porrà il problema dei costi di gestione del Castello, attualmente coperti dalla Fondazione.

La convenzione trentennale
Quattro miliardi e mezzo delle vecchie lire. Questo l’impegno assunto dalla Fondazione Carim nella convenzione “per la promozione, il sostegno e il coordinamento delle attività culturali nella Rocca Malatestiana di Rimini” che prevedeva di completare a proprie spese il restauro del Castello sulla base del progetto generale approvato dal consiglio comunale nel 1984. Il Comune non aveva i soldi per farlo, ci pensò la Fondazione quando i soldi li aveva. “L’obbligo della Fondazione si intende assolto al completamento dei lavori di restauro – si legge nella convenzione – che dovrà avvenire entro tre anni dall’ultima abilitazione necessaria per mettere in opera il progetto”. Sulle spalle della Fondazione in questi anni ci sono stati non solo i costi legati al restauro ma anche quelli per le utenze, la custodia e per il cartellone degli eventi: mostre, rassegne di poesia, Castelsismondo estate e tanto altro. Non è facile mettere insieme con esattezza quanto si sia economicamente sobbarcata l’istituzione di Palazzo Buonadrata, quantomeno analizzando i bilanci della Fondazione. Sfogliando quelli degli ultimi dieci anni ci si imbatte solo in due occasioni nella voce “spese di gestione” di Castelsismondo: nel 2012 (pari a 260 mila euro) e nel 2014 (180 mila euro). Così come ponendo direttamente alla Fondazione la domanda se abbia realizzato per intero, e con quale spesa effettiva (i 4 milioni e mezzo di lire erano solo una “spesa stimata”, come si legge nella relazione che accompagna la convenzione), il restauro di Castel Sismondo secondo le modalità previste nella convenzione sottoscritta col Comune di Rimini nel 1999, la risposta che si ottiene è che “i dati disponibili sono ad oggi quelli riportati nei bilanci annuali della Fondazione, reperibili sul sito della Fondazione”.
Ci fu parecchio dibattito in consiglio comunale quando si trattò di approvare la convenzione (Cesare Mangianti, ad esempio, era dell’idea che sarebbe stato meglio procedere con un bando) e anche sul punto della trasparenza non mancò un emendamento (di Zanzini) che chiedeva che la Fondazione presentasse ogni anno al Comune il bilancio economico e sociale delle attività svolte nella Rocca. Venne bocciato. E così oggi manca un dato immediato e di dominio pubblico sui conti di Castelsismondo.
L’ipotesi iniziale prevedeva addirittura una durata di 35 anni della convenzione, che avrebbe quindi dovuto terminare nel 2034. Scesa poi a 30, ma anche così il traguardo è ancora lontano: 2029. Dai banchi della maggioranza e della minoranza ci fu chi propose di ridurla a 25 e 20 (rispettivamente il consigliere e il capogruppo di Alleanza Nazionale, Vito Murgida e Oronzo Zilli) ed anche a 15, come fecero Diego De Podestà e Cesare Mangianti. “Ridurre la durata non sarebbe un vantaggio per il Comune ma per la Fondazione”, rispose il sindaco Chicchi, “perché la gestione di Castel Sismondo avrà un costo stimabile fra i 200 e i 300 milioni all’anno”. E riducendo la durata, al termine della convenzione i costi sarebbero ricaduti sull’amministrazione comunale. Ragionamento lineare dal punto di vista pubblico. Ma se Castel Sismondo tornerà al Comune prima del tempo previsto, i costi dovrà sobbarcarseli lui.

Fellini a Castelsismondo
Sulla (s)fortuna di Fellini a Rimini si sono versati i famosi fiumi d’inchiostro. La Fondazione di via Nigra è chiusa da tempo, dopo che la conduzione a guida Comune, Provincia e Fondazione Carim aveva accumulato debiti per quasi un milione di euro, dilaniata dalle polemiche e senza rappresentanti della famiglia Fellini al suo interno (Francesca Fabbri Fellini si era dimessa). Nel frattempo il patrimonio dell’associazione Fellini è passato al Comune, che però non ha la titolarità dei diritti di utilizzo e sfruttamento di tutto il materiale custodito. Proseguono i lavori (iniziati nel 2012) nell’ex cinema Fulgor, destinato a diventare casa del cinema, e che secondo gli annunci dovrebbe riaprire nella primavera del prossimo anno. Ma il “colpo grosso” adesso diventa un altro: esporre alcune delle più note scenografie delle pellicole felliniane, da La dolce vita ad Amarcod, da 8 e mezzo a E la nave va. Dando vita a qualcosa a metà fra il set cinematografico e il parco tematico. I “pezzi” che dovrebbero arrivare a Castelsismondo giacciono al momento inutilizzati nei magazzini di Cinecittà.
I chiari di luna impongono all’ente presieduto da Massimo Pasquinelli di tirare la cinghia. Se questo sarà l’epilogo, cioè l’addio di Fondazione Carim a Castelsismondo, vorrebbe dire che in poco più di un decennio il patrimonio di idee e ricchezza accumulati da Palazzo Buonadrata si sono polverizzati.

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