Gnassismo da esportazione: Riccione dependance del Duca di Rimini?

Gnassismo da esportazione: Riccione dependance del Duca di Rimini?

Il vero sogno di ogni vero riminese è conquistare Riccione. Farla tornare ad essere come era prima del 1922, cioè prima dell’autonomia comunale. Riccionesi tremate.

L’esportazione del Gnassismo.
a) Chiamasi Gnassismo la fede – un pochino gradassa – nell’operato amministrativo del Sindaco di Rimini Andrea Gnassi.
b) Lo Gnassismo, come tutte le fedi, ha una tendenza ‘cattolica’, cioè universale. Insomma, i confini di Rimini sono troppo stretti per Gnassi e i suoi adepti.
c) Lo Gnassimo da esportazione sta penetrando a Riccione.
d) Avvertenza: non speculate troppo intorno all’entità dello Gnassismo. Esso non ha sostanza, è consustanziale al riflesso di Gnassi.

Gnassimo alla riccionese.
Il vero sogno di ogni vero riminese è conquistare Riccione. Farla tornare ad essere come era prima del 1922, cioè prima dell’autonomia comunale. Una dependance di Rimini. La ‘campagna’ riminese dove si mandano a pascolare i turisti (non troppi, gli indesiderati).
La fede nel Gnassismo sta per realizzare l’atavico sogno riminese. Come? Così:
Andrea Gnassi è il Messia di una nuova politica – ben ancorata al politburo del Pd, però – e Sergio Pizzolante è il suo profeta. Dietro l’illuminata presenza di Pizzolante a Riccione, infatti, chi non lo sa, c’è la manina benedicente di Gnassi. L’obbiettivo politico – lo dicono in pubblico, non è mica il segreto dei muri – è quello di saldare in un patto d’acciaio Rimini a Riccione. Condividere strategie turistiche, aeroportuali, congressuali. Insomma, far convertire allo Gnassismo i riccionesi.

Là dove tutti sbagliano.
Lasciamo lo Gnassismo agli studiosi di teologia e ai sociologi. Ognuno voti come gli pare (a Riccione, poi, è abbastanza chiaro l’esito: ballottaggio tra vecchio Pd e Renata Tosi o M5S; appoggio esterno di Pizzolante&Co. al Pd, segue governo di larghissime intese). C’è un punto però che accomuna tutti i Governi di qualsivoglia fede. La cultura. Tutti – elettoralmente parlando – sbraitano di voler investire in cultura perché la cultura è buona come il pane. A conti fatti, tutti tagliano la cultura. Perché la cultura frega a nessuno.

A conti fatti, facciamo i conti.
*Il Comune di Riccione gode di un Bilancio complessivo per il 2016 di 88 milioni e 520 mila euro. La voce “Spese correnti” registra la cifra di 61 milioni e 240mila euro. L’imposta di soggiorno ha raggranellato la ragguardevole cifra di 2 milioni e 980mila euro. Insomma, Riccione, rispetto all’entità abitativa (modesta), è un Comune ricco.
*L’Istituzione per la Cultura, carrozza francamente inutile, ha visto dimezzare sotto il decapitato Governo Tosi le proprie risorse. I 714mila euro di spese vive in cultura – per far funzionare i servizi civici, Biblioteca e Musei, e produrre eventi – del 2014 si sono mano a mano erosi nel 2015 (567.122 euro) e nel 2016 (390mila euro) fino alla proposta, per l’anno in corso, come comunicato dal fu Presidente dell’Istituzione Giovanni ‘Johnny’ Bezzi, di un ‘tesoro’ misero di 340mila euro. Con quei soldi il Comune di Rimini, che ha budget milionari (6 milioni e 638mila euro in “Attività culturali e interventi diversi nel settore culturale”) non fa neanche una edizione della Biennale del Disegno.
*Paradosso tronfio del sistema italiano: i soldi per la cultura civica non ci sono mai, ma quelli per i dipendenti nel settore culturale sì, ci sono sempre. Anzi, i dipendenti, in barba alla desertificazione delle finanze civiche riccionesi, guadagnano sempre di più: 618.992 euro nel 2014 che diventano 647.644 euro nel 2016.

Che fare? Si può fare di più…
Ben gonfi delle proprie sicurezze elettorali, nessuna lista e nessun partito, a Riccione, ha ancora sottoscritto un programma culturale degno di questo nome. Lo facciamo noi. Intanto, facile facile:
a) Bandire il posto per un direttore della Biblioteca civica e dei Musei, per esaltare i ricchi Archivi del Premio Riccione e fare di Riccione un luogo espositivo appetibile e apprezzato;
b) Trovare una coerente collocazione culturale per spazi di pregio come il Castello degli Agolanti e la Villa Mussolini;
c) Trasmutare Riccione, attraversando i suoi connaturati carismi (teatro; giornalismo d’inchiesta; cinema e red carpet), in Città della Follia e della Favola.

…e il Gnassimo?
Andrea Gnassi, Re Mida della politica, tramuterà in oro il grigiore riccionese? Chissà. Lo Gnassimo ha fede nel kitsch e nel movimentismo dissennato degli eventi, investe nella Notte Rosa ma se ne sbatte della Biblioteca. Lo Gnassismo apre i cantieri per farsene un vanto durante gli apericena con le persone doc e i politici docg. Lo Gnassismo apre i contenitori – ad esempio, il Teatro Galli – perché i contenuti non sono redditizi, che palle i contenuti. E la Riviera morirà in uno sbadiglio leonino.

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