“Grazie San Patrignano”: Rimini avrà il museo d’arte moderna e contemporanea

“Grazie San Patrignano”: Rimini avrà il museo d’arte moderna e contemporanea

Una cinquantina di opere di alcuni fra i maggiori artisti di fama internazionale. Troveranno posto nei Palazzi dell'Arengo e del Podestà. Grazie alla Fondazione San Patrignano. Ecco il progetto e cosa bolle in pentola. Mentre Gnassi annuncia un project financing per "fare entrare i privati nella gestione dei musei comunali".

Bertozzi & Casoni, ovvero Giampaolo Bertozzi e Stefano Dal Monte Casoni, poi Domenico Bianchi, Maurizio Cannavacciuolo, Loris Cecchini, Sandro Chia, Enzo Cucchi, Nicola De Maria, Flavio Favelli, Emilio Esgrò, William Kentridge, Igor Mitoraj, Domenico Paladino, Tullio Pericoli, Achille Perilli, Luca Pignatelli, Michelangelo Pistoletto, Pierluigi Pusole, Julian Schnabel, Ettore Spalletti. Sono loro creazioni (ma l’elenco non è completo) alcune delle opere che entreranno a far parte del nuovo Museo d’Arte Moderna e Contemporanea che verrà realizzato nei Palazzi dell’Arengo e del Podestà. Una cinquantina, per ora, il cui valore una casa d’aste ha valutato in circa 7 milioni di euro, come ha spiegato l’assessore Massimo Pulini ieri in consiglio comunale. Ma si tratta di una stima approssimativa e probabilmente al ribasso. Gli artisti in questione sono, soprattutto in qualche caso, considerati dei guru dell’arte contemporanea, fra i più quotati a livello internazionale. Opere già ospitate alla Triennale di Milano e attualmente anche al Maxxi di Roma.
E’ questo il patrimonio di partenza del museo, sui cui tempi di realizzazione ieri gli amministratori comunali non hanno fornito dati certi e quello approvato dal consiglio comunale è solo un atto di indirizzo.

Chi bisogna ringraziare di tutto ciò? La Fondazione San Patrignano, e in particolare Letizia Moratti ed altre due famiglie milanesi (Zegna e Traglio) che l’assessore Pulini ha citato nell’aula durante il suo intervento. Per grazia ricevuta dalla collina di Sanpa, dunque, la città di Rimini ottiene due risultati, perché è per merito del progetto del museo che si metterà mano (se ne occuperà l’architetto Luca Cipelletti) a due edifici storici di enorme valore anche identitario, che saranno – spiega l’amministrazione comunale – rifunzionalizzati negli spazi museali e negli arredi, attraverso l’inserimento di nuove dotazioni per l’accoglienza al visitatore, di un servizio di ristoro, di un book-shop oltre alla biglietteria, perseguendo l’obiettivo della complessiva valorizzazione del patrimonio storico, architettonico e artistico dei due edifici.

Spiegando il progetto davanti al consiglio comunale l’assessore Pulini si è preso anche qualche merito. Spezzando così la regia “gnassocentrica” che aleggia anche su questo progetto. Ha infatti detto che è stato grazie al FAR di sua ideazione (“che in precedenza Rimini non aveva”) che “si è avviato un percorso dotando la città di un impianto museale che nel corso degli anni ha ospitato una serie di mostre di arte contemporanea di alto livello, attraverso le quali abbiamo ricevuto attestati di stima e Rimini si è affermata come la città in regione più attiva in questo settore negli ultimi sette anni“. E fra gi estimatori – ha spiegato Pulini – ci sono state anche quelle famiglie milanesi (“hanno notato il nostro impegno verso l’arte contemporanea e questo ha generato la proposta che ci ha favorevolmente sorpreso”) che poi hanno deciso di mettere a disposizione le loro opere per il nuovo museo stabile. L’accordo prevede una durata di dieci anni, prorogabili. Per l’organizzazione delle esposizioni temporanee sarà versata una royaltie del 10% alla Fondazione San Patrignano.

Anche l’opposizione ha in larga parte condiviso il progetto esprimendo un voto a favore o di astensione – contrario il capogruppo della Lega, astenuto Zoccarato (“nel rispetto della comunità di San Patrignano e di ciò che ha fatto e fa, e nel rispetto della famiglia Moratti e del suo spirito di mecenatismo).
Dal capogruppo della Lega Marzio Pecci è invece venuta la proposta di dedicare a museo il Novelli, perché “non è pensabile realizzare il museo occupando la sala dell’Arengo e del Podestà, in questo modo non si potrà competere con i più importanti musei d’Europa e del mondo e permettere a questa città di fare il salto di qualità passando da località balneare a metà del turismo culturale”.

Ma dalle opposizioni è venuto anche un discorso molto chiaro sui rapporti fra Sanpa e il Comune di Rimini, a cominciare da Gioenzo Renzi (Fratelli d’Italia): “Prendo atto che dopo tanti conflitti tra l’amministrazione comunale e la comunità di San Patrignano, oggi siamo ad una svolta. Voglio ricordare che nel 2003, al culmine di quel periodo di contrasti, Letizia Moratti, all’epoca ministro della Pubblica istruzione, aveva promosso a Rimini un incontro coi 40 ministri della Pubblica istruzione delle nazioni europee, ma fu costretta ad annullarlo per l’ostilità dell’amministrazione comunale di allora. E sempre in quell’anno una mozione del sottoscritto per intitolare a Vincenzo Muccioli una strada della città, venne respinta dal consiglio comunale”. Temi sollevati anche da Pecci, Nicola Marcello e Gennaro Mauro.
In seguito la strada venne intitolata e a Sanpa consegnato anche il Sigismondo d’Oro (lo fece nel 2010 il sindaco Ravaioli). “Dobbiamo avere il coraggio di dirlo a testa alta – ha proseguito Renzi – per onestà nei rapporti con la comunità di San Patrignano, riconoscendo il contributo di una istituzione che tanto ha fatto nella lotta alla tossicodipendenza”.

Il museo deve essere solo il primo passo per il pieno recupero dei due storici palazzi, decisamente trascurati negli ultimi decenni dalle amministrazioni che si sono succedute (Rufo Spina, Forza Italia, ha parlato di “incuria” e della “priorità” di recuperarli al meglio), e per rivedere le politiche museali: “Gli incassi sono ridicoli rispetto alle ingentissime spese che sosteniamo e va assolutamente potenziata la pubblicizzazione di questo patrimonio”, ha puntualizzato Gennaro Mauro.

Il sindaco Gnassi ha anticipato che si sta pensando ad un project financing per “fare entrare i provati nella gestione dei musei comunali” e ha messo l’accento sugli “sfregi” compiuti nel Palazzo del Podestà, come “l’elevatore che è stato installato e la soffitta utilizzata per accatastare sedie, bancali e scatoloni…”. Alcuni sfregi li vede. Altri no. Sarà perché portano la sua firma.

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