I misteri che circondano l’abbeveratoio quattrocentesco sparito da piazza Cavour

I misteri che circondano l’abbeveratoio quattrocentesco sparito da piazza Cavour

Si trovava davanti alla Fontana della Pigna l'albio a forma di quadrifoglio risalente al 1400. Negli anni 50 il sindaco Ceccaroni decide di cederlo in uso (e non in proprietà) al Comune di Santarcangelo "ad ornamento del centro della città". Il ruolo di Luigi Renato Pedretti e le informazioni mancanti o errate che contornano questa storia. E una domanda: non è ora che l'albio ritorni a Rimini?

Un tempo, davanti alla Fontana della Pigna in piazza Cavour c’era un albio (abbeveratoio) quadrilobato in marmo risalente al 1400. Serviva per dissetare i cavalli dei fiaccherai in sosta nella piazza. Fino a quando è rimasto là?

In questa immagine gentilmente concessa da Filatelia Mazzini di Milano, l’albio si trova ancora in piazza Cavour e lo si può vedere evidenziato nella “lente”

Sicuramente, in una cartolina “viaggiata” del 14 agosto 1931 non compare più.

La cartolina (che pubblichiamo per gentile concessione di Claudio Di Masi) che mostra piazza Cavour senza l’albio

Le cronache degli anni a seguire ne registrano la presenza in luogo meno centrale, in via Bastioni Settentrionali, addossato alle mura malatestiane. I cavalli a vapore stanno prendendo via via sempre più piede, a discapito di quelli ad “acqua e fieno”. Al termine della seconda guerra mondiale, Rimini si presenta come un cristallo lanciato dal quinto piano di un palazzo. I riminesi, con lo slancio, il sudore e la generosità caratteristiche di quei tragici momenti, si adoperano per rimettere insieme milioni di cocci e ricostruire faticosamente la loro città.

In un contesto di tale immaginabile caos, a conflitto terminato da pochi anni, si materializza la figura esile, ma tenace, di un intraprendente santarcangiolese: il Cavalier Luigi Renato Pedretti. Impiegato comunale (padre di Nino, noto poeta dialettale) con la passione per la storia e l’archeologia, è descritto come eclettico ricercatore e studioso nonché infaticabile alfiere della cittadina nelle cui viscere serpeggiano più di 150 misteriose grotte tufacee. Su queste si concentrano maggiormente gli sforzi della sua ricerca storica. Pedretti promuove Santarcangelo anche nel circuito del turismo italiano ed europeo. Negli scompaginati anni del dopoguerra, il Cavaliere si adopera dunque per reperire materiale idoneo ad abbellire la città romagnola, sapientemente spalmatasi sul colle Giove fin dall’antichità. E’ possibile che durante qualche trasferta a Rimini abbia slumato l’antico albio in marmo, apparentemente abbandonato, e abbia pensato che nella sua città avrebbe avuto miglior collocamento. Andò così?

Nel lascito fatto alla Biblioteca Gambalunga (Fondo Pedretti) egli stesso, in una lettera inviata all’associazione Amici di Santarcangelo, puntualizza in un passaggio: “4) collocamento del monolito da me ottenuto dal Comune di Rimini (…)”, in un’altra si lamenta con il Primo Cittadino Livio Bonanni del ritardo per la messa in opera dell’albio, mentre in una terza sollecita il nuovo sindaco Balilla Nicoletti (il documento riporta la data del 13 luglio 1955) a provvedere al collocamento dell’albio nel luogo già da tempo stabilito (ma ci sono altre missive, destinate a giornalisti e autorità). In sostanza, il vulcanico Cavaliere ritiene che sia esclusivamente merito suo se l’abbeveratoio ha imboccato la via Emilia per poi arrampicarsi sul colle Giove. Dalla mole e dai toni dei carteggi, non v’è dubbio che Santarcangelo abbia avuto in Renato Pedretti un infaticabile pungolatore di funzionari, assessori e sindaci. Appurato che a dispetto di qualche leggenda di paese, l’abbeveratoio non è stato sottratto nottetempo da qualche ragazzotto sceso a Rimini a razziare inermi vasche di marmo, rimane tuttavia un enigmatico buco temporale.

Sopra a un piccolo plinto accanto all’albio, una targhetta fatta apporre dal Cavaliere recita così: “Questa fontana è sorta a.D. 1951 per mia volontà con avanzi archeologici da me raccolti. Luigi Renato Pedretti”. Per il comune di Rimini l’antico manufatto viene ceduto solo nel ’54. Dobbiamo dar credito ai documenti ufficiali: nel settembre di quell’anno la Giunta Comunale di Rimini (Sindaco Walter Ceccaroni) approva all’unanimità una delibera in cui stabilisce che l’albio, (colpevolmente, ndr) non vincolato come bene storico dalla Soprintendenza dei monumenti, come scritto a chiare lettere, viene dato in uso al comune di Santarcangelo. Al paragrafo “a” tuttavia si specifica che “la concessione si intende fatta in uso e non in proprietà. Resta quindi salva la facoltà di questo Comune di richiederne, a suo giudizio, la restituzione”. Dunque, se le parole hanno un senso e gli scritti ne sono l’indelebile sigillo, prestito era e prestito rimane anche dopo sessantacinque anni.

Ma torniamo alle parole sulla targa. Come mai un uomo preciso, meticoloso, addirittura puntiglioso come Pedretti fa scrivere la data 1951, quando documenti ufficiali postdatano la consegna dell’oggetto di almeno tre anni? Potremmo chiedere alla novantunenne figlia Giaele se per caso ricordasse particolari utili per capire la discrepanza delle date e se fosse al corrente di particolari finora sfuggiti alle cronache. In paese ci dicono che la Signora Giaele, persona non meno tosta e combattiva del padre, è solita trascorrere insieme con il marito i mesi più freddi dell’anno, in un luogo dal clima più mite. Non resta che attenderne il ritorno per intervistarla.
Nel frattempo, ci sia consentita qualche considerazione.

Questa fotografia si trova nel Fondo Pedretti e risale al 1953: una donna beve alla fontana, dove ancora non c’è l’albio

Rimini non è sicuramente nuova a interventi di smantellamento del proprio patrimonio storico attraverso quattro schemi ben collaudati: soppressione fisica dei manufatti, negligente conservazione, mancato restauro degli stessi, restauri connotati da scarsa intonazione al rigore del registro storiografico. Perciò non c’è da stupirsi se negli affannati anni del dopoguerra gli amministratori della città, distratti anche da mille problemi, abbiano ceduto alle vorticose insistenze del Cavalier Pedretti. Nel contempo non ci sentiamo affatto di giustificare il primo dirottamento (anni ’30) dell’albio in luogo defilato e men che mai il secondo, verso la città del Ganganelli. Si consideri anche che di abbeveratoi di marmo del 1400, in giro per l’Italia non ce ne sono poi tanti e in tutti i casi non è facile trovarne con le sinuose forme del nostro. Generalmente sono quadrati o rettangolari. Ci rendiamo conto che non siamo davanti a una fontana del Bernini, ma perché mai disfarsene? Comunque sia, oramai il danno è stato fatto, ma Rimini 2.0 ritiene che la sistemazione della vasca sarebbe stata più adeguata in una piccola piazzetta. La stessa considerazione fu fatta dall’ex Sindaco Marco Moretti nel 1991, quando inviò una richiesta di colloquio all’Amministrazione Santarcangiolese per suggerire di rivederne insieme il posizionamento e suggerire di apporre una targa di ringraziamento alla città di Rimini. Di fatto, come ci ha confermato durante una recente conversazione, il Primo Cittadino non ricevette mai nessuna risposta. E oggi, come se la passa il marmoreo reperto?

E’ sempre in via della Costa, la piccola strada in salita che costeggia l’osteria La Sangiovesa. Un molesto bidone dell’immondizia si pavoneggia vicino all’antico reperto. La geniale pensata è stata partorita per creare contrasto tra l’antico e il moderno? Chissà! Qualcuno, pare ben informato, sostiene che il furbesco spostamento dipenda dalle insistenze di una persona che abita là vicino. La presenza della pattumiera sotto la propria casa era disdicevole. Del resto, meglio metterla vicino a quell’insulso vascone scuro, in tinta con il bigio cilindro: “c’est plus facile”. Di fatto, il quadretto d’insieme inocula in noi e nell’unico frettoloso passante incrociato, un sottile senso di nausea. Ci scambiamo una fugace occhiata di solidarietà. Ne siamo confortati: non siamo del tutto soli.

Con la Prima Cittadina di Santarcangelo, Alice Parma, incontrata per pochi minuti in Comune alcuni giorni fa, si è rimasti d’accordo di assumere più informazioni possibili sulla storia dell’albio. Da più parti ci è stato concesso il privilegio di intingere le mani nel passato, la qual cosa è sempre avvincente anche se non abbiamo colpi di scena o scoperte particolarmente eclatanti da rivelare. Tuttavia siamo in grado di mostrare qualche documento che oltre all’interesse dei contenuti mostra a quale velocità fluisse la vita 65 anni fa, insieme con una dimensione di relazioni che non ci appartiene più. Il carotaggio nelle carte e nelle immagini (ci ripromettiamo di consultarle nuovamente, con maggior attenzione) dell’irrefrenabile Renato Pedretti, non mostra traccia di alcuni elementi documentali che speravamo di trovare. Per esempio: possibile che non esista nemmeno un’immagine della posa dell’albio? O notizia di un’inaugurazione ufficiale, dato che il Cavaliere teneva tanto a quel reperto antico. Se coglieremo o se qualcuno ci fornirà notizie più definite, ve lo faremo sapere. Attendiamo di parlare con il sindaco di Santarcangelo e se possibile, anche con la signora Giaele appena tornerà in Italia.
Nel 1954 la nostra giunta comunale ha spedito l’albio a godere l’aria buona di collina. Diamo atto agli amici santarcangiolesi di averlo custodito in buona salute poiché mostra quasi meno dei suoi seicento anni, ma ora crediamo debba tornare a casa per respirare iodio e salsedine. Che ne pensano i riminesi?

Si ringraziano le Biblioteche pubbliche di Rimini, Cesena e Santarcangelo per avere messo a disposizione i documenti del “Fondo Pedretti” e i Comuni di Rimini e Santarcangelo che hanno dato accesso alla consultazione di delibere e atti pubblici risalenti ai primi anni ’50. Un ringraziamento va anche alla Pro Loco di Santarcangelo.

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