I sogni di gloria per il porto di Rimini rimasti nei cassetti del Comune

I sogni di gloria per il porto di Rimini rimasti nei cassetti del Comune

Dodici anni fa l'amministrazione comunale presentava al Club Nautico il "piano programma" per “la riqualificazione del porto, una grande opportunità per recuperare e valorizzare una risorsa decisiva per lo sviluppo della città”. Era anche previsto l'innalzamento o lo spostamento del ponte della Resistenza. Quello che "fa da tappo al porto”. Ma di togliere il tappo si sono dimenticati.

Non c’è solo la Sezione di Rimini della Lega Navale ad aver pianificato un futuro diverso per il porto di Rimini presentando il progetto, che abbiamo illustrato pochi giorni fa, al ponte della Resistenza.
L’esigenza di eliminare quella barriera che impedisce alle imbarcazioni, salvo quelle piccolissime, di navigare sull’intera lunghezza del canale è già stata pianificata dallo stesso Comune di Rimini nel “Piano Programma degli interventi nel Porto Regionale di Rimini”. Il documento risale ad ormai dodici anni e fu presentato in un incontro pubblico che si svolse al Club Nautico il 20 maggio 2006 con il titolo “La Riqualificazione del Porto di Rimini, una grande opportunità per recuperare e valorizzare una risorsa decisiva per lo sviluppo della città”.
A distanza di dodici anni, a giudicare da quanto è stato realizzato fino ad oggi degli interventi allora prefigurati, questa “grande opportunità” resta ancora tutta da cogliere.

Il Piano di Programma, quel giorno illustrato dall’ingegnere capo del Comune di Rimini, Ermete Dalprato davanti all’autorità portuale, ai circoli, ai rappresentanti delle professioni che hanno nel porto le loro attività, suddivide l’intera zona portuale in quindici diverse zone e precisamente: l’accesso al porto, il molo destro, il triangolo demaniale (grossolanamente la cosiddetta “spiaggia libera”), le banchine tra nuova darsena e molo destro, l’area del faro, la sede della Capitaneria di porto, l’area a monte della guardia costiera, l’area ex Enel, l’area dei cantieri, la sponda sinistra, il ponte della Resistenza, le banchina a monte del ponte della Resistenza, il Ponte di Tiberio, il Parco del Marecchia, la nuova darsena.

Tra tutte queste zone il Comune di Rimini individuò nel Ponte della Resistenza “il punto critico dell’area, quello che oggi fa da tappo al porto”, disse allora l’ingegner Dalprato, che illustrò anche il progetto per risolvere il problema non solo del porto ma anche del collegamento della zona nord della città con quella sud. La diapositiva che accompagnava la spiegazione degli interventi sul ponte indicava questa finalità: “Va rivista la viabilità sulla via Coletti come elemento di completamento della cosidetta ‘tangenziale marina’ attraverso la sostituzione/innalzamento del ponte e recupero delle banchine portuali per il diporto”.
In dettaglio, spiegò l’ingegnere Dalprato, si ipotizzava di innalzare o di spostare il ponte della Resistenza a fianco di quello della ferrovia, perché via Coletti, disse, è l’elemento di connessione tra Via Roma della zona sud della città e la zona nord, andando a collegarsi alla zona Peep a nord (Via Sozzi). Si sarebbe così compiuta la grande arteria di collegamento nord-sud della città e tra Rimini e Riccione, che sarebbe anche servita “ad esonerare il lungomare” dal traffico.

Lo spostamento del ponte della Resistenza, sempre secondo il “Piano Programma degli interventi nel Porto Regionale di Rimini”, consentirebbe inoltre l’impiego delle banchine a destra e a sinistra per una lunghezza di circa 300 metri, che resterebbero a disposizione del diporto per ogni tipo di imbarcazione. Con lo spostamento, o l’innalzamento, del ponte della Resistenza diventerebbe navigabile anche la porzione del canale di eccezionale valore, quella che arriva al Ponte di Tiberio, nel cuore della città storica, ridando vita al progetto Viganò degli anni Settanta.

Dodici anni dopo però il progetto del Comune di Rimini rimane ancora un intento incompiuto.
Degli interventi illustrati alla presentazione di quel Piano che doveva riqualificare la più bella porta della città hanno trovato attuazione l’avamporto, ancorché realizzato con scogliere, e la pista ciclabile in via Destra del Porto. Secondo le voci di banchina sarebbe anche imminente l’intervento nella zona di piazzale Boscovich, dove il Piano Programma degli interventi nel Porto già evidenziava la necessità di privilegiare “l’attività più strategica che su piazzale Boscovich – disse Dalprato – è senza dubbio quella turistica”.

Restano ancora sulla carta gli interventi al triangolo demaniale, cioè la zona di connessione tra il porto e la spiaggia, così come l’area del faro, dodici anni fa definito un gioiello ancora tutto da valorizzare in senso funzionale e storico.
“Da ripensare – si disse allora – è la zona della Capitaneria di porto. Liberata dalla dogana e dai tir, varrebbe la pena di pensarne l’assetto. Ad esempio il piazzale prossimo ai giardini nei quali si trova la statua di Giulietti è utilizzato come parcheggio, un impiego residuale e scorretto. Sarebbe più opportuno rafforzare il collegamento con piazzale Fellini e utilizzarla come “salotto” che conduce ai giardini Giulietti”.
In attesa di intervento è anche l’area ex Enel, che rimane “un grande vuoto” mentre, sulla sinistra del porto, sono ancora inattuati i previsti servizi per l’area portuale mentre nel tratto più adiacente al canale, dopo la riqualificazione dell’arredo mancano ancora le opere strutturali, ad esempio il recupero dei piccoli squeri che vi si trovano.

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