Il Castello di marmo: qui riposa (non in pace) l’antico fossato

Il Castello di marmo: qui riposa (non in pace) l’antico fossato

L’assenza del fossato non rende alcuna idea degli spazi e dei volumi originari e quei giardini sono una forzatura, che fa risaltare mozziconi di cordoli ricoperti di lastre di marmo, quasi un lapidario in cui riposa ciò che dal sottosuolo era giusto che fosse emerso e portato alla luce.

Non era difficile immaginare il risultato dell’intervento nell’intorno del Castello Malatestiano, spacciato come recupero del fossato. I mirabolanti renderig del Palazzo, ce lo avevano ossessivamente già anticipato, ma il risultato finale ha superato ogni aspettativa, in peggio.
Ciò che appare è una interpretazione fuorviante di ciò che quel monumento fu per la sua funzione, viziata da due gravi errori. Il primo è che l’assenza del fossato non rende alcuna idea degli spazi e dei volumi originari di quella fabbrica; il secondo è dato dal fatto che essa non doveva contenere giardini, per lo meno di tal fatta.
Invece risaltano sfacciatamente mozziconi di cordoli ricoperti di lastre di marmo, quasi un lapidario in cui riposa, non in pace, ciò che dal sottosuolo era giusto che fosse emerso e portato alla luce. La tomba della storia. Poi mesti, tristi e dozzinali giardinetti, riscontrabili in ogni piazza di nuova costruzione in ogni angolo del Paese. Ma stavolta non si può neppure parlare di spettacolarizzazione dei monumenti, perché siamo andati oltre. Qui siamo alla banalità più pura, coniugata in tutte le sue più alte forme se oltretutto si pensa che nella costruzione del Castello intervenne perfino il Brunelleschi. Poi non abbiamo ancora visto il resto a fianco, tuttora un cantiere sterrato.

Come al solito Rimini si deve accontentare al ribasso, anche per quel che riguarda ciò che ha a che fare con i propri tesori architettonici. Certo è che sarebbe stato assai meglio riscoprire tutto il fossato come era in origine e, magari, in quell’occasione sarebbero riemerse tante testimonianze storiche e culturali della città nelle varie epoche; non dimentichiamo la grande importanza che quell’area della città assunse in vari periodi storici. E ciò da poter realizzare un parco archeologico di sicuro richiamo per la nostra città, anche di un turismo colto che allo stato delle cose non si riesce ad intercettare.
Ma per far ciò occorre conoscere la storia e amarla, rispettarla e rispettare ciò che ci è stato lasciato e non cedere alla strada più facile della banalità, che a lungo – o corto –  andare porta nel nulla. E non basta neppure affermare, come qualcuno fece in occasione dell’inaugurazione della piazza delle Celle, che sentire di avere un passato è diverso da avere un passato. Qui c’è tanto passato, ma nonostante le sue grida nessuno lo sente.

Salvatore De Vita

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