Il destino dell’ex albergo Lidia e un quartiere ucciso dalla chiusura di viale Pascoli

Il destino dell’ex albergo Lidia e un quartiere ucciso dalla chiusura di viale Pascoli

Una volta, quest'area della città era di una vivacità impressionante. Ora è il deserto. Lontano dal centro di interesse turistico. "Se non escogitano qualcosa per aiutarci, presto tutti chiuderemo bottega".

All’angolo tra via Pascoli e via Praga c’è un totem di tre piani: rappresenta la condizione di molte delle attività del quartiere. Il suo status traduce con mattoni ingrigiti le tribolazioni che ha subito. L’albergo Lidia era un tre stelle. Aveva anche una caffetteria al piano strada, aperta al pubblico indigeno che la frequentava specialmente in inverno. Una decina di anni fa avviene l’inesorabile decadimento dell’albergo con conseguente chiusura e occupazione extracomunitaria abusiva con tanto di risse. Poi, finalmente, la polizia interviene e sgombera. Di norma, questa appena descritta è la successione di eventi che accomuna molti ex alberghi di Rimini.

Ma vorremmo saperne di più, di questa struttura che ha vissuto certamente ore più clementi. Parliamo al telefono con la cortese proprietaria di un hotel nelle vicinanze. Suo malgrado, la signora conosce fin troppo bene i problemi che assillano l’area di viale Pascoli. Racconta che la proprietaria del Lidia è deceduta un anno fa, ma che l’albergo era già morto anni prima. “Come mai, le chiediamo, la zona appare così depressa?” Lei ci risponde con l’enfasi di chi ha voglia di sfogare la propria amarezza: “Una volta, questo quartiere era di una vivacità impressionante: in estate ricordo il Luna Park, il venditore di cocomeri proprio accanto alla vecchia stazione del trenino che un tempo portava a San Marino, poi negozi, pensioni, un paio di pub, il fotografo, le gelaterie e le bottegucce estive improvvisate; c’era spazio per tutti e lavoro per chiunque avesse voglia di mettersi in gioco. Ora siamo nel deserto. Dimenticati da tutti e lontani dal mondo economico come se ci fossimo spostati di chilometri dal centro di interesse turistico. Le pare possibile?”

“No, in realtà non sembra vero”, concordiamo, “da ragazzini bastava attraversare i binari della ferrovia per essere avvolti dall’aroma di zucchero filato e di popcorn proveniente dai carrozzoni del Luna Park. E Bubana (il noto ristoratore) aveva cominciato a maneggiare pentole e padelle proprio qua, subito dopo il passaggio a livello, in direzione monte, sulla sinistra. Una baracca con qualche tavolo e le panche, una graticola e piatti di pesce semplice ma fresco, quanto il vino bianco nei bicchieri da osteria. Fantastico”.
“Sì, ha ragione”, conviene la signora, “io ero bambina, ma ricordo che anche quella piccola attività un po’ naïve contribuiva all’animazione del viale. Sembra passato un secolo, invece in un attimo ci siamo ritrovati tagliati fuori dal contesto economico senza la benché minima possibilità di risollevarci dalla batosta subita. Perlomeno, questo è il sentimento di molti, da queste parti”.

Continua poi con una nota di indignazione nel tono di voce: “hanno chiuso completamente il viale al transito delle auto. Avrebbero potuto renderlo percorribile almeno in un senso come hanno fatto in viale Rimembranze. Se viene a vedere, di spazio ce n’era a sufficienza per poterlo fare”, sostiene. “Noterà che il passaggio non è più stretto di quello di Bellariva”.

“Ma è sicura che non abbiano preso in esame le vostre istanze, come pure le proteste?”, chiediamo.

“No, assolutamente no. Abbiamo raccolto una quantità di firme, ma è stato tutto vano. Non hanno nemmeno preso in considerazione le nostre obiezioni, tantomeno le proposte. Oltretutto i lavori sono durati quasi due anni, ventidue mesi, per la precisione. Durante tutto quel periodo, per noi è stato il blocco totale. E ne vuole sapere un’altra, davvero curiosa? Se lei proviene dall’autostrada, attraversa via Flaminia, entra in viale Pascoli e una volta arrivato al semaforo di via Ugo Bassi/via Giuliani, si troverà davanti un cartello che segnala “MARE”.

L’indicazione è solo verso destra o verso sinistra. Come a intendere che se va diritto il mare non lo trova. Traducendo, significa che da noi lei non arriverà mai. Basterebbe indicare che se va dritto a un certo punto la strada è chiusa, però starà al guidatore decidere che fare. Magari arriva all’angolo di via Praga e gira in quella strada, dove troverà altri segnali, ma intanto è passato anche davanti al mio albergo, giusto? E si stupisce che l’hotel Lidia sia chiuso? Si guardi intorno. Potrei citarle una per una tutte le aziende serrate a causa della resezione del viale. E creda, tentiamo di resistere, ma non so per quanto tempo potremo tirare avanti, di questo passo. Siamo come rami rinsecchiti. Prima o poi ci ritroviamo tutti per terra. Ma questo non interessa a nessuno. Però le tasse per i rifiuti, la luce, il gas e via discorrendo le paghiamo come se fossimo in prima linea. Se non escogitano qualcosa per aiutarci, presto si chiuderà bottega. Nel caso, sapremo chi ringraziare. Lo scriva pure”.

Questa rubrica nasce per porre l’attenzione sulle piccole e grandi brutture, gli sfregi al patrimonio ambientale, i molti edifici trascurati (talvolta totalmente abbandonati) della nostra città. Spesso si trovano in pieno centro o nella “vetrina” turistica di Rimini. Non è disfattismo, è amore per la città bella, perché solo accendendo i riflettori sulle brutture c’è la speranza che si possano sanare le “ferite” inferte sia per mano pubblica che privata. Allinearsi al ribasso, giustificare il brutto e arrendersi all’incuria e al degrado urbano, equivarrebbe ad una sconfitta. E se ha perso la città, per dirla con Niccolò Fabi, abbiamo perso un po’ tutti noi. Ci occuperemo anche del bello, di tutto quello che merita di essere segnalato. Coinvolgeremo molto volentieri quanti vorranno inviarci materiale fotografico interessante sull’argomento: redazione@riminiduepuntozero.it

COMMENTI

DISQUS: 0