Il giallo della morte di Paolo e Francesca: una nuova ipotesi

Il giallo della morte di Paolo e Francesca: una nuova ipotesi

Una tragedia solo letteraria e poetica, ma non reale e storica, per i due famosi amanti? Giovanni Rimondini inanella documenti, date e congetture ragionevoli. Ma richiama anche l'attenzione sul settimo centenario della morte di Dante che cade il prossimo anno. E Rimini è una città di ben quattro grandi personaggi danteschi, e del tempo del poeta fiorentino conserva ancora il palatium inceptum. Qualcuno se ne ricorderà?

NUOVE IPOTESI SULLA MORTE DI FRANCESCA DA POLENTA PRIMA DEL 1270 E SULLA MORTE DI PAOLO IL BELLO MALATESTA NEL 1283 O POCO DOPO

I documenti che dovrebbero dare una verità storica alla tragedia poetica di Francesca da Polenta e Paolo Malatesta, come ci è raccontata nella Divina Commedia (Inferno V, 73-142), arrivati sino a noi sono pochi e non permettono di definire chiaramente i tempi e i luoghi della vicenda d’amore e morte dei due cognati.
Questi documenti sono solo quattro: uno del 1288 di papa Niccolò IV, relativo al matrimonio di Malatestino detto Tino, maschio primogenito di Giovanni “zotto” Malatesta, il “Gianciotto dei commentatori di Dante, e della sua seconda moglie Zambrasina; uno del 1296 di papa Bonifacio VIII, che concede la pieve di Santa Paola a Guido il secondo maschio fratello di Malatestino detto Tino; uno del 1307 che è l’atto di emancipazione dei figli e dei nipoti di Malatesta da Verucchio; e infine l’ultimo è il testamento di Malatesta da Verucchio del 1311, tutti pubblicati da Luigi Tonini, il nostro storico maggiore dell’800.
Congetturando su questi, che riguardano due figli di secondo letto di Giovanni “zotto” o Gianciotto, che permettono di farsi un’idea della cronologia delle seconde nozze del Malatesta, e quindi della cronologia della morte di Francesca, prima moglie, come sotto leggerete, la morte dei due protagonisti danteschi non appare contemporanea ma appare un distacco di circa dieci anni o meno, tra la morte di Francesca e quella di Paolo.
La tragedia quindi si rivelerebbe essere solo letteraria e poetica, non reale e storica. Non per questo le figure di Francesca e del suo tacito e lacrimoso amante sono meno vive e noi continueremo ad amarle, a commuoverci e a piangerle, come nel caso della coppia Giulietta e Romeo.

CALCOLO DELL’ETÀ DI MALATESTINO DETTO TINO E DI GUIDO ARCIPRETE DI SANTA PAOLA FIGLI DI GIOVANNI “ZOTTO” MALATESTA E DI ZAMBRASINA SUA SECONDA MOGLIE

Sull’età dei due figli di Giovanni “zotto”, il “Gianciotto” dei commentatori danteschi, abbiamo due documenti che non ci rivelano l’età dei due fratelli ma con una certa precisione il primo ci dà una data che attesta gli anni che Malatestino detto Tino ha già in quel momento, e il secondo gli anni che Guido non ha ancora per ottenere un privilegio pontificio e per ricevere gli ordini religiosi.
Attraverso ragionevoli congetture è possibile stabilire una serie di età credibili a partire da quella più vicina alla data dei due documenti. Si ottengono così per Malatestiano detto Timo, il primogenito dei maschi l’età di nascita 1275 o qualche anno precedente, e per il secondo Guido, arciprete di santa Paola – Roncofreddo – l’età di nascita 1281 o qualche anno precedente. Spiegheremo di seguito il metodo empirico seguito per ottenere queste due date 1275 e 1281. Entrambe le date attesterebbero che Francesca, prima moglie di Giovanni “zotto”, e madre di Concordia, è morta almeno prima del 1275 o prima del 1281. Sappiamo che Paolo era ancora vivo a Firenze nel 1283.
Si ricava da questi due anni 1275 e 1281 messi a confronto con l’anno 1283, che ci rivela Paolo ancora vivo, che la tragedia dei due cognati potrebbe essere solo un racconto poetico privo di fondamento storico.

IL BREVE PONTIFICIO DI PAPA NICCOLO’ IV DELL’8 AGOSTO 1288 E L’ANNO DI NASCITA DI MALATESTINO O TINO DI GIOVANNI “ZOTTO” MALATESTA MASCHIO PRIMOGENITO DELLA SECONDA MOGLIE ZAMBRASINA

Papa Niccolò IV con suo breve dell’8 agosto 1288, riassume una petizione – petitio – del nubendo Malatestino – in altri documenti detto Tino – nipote di Malatesta da Verucchio, che dal testamento dello stesso vecchione sappiamo figlio di Giovanni “zotto” e di Zambrasina sua seconda moglie, e della nubenda Agnese figlia di Corrado conte di Montefeltro, i quali gli hanno esposto che per rafforzare la pace tra i Malatesta e i Montefeltro, dopo un periodo di contrasti, avevano deciso di contrarre matrimonio, ma essendo legati dal quarto grado di consanguineità, cioè essendo cugini, ricorrevano a lui pontefice per avere la dispensa. Il breve era diretto al vescovo di Pesaro al quale il papa concedeva la facoltà di sanare il difetto di parentela.
I due Malatestino e Agnese, avendo scritto la petizione a papa Niccolò, agivano in nome proprio senza la mediazione dei genitori o di tutori, e questa iniziativa personale dei due futuri sposi ci autorizza a pensare che fossero nell’età legale, secondo il codice canonico, per contrarre in proprio il matrimonio. Tanto più che i due non chiedevano al papa di sanare il difetto dell’età legale per contrarre un matrimonio, 14 per Tino e 12 per Agnese.
E’ certo pensabile che i due nubendi avessero il consenso delle loro due grandi famiglie, ma questi accordi famigliari non erano espressi se non indirettamente nel desiderio di mettere pace tra i Malatesta e i Montefeltro.
Papa Alessandro III (papa dal 1159 al 1181) aveva stabilito che la legittima età per sposarsi senza dispense per il puer era di 14 anni, per la mulier di 12. Nel caso i nubendi non avessero l’età legale, e i genitori o i tutori agissero per loro, era necessario il permesso pontificio. Non ci sono genitori o tutori nominati nel breve pontificio, né viene chiesto di sanare il difetto d’età, siamo quindi autorizzati a pensare che Malatestino fosse formalmente autonomo e cioè avesse già 14 anni o almeno fosse entrato nei 13, che per il principio di prossimità valeva come 14.
Non era però ancora completamente emancipato, perché tutti i figli e i nipoti di Malatesta da Verucchio saranno emancipati dal vecchione solo nel 1307.
Possiamo allora indicare per corretta approssimazione la nascita di Malatestino detto Tino, sottraendo 13 a 1288, nel 1275 o in un anno anteriore. Se nel 1275 Malatestino detto Tino aveva già l’età legale dei 13 anni, era nato in un anno non dopo il 1275, ma o nel 1275 o in un anno precedente. Questa data approssimativa 1275 o uno dei precedenti ha un valore oggettivo: stabilisce con certezza il primo anno possibile o i primi anni seguenti della nascita. Al fine della nostra ricerca questa approssimazione ha un valore certo e produce un effetto preciso.
Nel testamento di Malatesta da Verucchio del 18 febbraio 1311, Malatestino risulta essere il primo dei maschi di Giovanni “zotto” e della sua seconda moglie Zambrasina, se era nato nel 1275, e primogenito, la prima moglie di Giovanni “zotto”, cioè Francesca da Polenta doveva essere morta almeno un anno prima del 1275 o uno anteriore a questa data.

IN QUALE ANNO FRANCESCA DI GUIDO DA POLENTA SI SAREBBE SPOSATA CON GIOVANNI “ZOTTO” FIGLIO DI MALATESTA DA VERUCCHIO

Seguendo il parere del nostro primo storico barocco Cesare Clementini, Luigi Tonini accetta che Francesca da Polenta sia stata maritata con Giovanni di Malatesta da Verucchio subito dopo il 1275, come compenso per l’intervento armato dello stesso Giovanni in quell’anno in aiuto a Guido da Polenta padre di Francesca nella presa del potere su Ravenna. Ma la nuova congettura sull’età di Malatestino detto Tino, se è valida, toglie credito a questo parere del Clementini. Sembra più ragionevole l’ipotesi alternativa che i due si siano sposati prima del 1275, quindi non per ringraziare per un aiuto concesso ma per renderlo possibile. Questa congettura ridurrebbe di molto la vita di Francesca spostando il suo matrimonio ai primi anni ’70 del ‘200. Anche per la nascita, il matrimonio, il parto della figlia Concordia e la supposta morte prima del 1275 possiamo fare, in questa prospettiva, delle congetture ragionevoli, o tali almeno sembrano se la data indicata della nascita di Malatestino detto Tino nel 1275 o seguenti sia certa, come sembra certa a chi scrive: supponiamo anche che Francesca sia morta di parto nel dare alla luce Concordia e che fosse primipara, cioè avesse almeno 14 anni, l’età fertile in cui le giovani cominciavano ad essere ingravidate, per l’anno del matrimonio mettiamo un anno prima della concezione di Concordia, e l’anno di nascita di Concordia coincidente con quello della morte di Francesca. Non sembrano esservi contraddizioni cronologiche o d’altro tipo.
Supponiamo ancora, nella stessa prospettiva della nascita di Malatestino detto Tino nel 1275, che Francesca fosse morta nel 1273, allora togliamo 15 anni – 14 come fertile e uno per il matrimonio, e per la nascita di Concordia e la morte dopo il parto di Francesca – e avremmo la sua data di nascita nel 1259.
Francesca figlia di Guido da Polenta, nata nel 1259, sposata nel 1271 – o altro anno vicino -, morta nel dare alla luce Concordia nel 1273. Di lei non potremmo dire nient’altro fondato storicamente.

Troppe supposizioni sulla base di un solo dato supposto certo, ricostruito con calcoli ipotetici se pur ragionevoli?
Mi rendo conto: sono supposizioni su supposizioni, seppure, ripeto, ragionevoli – o tali a me sembrano -, e ben ancorate a date certe, ma di fonti storiche non abbiamo altro, in mancanza di documenti dobbiamo spremere i pochi che ci sono arrivati e azzardare congetture. C’è poi da dire che i Malatesta portano male a molti degli storici che si occupano di loro, o almeno hanno portato male a me, sto pensando alle stupidaggini che ho pubblicato, proprio su questo argomento, negli “Studi Romagnoli”, delle quali mi vergogno, per la mancanza di cura nel valutare il documento del 1288, anche se mi piacerebbe scaricare la colpa su incantamenti della psiche onirica, e chiedo umilmente scusa.
Non vi chiedo comunque di giudicare la questione in base alla mia fama di infallibile storico locale che rivelo io stesso macchiata, ma in base alla documentazione e alle congetture ragionevoli che ho qui esposte.

Gustave Doré, Paolo e Francesca, incisione

CONGETTURE RAGIONEVOLI SULL’ETÀ DI GUIDO ARCIPRETE DI SANTA PAOLA DI RONCOFREDDO ANTE 1282 O QUALCHE ANNO PRIMA

Bonifacio VIII (papa dal 1294 al 1303) il 10 luglio 1296 concede a Guido, secondo dei maschi di Giovanni “zotto” e di Zambrasina, la pieve di santa Paola, già appartenuta allo zio Ramberto fratello di Giovanni “zotto” e figlio di Malatesta da Verucchio.
Nel documento pontificio la condizione giuridica canonica di Guido per diventare arciprete della pieve di Santa Paola viene sanata e viene rilevata la mancanza degli ordini sacri: “in ordinibus et etate defectu, cum sis infra vicesimum quintum etatis tuae annum” [per il difetto degli ordini sacri e dell’età, perché sei minore di venticinque anni].
Il papa ordina di nominare nel frattempo un vicario di Guido, addetto alle funzioni arcipretali, fino a quando Guido avrà raggiunto i venticinque anni “donec ad legitimam etatem perveneris“, e intanto il giovane Malatesta avrà raggiunto anche l’età legale per ricevere il suddiaconato, il primo degli ordini sacri, difetto di età che il papa non sana.
L’età legittima per riceve il suddiaconato nel ‘200 era di 18 – 17 anni. Supponiamo che nel 1296 Guido avesse 16 anni, sarebbe nato nel 1280, se 15 sarebbe nato nel 1281, se 14 nel 1282, se 13 nel 1283, se 12 nel 1284. L’ultima data 1284 non conferirebbe valore al ragionamento proposto. Solo le date 1280-1284 si accordano con quanto proposto, non calcolando che i due maschi potrebbero essere nati dopo le due femmine Rengarduccia e Margherita.

IN CHE ANNO È MORTO PAOLO CONTE DI GHIAGGIOLO FIGLIO DI MALATESTA DA VERUCCHIO E FRATELLO DI GIOVANNI “ZOTTO”

Gli ultimi documenti che ci informano su Paolo conte di Ghiaggiolo – oggi Giaggiolo -, come scrive il Tonini, sono relativi a una sua nomina di Capitaneus Populi et Comunis et Conservator pacis civitatis Florentiae il 22 dicembre del 1282. Si era licenziato dall’importante incarico il primo febbraio 1283.
Anna Falcioni aggiunge che Paolo aveva ricevuto una ferita di balestra mentre comandava le milizie fiorentine nel gennaio del 1283 nell’assedio di Castiglion della Pescaia.
Forse Paolo è morto nel 1283 proprio a causa della ferita di balestra, oppure in uno degli anni successivi. Dopo il 1283 di lui non si hanno più notizie da vivo.

LA DIFFERENZA DELL’ANNO DI MORTE DI FRANCESCA E DI PAOLO E LA CREDIBILITÀ STORICA DELLA DIVINA COMMEDIA

Notate la mia presunzione, un povero domicellus sedicente storico locale, con un precedente ignobile fallimento sullo stesso tema, osa affrontare i raffinati, ma un po’ ingenui, storici e critici del mainstream dantesco, che anche a Rimini sentenziano: “Dante non si tocca”.
Invece si ‘toccano’ anche i testi sacri, figurarsi un testo letterario sia pure immenso e sublime come la Divina Commedia. Certamente sono consapevole di correre un rischio, quello di essere sputtanato, a Rimini almeno, nei secoli. Mi è già successo, senza mie colpe come questa volta, per altri argomenti nuovi che ho affrontato. Nessuna affermazione comunque del tipo “Sigismondo Pandolfo Malatesta ha scoperto l’America” sostenuta sulla base di una macchia che assomiglia ai contorni della Florida nell’affresco di Piero della Francesca, attualmente spostato da dove il pittore l’aveva dipinto nel Tempio Malatestiano. Insomma non mi sembra di appartenere ai gironi bassi della storia locale. Appartengo ai gironi medi, come si direbbe nell’ambito sociale di uno che è un piccolo borghese, con una cultura a base filologica e, purtroppo per me, accanito sostenitore di novità che gli sembrano ragionevolmente fondate.
L'”incesta fiamma” degli “infelici cognati” “argomento dei più bei versi che l’uomo scrisse giammai”, parole di Luigi Tonini, è un racconto letterario bellissimo, sublime ma sul quale bisogna almeno sospendere il giudizio di verità storica. Ecco tutto.

LA “DIVINA COMMEDIA” NON È UNA FONTE STORICA SENZA PROBLEMI

Dante non rispetta la verità storica?
La medievista Gina Fasoli, mia maestra nell’Università di Bologna, a mia conoscenza, è stata l’unica ad occuparsi del valore storico delle affermazioni di Dante, negando il valore oggettivo dei suoi “giudizi lapidari”, fondati come sono:

“su una conoscenza della storia assai spesso imperfetta e lacunosa, e ancor più spesso sentita in funzione della politica attiva… in sede storica le scelte dantesche assumono il valore di testimonianza di un modo di vedere e di sentire parziale, tendenzioso, fazioso, che non è proprio soltanto di Dante, ma è variamente condiviso da tutti gli uomini del suo tempo: un passionale modo di vedere che è conseguente ad un orientamento politico ed è a sua volta stimolo di un’ulteriore azione politica.”

Riguardo poi al rapporto di Dante con i Malatesta, in particolare col “mastin vecchio e il nuovo da Verucchio” (Inferno XXVII,46-48), Malatesta da Verucchio, col figlio Malatestino assimilato nel nome ad un cane feroce, e lo stesso Malatestino definito anche “quel traditor che vede pur con l’uno” (Inferno XXVIII,76-90), la mancanza di un occhio detta come un insulto, e con Giovanni “zotto”, uxoricida e fratricida, condannato senza nominarlo alla Caina da vivo, per non parlare di Paolo silenzioso piangente, adultero (Inferno V,73-142), la Fasoli scrive:

“Resta da sapersi perché ce l’aveva tanto con i Malatesta, i quali non erano fior di gentiluomini e di galantuomini, ma non erano né meglio né peggio di tanti altri signorotti della regione.”

Una domanda retorica. Certamente la Fasoli conosceva le ragioni di questa inimicizia, Malatestino con armati era entrato in Firenze al seguito di Carlo di Valois, fratello di Filippo il Bello re di Francia, nel 1301, mandato da Bonifacio VIII nella città di Dante per rovesciare il governo dei guelfi bianchi, e per mettere in signoria i guelfi neri. Dante, guelfo bianco, in quel momento era a Roma, non tornò più a Firenze, in contumacia era stato condannato all’esilio.

Dante ce l’aveva anche con la casa reale francese, nemica degli imperatori Svevi, tanto da far pronunciare a Hugues Capet, che lui chiama Ugo Ciappetta, capostipite dell’ultima articolata dinastia regale francese la “radice della mala pianta” dei re di Francia, la confessione di un’origine meno che umile: “figliol fui d’un beccaio di Parigi (Purgatorio XX, 25-123)”.
Il poeta cacciato da Firenze era diventato di sentimenti ghibellini e di prospettive politiche filoimperiali.
Calunnia simmetrica contro l’imperatore Federico II di Svevia era stata enunciata da un frate francescano di Parma, Salimbene de Adam, guelfo di sentimenti politici:

“Iesi è la città nella quale nacque l’imperatore Federico. E correva tra il popolo la voce ch’el fosse el figlio de un tal beccaro di Iesi: per via che donna Costanza imperatrice si era di molti giorni e annosa assai quando aveva sposato l’imperatore Enrico: altro figlio o figliola, oltre a questo, non ebbe più.”

Gustave Doré, Dante, incisione

2021. SETTIMO CENTENARIO DELLA MORTE DI DANTE, NATO A FIRENZE NEL 1265 MORTO A RAVENNA NEL 1321

Ricordo il settimo centenario della nascita di Dante nel 1965, avevo 24 anni e ho assistito a Ravenna alle celebrazioni che si svolgevano, se ricordo bene, nel convento di San Francesco, vicino alla tomba del grandissimo poeta. O erano nella Biblioteca Classense? Mi aveva indignato il discorso di un giovane professore americano che prendeva le distanze da Dante, di cui non poteva condividere, disse, l’immaginario religioso sadico infernale.
Ero ancora criticamente crociano, lo sono ancora, temo, per me la storia non contava trattandosi di arte, e oltre all’offesa narcisistica nazionale, non potevo capire quell’irruzione del contemporaneo nel medioevo e nella pura poesia. Più tardi ho letto più volte che per gli Yankee letterati dell’impero padrone del mondo il vero poeta della modernità è Shakespeare. Devo averlo letto da qualche parte in un testo di Harold Bloom.

Ignoro se l’Amministrazione comunale di Rimini abbia in programma una qualche iniziativa. Rimini, come anticipato, è una città di ben quattro grandi personaggi danteschi, e del tempo del poeta fiorentino conserva ancora il palatium inceptum una delle residenze dei Malatesta e di Malatesta da Verucchio.
Un ritrovamento di una epigrafe di Giovanni “zotto” a Pesaro, dove era podestà, datata 1296, orientò la maggior parte degli studiosi locali del passato a immaginare che il luogo del grave delitto fosse stata la rocca di Gradara, dove Giovanni avrebbe potuto tenere la sua famiglia quando era podestà di Pesaro. Ma prima di allora gli studiosi avevano supposto che il delitto fosse stato consumato o nelle case del da Verucchio, delle quali è rimasto appunto il palatium inceptum, identificato da Angelo Turchini tra i tre nominati nel testamento, oppure nelle case di Giovanni “zotto” che erano vicino e sopra l’antica porta Montanara in via Garibaldi. Al tempo di Sigismondo Pandolfo quell’area comprendeva le Case Rosse, che gli appartenevano, dove oggi c’è la casa del dottor Giovanni Morolli.

OCCULTAMENTO DEL PALTIUM INCEPTUM DI MALATESTA DA VERUCCHIO NEL CUORE DI CASTEL SISMONDO

Il palatium inceptum, il palazzo incominciato al tempo del testamento e della morte di Malatesta da Verucchio esiste ancora nel cuore di Castel Sismondo. Sigismondo Pandolfo Malatesta ha costruito la sua rocca proprio intorno al palatium inceptum. Nel gran vuoto centrale, coperto nel Seicento da volte, crollate e di recente ripristinate, si vedono, ancora per poco, i due piani del palazzo trecentesco con la piccola ma bellissima porta magna ogivale, e le finestre dei due piani inserite nel muro con luci ad arco ribassato e i muriccioli di mattone per sedersi ai lati. Oltre queste finestre si vedono i muri più spessi dei rinforzi quattrocenteschi.
Ma proprio nell’anno del centenario il palatium inceptum sarà non distrutto ma nascosto dagli arredi del terzo museo dedicato a Federico Fellini. Che figura faremo, agli occhi degli esperti letterati danteschi di tutta l’Europa e degli States che verranno a Rimini?

Bibliografia

Alessandro Giraudo, L’impedimento di età nel matrimonio camonico (can.1083). Evoluzione storica e analisi delle problematiche attuali della dottrina e della prassi, Editrice Pontifica Università Gregoriana, Roma 2007, p. 497.

Luigi Tonini, Rimini nella storia dei Malatesti, parte prima che comprende il secolo 14° Appendice di documenti…, Rimini 1880, pp. 20-21.

Luigi Tonini, Rimini nel secolo XIII. Ossia volume terzo della storia civile e sacra riminese con Appendice di documenti, Rimini 1862,

Giovanni Rimondini, “Vecchie” novità e nuovi problemi storiografici sui Malatesti e Verucchio, in “Studi Romagnoli” LIV (2003), Stilgraf – Cesena – 2006. In questo breve intervento ho recuperato una notizia, nota nell’800, della parentela dei Malatesta con i conti di Ghiaggiolo prima del matrimonio di Orabile e Paolo, poi ho perso la facoltà critica nell’esame del documento del 1288 e ho pensato a 7 anni com’età di Maltestino detto Tino.

Luigi Tomini, pp. 21 e ss.

Francesco Foramiti, Enciclopedia legale, Venezia s.a., p.358.

Luigi Tonini, Storia Civile e Sacra riminese. 3. Rimini nel secolo 13°, 1862, ed. anastatica, Ghigi, Rimini 1971, pp. 652-653.

Anna Falcioni, MALATESTA, Paolo detto Paolo il Bello, in Dizionario Biografico degli Italiani, vol. 68 (2007) on line.

Gina Fasoli, Momenti di storia della Divina Commedia, in “Convivium“ n.s. VI (1959), pp. 650-651

Gina Fasoli, La “Divina Commedia” come fonte storica, in “ Convivium“ n.s. VI (1956) p. 666.

Dino Compagni, Cronica delle cose occorrenti ne’ tempi suoi, Biblioteca Universale Rizzoli, Milano 1965, p. 74.

Salimbene de Adam, La Cronaca, Garzanti, Milano 1964, p. 25.

Immagini: Gustave Doré, Divina Commedia, incisioni

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