Il Kursaal muore, l’hotel di lusso non nasce: il declino della R.e.m.a.

Il Kursaal muore, l’hotel di lusso non nasce: il declino della R.e.m.a.

Terza e ultima parte dell'articolo di Giovanni Rimondini sulle vicende post belliche che hanno interessato (e interessano ancora) la Marina di Rimini: la vicenda della distruzione del Kursaal, l'arrivo dell'esperto di giardini Pietro Porcinai e la definitiva partenza del sindaco Cesare Bianchini, espulso dal partito comunista “per indegnità morale e politica”.

LA DISTRUZIONE DEL KURSAAL 1948

Sul fenomeno politico e sociale complessivo della distruzione del Kursaal ha pubblicato l’essenziale Manlio Masini nel capitolo Kursaal addio del volumetto Rimini allo sbando: Kursaal addio! Da Clari a Ceccaroni tra macerie e caos pubblicato da Guaraldi nel 1992, dove tra l’altro si rende giustizia a uno dei pochi che si opposero alla distruzione, il comunista presidente dell’Azienda di Soggiorno Gino Pagliarani. Rimedio qui ad una mia mancanza di citazione nel volumetto un po’ frettoloso “Più grande e più bella di prima” già citato, dove mi ero limitato a lavorare sui verbali della Giunta e del Consiglio Comunale, consultati per realizzare alcuni articoli sulla “Voce”, che poi non feci, senza tener conto della precedente storiografia come avrei dovuto fare.

Come abbiamo visto, fu certamente l’architetto ‘razionalista’, ‘modernista’ Giuseppe Vaccaro a richiedere espressamente l’eliminazione del Kursaal nell’area dove doveva affacciarsi il suo Grande Albergo.
Nel Consiglio Comunale del 3 febbraio 1948 venne discussa la proposta di demolizione del Kursaal nell’ambito delle varianti del progetto di ricostruzione. Così il sindaco Bianchini:

“premesso che il progetto di varianti al piano di ricostruzione della città per la zona concernente la Marina centro, in corso di approvazione, presso il Ministero competente, elaborato dagli architetti [Melchiorre] Bega e [Giuseppe] Vaccaro, prevede, nel quadro determinato della concezione generale, che è quello di dare al Centro Marina più ampio respiro ed il carattere di grandiosità che è indispensabile presupposto per la creazione della grande spiaggia internazionale, la demolizione del Kursaal, poiché tale costruzione costituisce una stridente stonatura architettonica con gli elementi già in atto del suddetto piano, e precisamente con la costruzione del Grande Albergo di lusso e del complesso di edifici che sorgeranno nel tratto Kursaal-Ausa…”

Veduta aerea di Marina anni ’30, sistemazione del podestà Pietro Palloni

Non sarà il solo caso di un sindaco di Rimini che si attribuisce competenze in campo di storia e architettura e decide di distruggere o manipolare in tutto o in parte edifici storici dell’importanza non favolosa ma certamente notevole di Gaetano Urbani, oppure, come in tempi recenti, il favoloso Castel Sismondo di Filippo Brunelleschi condannato ai ciaffi del ‘terzo’ museo Fellini. Il Kursaal poteva vantare i suoi quarti di nobiltà. Era stato costruito come nuovo Stabilimento Bagni negli anni ’70 dell’Ottocento dall’ingegnere comunale Gaetano Urbani (1823-1879), allievo a Roma nel 1848 di Luigi Poletti, autore com’è ben noto del teatro comunale.
Era il momento in cui il Comune aveva con lungimiranza deciso di rilevare lo Stabilimento balneare dai conti Alessandro e Ruggero Baldini, che l’avevano impiantato con Claudio Tintori nel 1843, e di investire più di un milione di lire, come si diceva, nella trasformazione in cittadina giardino del centro di Marina. Gaetano Urbani era andato con alcuni amministratori a visitare le nuove costruzioni balneari della Toscana, della Liguria e della Costa Azzurra. Aveva tracciato il cuore di un piano regolatore di Marina, costruendo il nuovo grandioso – per Rimini – Stabilimento Balneare – che si sarebbe chiamato nei primi del ‘900 Kursaal -, un riconoscibile omaggio al suo maestro Luigi Poletti. Un turista balneare con sensibilità architettoniche che avesse preso il tram a cavalli in piazza Cavour, davanti al municipio, e poi si fosse fatto trasportare per via Principe Umberto – oggi papa Giovanni XXIII – e per il viale Principe Amedeo fino al piazzale dello Stabilimento, avrebbe notata all’arrivo la risonanza polettiana di questa costruzione. Lo Stabilimento era affiancato da altri progetti dell’Urbani, dalla Capanna Svizzera, un edificio ‘bizzarro’ – avrebbero potuto chiamarlo la Sinagoga, per le stelle di Davide che ornavano le aperture circolari della torretta – che verrà affittato a un ristorante, e dall’Idroterapico, un edificio per le cure con l’acqua di mare, entrambi progetti dell’Urbani. Tutte costruzioni scomparse, ma dei molti progetti dell’Urbani sono rimaste due ville, progettate in quegli anni: villa Baldini-Lega, la prima alla sinistra della fine del viale Principe Amedeo e villa Solinas oggi Maggioli, recentemente restaurate.
Nei miei appunti non trovo i risultati della votazione; mi par di ricordare che il gruppo democristiano si fosse astenuto o avesse votato contro. La Prefettura aveva annunciato il suo veto – forse era intervenuto il Soprintendente ai Monumenti – annullando le delibere comunali per “difetto di legittimità”. Ma le cose precipitarono.

Lo Stabilimento Balneare poi Kursaal di Gaetano Urbani primi anni ’70 dell’800, distrutto nel 1948

Nel Consiglio Comunale del 13 marzo 1948, viene comunicato che un gruppo di operai senza lavoro assistiti dall’Ingegnere comunale hanno cominciato a demolire il Kursaal, dividendosi i materiali di risulta che potevano essere venduti: “gli operai si pagano in natura”. I consiglieri dell’opposizione protestano e minacciano denunce perché vengono commessi diversi reati: la demolizione non autorizzata, il furto di materiale comunale, l’intervento dell’Ingegnere comunale Pietro Ricci, repubblicano – il grillo parlante fin dagli anni della “Nuova Rimini” – rilevò che si trattava anche di un altro reato, il sindaco poteva essere denunciato per “omessa denuncia di reato” e sostenne che bisognava fermare gli operai. Il consigliere democristiano Babbi chiedeva conto all’Ingegnere comunale della sua iniziativa, gravissima, di partecipazione alla distruzione di un patrimonio comunale senza autorizzazione. L’assessore Meluzzi difese l’ingegnere affermando che non aveva “consegnato i lavori” agli operai, cioè il Kursaal per la demolizione, ma era intervenuto “per impedire la mala esecuzione”, perché nessuno si facesse male. Il sindaco non intervenne “per grave afonia”. 18 consiglieri votarono in favore della sanatoria del fatto compiuto, 10 contro. E il Kursaal sparì. Poi, nella ricostruzione e dopo, sarebbero spariti alcuni palazzi patrizi, il palazzo del Cimiero, divenuto episcopio, la principale residenza dei Malatesta, sui cui muri, forse, scialbati e ricoperti, potevano esserci affreschi di Gentile da Fabriano, Pisanello, Ghiberti, Piero della Francesca, per non parlare dei pittori del Trecento riminesi e bolognesi. Negli anni ’70 stava per sparire l’intero Borgo San Giuliano. E di recente conosciamo la disinvoltura con cui il sindaco pro tempore, che ha la sua vision esclusiva di come deve essere la ‘sua’ e nostra Rimini, ha messo mano al contesto del ponte di Augusto e Tiberio – che poi erano due antiche carogne politiche, per altro – e a Castel Sismondo. Sigismondo Pandolfo Malatesta non era certo un santo, ma con l’aiuto dello storico Giovanni Soranzo, sappiamo che non era nemmeno “il Lupo di Rimini”.

L’INTERVENTO DELL’ESPERTO DEL VERDE PIETRO PORCINAI 1948-1949

L’arrivo a Rimini del nostro maggiore esperto di sistemazione di giardini Pietro Porcinai (1910-1986) fu un effetto positivo della distruzione del Kursaal. Il Porcinai, che gode la fama di essere stato il più grande esperto italiano di progettazione di parchi e giardini del ‘900, fu chiamato per dare un parere ben strano. Gli chiesero se la distruzione del Kursaal avrebbe recato danno alle piante del giardino di Marina, eliminando un frangivento. Poi gli proposero di organizzare il giardino intorno al vuoto lasciato dal Kursaal, e di dare consigli sull’alberatura del viale Principe Amedeo e sui pini dei due viali del Borgo San Giuliano.

Pietro Porcinai, sistemazione del verde di Viale Principe Amedeo, 1948

Nella seduta del Consiglio Comunale del 5 gennaio 1949 veniva trattato l’ordine del giorno dell’ampliamento del Parco di Marina Centro, secondo il progetto del “Prof. Arch. Pietro Porcinai (specialista)”. L’esperto di giardini, che non era né professore né architetto, ma perito agrario, progettò il verde dell’attuale piazzale Fellini, già piazzale del Risorgimento.
Gli alberi già in loco vennero rispettati e mantenuti vivi; le novità consistevano nella nuova organizzazione delle aree alberate e nella distribuzione dei prati e cespugli. Porcinai scelse i pini di Aleppo e le tamerici nell’area vicina al mare, con pioppi a protezione temporanea. Le “masse di sottobosco” erano formate da “cespugli di lecci, pitosforo, ginepro del tipo Sabina prostrata e cineraria marittima”. I prati erano previsti di aragrostis cilindrica, e con tappeti di oxalia floribunada rossa. Qua e là si dovevano creare “pianoletti di sosta, riparo e svago”.

Stampa colorata di fine ‘800, con la rappresentazione dei giardini

Pietro Porcinai fu impegnato anche negli anni ’70 per la creazione del Parco Marecchia a monte del ponte romano. Anche in quel parco Porcinai rispettò gli alberi spontanei e la loro ‘casuale’ aggregazione in grandi prati verdi.

LA LIQUIDAZIONE DELLA R.E.M.A.

Nel Consiglio del 16 febbraio 1948, l’assessore socialista Mario Macina proponeva di mettere un termine al rapporto con la R.E.M.A. perché dal giorno della convenzione, il 25 maggio 1947, “aveva fatto ben poca cosa”. Il sindaco Bianchini ricordava che la R.E.M.A. si era obbligata a costruire un “grande albergo di lusso” entro il 30 aprile del 1949 “oggi chiede di poter vendere il Grande-Bar-Caffè ed i negozi in corso di costruzione, prima di avere costruito il piano e mezzo del grande albergo di lusso (posto come clausola contrattuale) per sopraggiunte difficoltà economiche di carattere momentaneo.”
Il consiglio comunale approvò all’unanimità la variante della convenzione.
Le difficoltà economiche però non erano momentanee e la R.E.M.A. non era in grado di costruire, per mancanza di denaro, sul terreno parte regalato e parte venduto a prezzi stracciati dal Comune, il “grande albergo di lusso” per il quale avevano distrutto il Kursaal.
Malgrado la variante della convenzione con la R.E.M.A. alla fine fosse stata approvata, il malumore dei consiglieri per l'”inadempienza della società” si era manifestato e doveva durare. Alcuni consiglieri esigevano che il Comune chiedesse come garanzia il corrispettivo del valore dei terreni dati alla società, e si parlava di 40 milioni.
Devo confessare che quando consultai la prima volta i verbali della Giunta e del Consiglio non trascrissi tutto quello che c’era sulla “vertenza” con la R.E.M.A. Pochi giorni fa sono andato nel labirinto dell’ex Albergo Aquila d’oro, dove sono i nuovi uffici dell’archivio comunale corrente per consultare di nuovo gli atti di quegli anni, ma purtroppo per lavori in corso – che ho visto – gli atti della Giunta e del Consiglio non sono accessibili. Quindi trascrivo solo dagli appunti che avevo preso. Ho l’impressione che, se sono vere le voci di un acquisto da parte di un privato dei diritti della R.E.M.A. evidentemente per recuperare alla proprietà privata i giardini in fregio al Lungomare tra Marina Centro e lo sbocco antico dell’Ausa, questa vertenza debba presto riaprisi e quindi politici e legali ci forniranno i dati completi. Se non sono voci vere tanto meglio per tutti.

Pietro Porcinai, il giardino dell’area dell’ex Kursaal

Nella seduta di consiglio comunale del 9 gennaio 1951, si discusse della vertenza R.E.M.A, riassumendo tutta la vicenda. Oltre agli atti che conosciamo già, vien detto che la R.E.M.A. aveva fatto causa al Comune “intesa a promuovere la soluzione del contratto 1 aprile 1949 – a me ignoto – per colpa del comune.” Il Comune aveva resistito in giudizio, ora si doveva discutere uno schema di convenzione proposto “dai legali delle parti” in sei punti:
1) Risoluzione consensuale del contratto 1 aprile 1948 con effetto 7 dicembre 1950.
2) Retrocessione al Comune delle aree non costruite.
3) Cessione al Comune, contro rimborso delle sole spese dei progetti.
4) Restituzione alla R.E.M.A. della quarta parte della cauzione di £. 2.000.000 da essa prestata.
5) Abbandono lite con compensazione di spesa.
6) Ripartizione a metà delle spese dell’atto di transazione.
Evidentemente approvato lo schema di convenzione, il consiglio comunale passò al nuovo punto: “Studio di destinazione delle aree R.E.M.A.”

LE DIMISSIONI DEL SINDACO CESARE BIANCHINI 1948

Cesare Bianchini non era stato un sindaco dalle grandi idee amministrative, non aveva una vision qualsiasi della città rinata e i suoi contatti personali con gli affaristi risultavano inquietanti. La sua rovina venne progettata dalla Federazione comunista di Forlì, in particolare da Ilaro Tabarri, il proconsole del partito, che la perseguì in due o tre fasi. La prima mossa fu l’accusa di “danneggiare” il partito millantando un titolo di studio che non gli competeva. Come abbiamo visto già da assessore e poi da sindaco il Bianchini, che aveva un titolo svizzero di perito, si faceva chiamare o lasciava che lo chiamassero ingegnere. Poi le accuse si fecero più pesanti, concernevano le sue attività solitarie di contatti con gli affaristi – “senza avvertire il partito” – e il coinvolgimento con la C.I.T.A.R.
Come usavano i comunisti, lo misero sotto processo nella sua cellula e poi nella sua sezione i suoi compagni lo giudicarono. Le accuse erano provate e si arrivò all’espulsione “per indegnità morale e politica”.
Intanto il Bianchini nel consiglio comunale dell’8 novembre 1948 aveva dato le dimissioni da sindaco “per motivi di salute”.
Subito dopo le dimissioni, Cesare Bianchini emigrò nell’America del sud. Sparì proprio dall’ambiente riminese come un fuggitivo. Morì a Campinas in Brasile il 17 maggio 2001.
Il partito di Forlì però temeva sempre la popolarità del Bianchini e aveva coscienza delle scarse simpatie riminesi del sindaco che lo aveva sostituito, il cesenate Walter Ceccaroni, per cui organizzò una strategia di “popolarizzazione” per il nuovo sindaco ventenne.

3° e ultima parte ( e )

Fotografia d’apertura: Guglielmo Bilancioni, anni ’70, veduta dello Stabilimento Balneare Comunale poi Kursaal, in primo piano a destra una delle quattro prime palme venute a Rimini

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