Il ponte di Verucchio già «riaperto»? No, ma «potrebbe riaprire»

Il ponte di Verucchio già «riaperto»? No, ma «potrebbe riaprire»

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Nella rassegna di oggi segnali di attesa (e di nervosismo) per l’infrastruttura di viabilità chiusa il 20 dicembre. Santi: «riaprire anche ai camion e senza limitazioni entro la fine del 2020».

Riminesiduepuntozero, buongiorno.
Evviva! Riaperto il ponte di Verucchio! E’ il primo mattino di martedì 14 gennaio 2020 e ci stropicciamo gli occhi per essere sicuri di aver letto bene. Ma sì, il titolone del Resto del Carlino parla chiaro: «Il ponte riaperto a tempo record». Vuoi vedere che gli amministratori del Pd han fatto il miracolo? Neanche il tempo di darci un pizzicotto, per essere certi di non sognare, che ci imbattiamo in un verbo al futuro, nel sottotitolo: «Il traffico sarà ripristinato già a fine mese». L’entusiasmo iniziale per il «ponte riaperto» si attenua lievemente, ma subito veniamo (quasi) rincuorati da una dichiarazione di Riziero Santi a chiusura del sottotitolo: «Domani il vertice per decidere». Decidere de che? Se è riaperto, cosa c’è da decidere?
Allora decidiamo noi: ci tuffiamo nella lettura dell’articolo, fra l’altro ritenendo ingiusto che sia stato relegato nella lontanissima pagina mille del giornale, dedicata alle cronache da Santarcangelo-Valle Marecchia. Essendo diventato anche un tema di politica regional-nazionale, il ponte di Verucchio riaperto meritava la prima pagina.
Ma ecco che in fondo alla prima riga i modi verbali della certezza lasciano spazio al ben più molle modo “condizionale”: il ponte «potrebbe riaprire presto». Ohibò, ma non era «riaperto» nel titolo? E’ «riaperto» o «potrebbe riaprire»?
Pensiamo e ci ripensiamo, ne parliamo con qualcuno. «Riaperto» è voce del verbo riaprire, modo “participio”, tempo passato. Stampare la frase «il ponte riaperto a tempo record» fa pensare al lettore «il ponte è stato riaperto» ovvero «il ponte è riaperto».
Restiamo con l’incertezza e allora ci rituffiamo nella lettura, per capirci qualcosa di più.
«Domani si svolgerà un nuovo vertice con tutte le ditte al lavoro», «i cantieri non sono mai fermati, sono andati avanti per tutto il fine settimana», ah però, buono a sapersi, per una volta i lavori pubblici proseguono anche il sabato e la domenica; «in Provincia c’è un certo ottimismo», mica cavoli.
Colui che non perde tempo a pettinare bambole ma riapre ponti, il presidente della Provincia Riziero Santi, «mette le mani avanti» e dichiara pensoso: «Non voglio sbilanciarmi in questo momento, prima vogliamo avere tutte le relazioni dei tecnici e delle ditte al lavoro sul ponte, poi prenderemo la decisione al termine della riunione di domani. La mia, anzi la nostra speranza è quella di riaprire il ponte al traffico nel tempo più breve possibile».
Ahia, qua le cose si complicano: siamo passati dal participio passato (un fatto già avvenuto) del titolo, all’indicativo futuro del sottotitolo (sarà), al condizionale presente (potrebbe riaprire), per poi atterrare in una «speranza», affidata al modo infinito («riaprire»).
Riaprire, sì, ma quando? «Nel tempo più breve possibile»: tante grazie.
I cronisti ci infondono coraggio: «inizialmente si era parlato di almeno 2 o 3 mesi», vale a dire non prima del 20 febbraio 2020, «ma i lavori fatti negli ultimi giorni e i riscontri avuti hanno aperto lo spiraglio per la riapertura anticipata». Insomma siamo in anticipo, è certo, altro che «mani avanti» del maneggione Santi.
Attenzione, però: «in ogni caso, anche una volta che il viadotto sarà di nuovo transitabile i lavori per il suo consolidamento e la messa in sicurezza andranno avanti per mesi». Cioè è riaperto o sarà presto riaperto, in anticipo, ma in attesa della «messa in sicurezza».
Riaperto ma non del tutto sicuro? Le ultime frasi ci lasciano un po’ confusi.
L’articolo si incarica di tagliare la testa al toro: «il ponte, da quanto trapela, potrebbe riaprire alla circolazione (aridaje con il condizionale, ndr), seppur con il senso unico alternato e altre limitazioni (come il divieto per i mezzi pesanti) già la settimana prossima o comunque entro la fine del mese».
Quindi: no camioncini né camion (cioè chi ha la partita Iva e trasporta qualcosa non passa), senso unico alternato, «entro la fine» di gennaio 2020. Anziché «due o tre mesi» sarebbe occorso un mese (dal 20 dicembre). Giusto in tempo perché i riminesi possano andare a votare domenica 26 gennaio con il cuore sollevato e con la Santi benedizione.
Il quale Santi, mettendo le mani molto ma molto avanti, chiude l’articolo promettendo la riapertura del ponte ai camion e senza più il senso unico alternato «entro la fine dell’anno», 31 dicembre 2020.
Il che significherebbe che per la vera riapertura del ponte sarebbero occorsi non «due o tre mesi», né uno solo, bensì più di dodici mesi. Ma sono quisquilie, pinzillacchere.

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