Il San Girolamo svelato

Il San Girolamo svelato

Si è svolta ieri la presentazione del magnifico bronzetto di San Girolamo, con gli interventi dello storico dell'arte Pier Giorgio Pasini, di Lorenzo Morigi, curatore del restauro, e del presidente della Confraternita Marco Ferrini. Che in questa intervista racconta l'operazione che ha donato nuova vita al piccolo capolavoro rinascimentale. Un'opera "eccezionale" e che merita "ricerche approfondite” secondo un esperto del calibro di Matteo Ceriana.

Siamo all’interno del settecentesco Oratorio di San Giovannino, uno dei tre siti della nostra città che la scorsa settimana, grazie alle Giornate di Primavera del F.A.I., ha catturato l’interesse dei visitatori. Circa 1500 persone si sono messe ordinatamente in fila per visitarlo. Tanto per cambiare, la Cultura “paga”.

La Chiesa di San Girolamo in una immagine di fine ‘800 tratta dal fondo Pietro Poppi (1833-1914) e gentilmente concessa da “Collezioni d’Arte e di Storia della Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna”

Il piccolo oratorio è ciò che rimane di uno scenografico complesso chiesastico il cui corpo principale risaliva alla prima metà del seicento. In esso, distrutto dai bombardamenti del secondo conflitto mondiale, erano contenute opere di grande pregio come il “San Girolamo nel deserto” del Guercino (1591-1666), un dipinto del Centino (1638?-1675?), disegni di Gaetano Stegani (1719-1787), meravigliosi codici miniati e altri lavori, in parte recuperati e posti in sedi diverse. L’edificio ha visto l’ultima ristrutturazione nel 2008 a opera dell’architetto Francesco Baldi che ha anche ridisegnato in chiave moderna eleganti stalli che contengono i mirabili dipinti di Cesare Pronti (1626-1708), già allievo del Guercino.

Il luogo è sede dell’attiva “Confraternita di San Girolamo e della Santissima Trinità”. Prima che cominci la presentazione de “Il Capolavoro svelato”, poniamo alcune domande al dottor Marco Ferrini, presidente della Confraternita di San Girolamo; riguardano i lavori che hanno donato nuova vita al piccolo bronzo rinascimentale (poco più alto di 20 centimetri). Non prima però di avere anche qualche ragguaglio di carattere generale.

La bolla di Papa Eugenio VI risalente al 1442.

Potrebbe dirci quando è nato il vostro sodalizio, tuttora molto vitale?
“La congregazione fu riconosciuta giuridicamente con bolla di Papa Eugenio VI il 2 di giugno del 1442 con il titolo di “Venerabile Confraternita di San Girolamo”. Durante i quasi sei secoli di vita, naturalmente il sodalizio ha vissuto varie traversìe, ma siamo ancora qua per onorare gli stessi princìpi per i quali è stato fondato”.

Tra le vostre missioni è contemplata la cura dei beni culturali. La pregevole pila unanimemente attribuita ad Antonio Rossellino è uno di questi. Con il restauro del bronzetto si chiude un cerchio?
“L’acquasantiera viene restaurata nel 2001 in occasione della mostra a Castel Sismondo “Il Potere, le Arti, la Guerra: lo splendore dei Malatesta”. Il bronzetto che sormonta la sfera di marmo nero sospesa sopra il bacile, non ha invece mai subìto interventi di restauro; addirittura non è mai stato nemmeno ripulito. Da 7 o 8 anni a questa parte si pensava di farlo tornare all’antico splendore, ma i fondi, come sempre, non c’erano. Un bel giorno, l’imprenditore Rino Mini (Galvanina S.p.A.) si è detto disponibile, con molto entusiasmo e generosità, a finanziarne il restauro. Gliene siamo veramente grati. E con questo gesto, Mini lascerà un proprio segno nel campo della cultura, la qual cosa, quando accade è sempre meritoria e degna di nota. Vogliamo ringraziarlo con tutto il cuore per questo gesto di autentico mecenatismo.
La vicenda del bronzetto, per ovvie ragioni ha seguito la tormentata vita della pregevole pila. Inizialmente la scultura è nella Chiesa dei Romiti di San Girolamo sul colle di Covignano, sorto in località Paradiso su terreno concesso da Carlo Malatesti alla fine del 1300. L’acquasantiera viene portata a Rimini nei primi anni dell’800 e posta nell’oratorio dedicato allo stesso santo di quello da cui proviene. Poiché non è possibile trasportarla per metterla in salvo dai bombardamenti come fecero per tante altre opere d’arte, i confratelli creano una sorta di camera di sicurezza con mattoncini per proteggerla dalle schegge. Invece, purtroppo la pila crolla con il pavimento e sprofonda nella sottostante cripta di San Primo martire. Pur subendo danni, la struttura portante subirà restauri, ma nell’insieme riesce miracolosamente a salvarsi.”.
Non per nulla, proviene dal colle Paradiso… (ndr).

Il presidente della Confraternita di San Girolamo, Marco Ferrini

Gli anni del conflitto mondiale sono stati terribili; non solo per gli uomini, ma anche per le opere d’arte. Quelle che erano qua, come si sono salvate?
“Durante il periodo bellico i valorosi confratelli di allora sono paragonabili agli eroici “Monuments Men” della MFAA (Monuments, Fine Arts and Archives, trecentocinquanta persone di tredici nazioni diverse). Nell’anonimato più assoluto, prima dei bombardamenti hanno salvato un vero patrimonio, per Rimini. Hanno portato via e nascosto tutto ciò che potevano. A cominciare dalla pala del Guercino, poi il dipinto del Centino, le ventisei meravigliose telette di Cesare Pronti, la Madonnina di Giovan Battista Costa e molte altre opere, le hanno sottratte alla furia dei combattimenti e ricoverate a Montecolombo e a Spadarolo. Nessuno ha mai avuto per loro un cenno di pubblico riconoscimento. Erano tutti confratelli. Ma vorrei citare in particolare il canonico Domenico Garattoni, all’epoca rettore dell’Oratorio, personaggio di un certo rilievo che si è adoperato anche per la ricostruzione del Tempio Malatestiano. Ha avuto contatti perfino con il famoso storico dell’arte, l’americano Bernard Berenson, grazie al quale sono arrivati i fondi per la ricostruzione del Tempio Malatestiano. Un’altra figura che si è spesa senza sosta è l’accademico Augusto Campana. La figlia ha recentemente pubblicato il suo diario di azione. Il professore veniva tutti i giorni da Santarcangelo in bicicletta fino a Rimini. Per l’intero anno del ’44 tiene un rapporto quotidiano estremamente dettagliato dei danni causati dai bombardamenti. Quando viene qui a registrare la devastazione dell’Oratorio si accorge che tra le macerie spuntano dei volumi, delle carte: è l’archivio storico della confraternita dal 1550 fino alle bombe. Con uno spago lega e carica i volumi sulla bicicletta. Li porta a Santarcangelo per affidarli, diversi giorni dopo, al bibliotecario della Gambalunghiana che li mette in salvo. Come presidente io arrivo nel 2002 circa. Mi accorgo che l’archivio è in pessime condizioni: tra le pagine ci sono ancora i calcinacci. Mi rimbocco le maniche e allestisco un programma di recupero di questo patrimonio storico che ancora prosegue, causa motivi economici, un poco per volta. Nel frattempo interesso la Sovrintendenza Archivistica di Bologna. Vengono, catalogano e mettono on-line l’archivio. Pericolo scampato, per il momento. E ancora un grazie al professor Campana”.

Il prof. Pasini intervenuto ieri alla presentazione del “capolavoro svelato”

Come precedentemente accennato dal dottor Ferrini, il bronzo era fissato alla sfera di marmo posta sopra l’acquasantiera (“potrebbe anche essere stato aggiunto in epoca posteriore”, dirà durante il suo intervento il professor Pier Giorgio Pasini). Naturalmente di questa e del suo realizzatore bisogna spendere qualche riga. Durante la conferenza, il Professore ha illustrato da par suo, quindi in modo impeccabile, il periodo storico e le circostanze per cui l’acquasantiera del Rossellino è stata traslata dalla località Paradiso alla chiesa di San Girolamo. I lettori possono vedere e ascoltare l’intervento filmato per non perdersi una sola parola del suo intervento.

I cinque fratelli Gamberelli, nati in una famiglia di scalpellini, non sfuggono all’usanza di essere ribattezzati con uno pseudonimo: al loro tempo, così come oggi nel mondo della storia dell’arte, sono conosciuti anche con il nome Rossellino; forse per il colore dei capelli o forse perché Bernardo, il secondo dei cinque, è stato a bottega da Nanni di Bartolo (1419-1437) detto il Rosso, a sua volta allievo di Donato di Niccolò di Betto Bardi (Donatello; 1386-1466). Per la verità, in quest’ultimo caso, il soprannome rende francamente tutto più semplice e immediato.

L’acquasantiera, simile a quella della Confraternita di San Girolamo, che si trova in Santa Croce a Firenze. Sailko, Tomba di Francesco Nori, Madonna del Latte di Antonio Rossellino (1478)

Solo due dei cinque fratelli lasciano tracce di un certo rilievo nel rinascimento italiano. Bernardo (1409-1464) e Antonio (1427-1479) nascono a Settignano, sobborgo di Firenze, terra di cave e di scalpellini dove anche Michelangelo Buonarroti trascorrerà l’infanzia e dove, come riferisce da adulto per definire in modo magistrale il proprio destino, beve “latte impastato con la polvere di marmo”. Giovanni Rossellino, di diciott’anni più giovane, lavora insieme con tutti i fratelli nella bottega del fratello Bernardo che collabora e stringe amicizia con Leon Battista Alberti. Il raggio di azione dei due fratelli è attiguo, quando non compenetrato a quello di grandi artisti del calibro di Filippo Brunelleschi, Michelozzo (l’architetto), Donatello, Lorenzo Ghiberti, Luca della Robbia. E’ dunque in questo invidiabile clima, a stretto contatto con i geni del Rinascimento che i Rossellino lavorano; e lo fanno prevalentemente tra Toscana, Emilia-Romagna, Lazio. Le contaminazioni stilistiche e la collaborazione con i maggiori architetti e scultori del tempo permettono loro di produrre rilevanti opere d’arte. I quattro celebri edifici che affacciano su piazza Papa Pio II a Pienza sono progettati da Bernardo su commissione del Pontefice (ora la piazza gli è intitolata) che gli affida la ristrutturazione dell’intero borgo natìo di Corsignano (diventerà Pienza). Sempre in Toscana scolpisce il monumento funebre dell’umanista Leonardo Bruni (1370-1444) in Santa Croce a Firenze, mentre Giovanni, il fratello minore nella medesima basilica realizza la tomba del banchiere Francesco Nori (1430-1478), morto per essersi interposto tra l’amico Lorenzo il Magnifico e il pugnale brandito da uno dei componenti la “congiura dei Pazzi”. Sotto il bassorilievo raffigurante la Madonna del Latte, lo scultore realizza un’acquasantiera assai simile a quella di Rimini. A suo giudizio, un po’ meno bella, ci confida il professor Pasini. Dopo aver accennato seppur molto sommariamente al quadro artistico in cui Antonio Rossellino impugna mazzuolo e scalpello, si comprende come ci sia un tal intreccio di relazioni tra i lavori e gli artisti che li eseguono, da condurre inevitabilmente diritti al centro del bersaglio: nel nostro caso, il punteggio da 10 è rappresentato dal bronzetto di San Girolamo. Ecco come si arriva al suo restauro e a un’ipotesi molto suggestiva avanzata da due luminari del settore. Diremo quale.

Il restauratore Lorenzo Morigi.

Lorenzo Morigi, classe 1968 si diploma al liceo classico Marco Minghetti di Bologna. Una formazione essenziale per chi voglia affondare occhi, mani e cuore tra le stropicciate pieghe del passato.
Si specializza nel restauro di monumenti in bronzo, metalli moderni, oreficerie e materiali archeologici. Il suo primo restauro importante è nel ’90. L’esordio sulla scena artistica avviene nella città natale. Sotto la direzione del padre Giovanni, opera sull’imponente bronzo (“al Zigànt”, per i bolognesi) della fontana di Nettuno del Giambologna. Per il ragazzo è il miglior battesimo artistico immaginabile. Nel tempo seguono il restauro al monumento equestre a Bartolomeo Colleoni di Andrea del Verrocchio, al Perseo di Benvenuto Cellini, quello ai cavalli di Piacenza e al reliquiario con il sangue di San Gennaro, per citarne solo alcuni. Il gennaio scorso, Morigi esegue una consulenza tecnica sulla statua che il Paul Getty Museum ha avuto in prestito dal Museo Nazionale del Bargello di Firenze: Ercole che soffoca Anteo, un bronzo alto 45 centimetri realizzato dal Pollaiolo (1431/2-1498) nella seconda metà del secolo. Il profilo specialistico di Lorenzo Morigi è perciò internazionale: uno dei molti talenti italiani apprezzati nel mondo, di cui andare fieri.

Dunque, ecco il professionista giusto nelle cui abili mani affidare il bronzetto della Confraternita di Rimini. Nel 2018 gli viene conferito l’incarico per il restauro del bronzo la cui immagine è interpretata dalla tradizione agiografica come il Santo “intellettuale” per eccellenza: Girolamo. Lorenzo Morigi, durante la presentazione del lavoro racconta che come di sovente accade, il bronzo è ricoperto da uno spesso strato di vernici e olii applicati nei secoli che ne ottundono la leggibilità ma nello stesso tempo ne preservano l’integrità da corrosioni e aggressività dell’ambiente circostante. La rimozione, per questioni tecniche avviene al microscopio e nel pulire la barba, le mani e i piedi della statuetta si rende conto che è un bronzetto di un livello tecnico e formale molto elevato poiché è molto difficile vedere in un bronzetto di dimensioni così contenute, unghie delle mani e dei piedi così rifinite e riccioli dei capelli e narici con simili definizioni. Dopo aver avvertito Marco Ferrini che il pezzo era molto interessante, insieme interpellano lo storico ed esperto d’arte rinascimentale Matteo Ceriana che fino a pochi mesi fa (ora è in pensione) era direttore del museo Bargello di Firenze. In passato è stato anche direttore della galleria dell’Accademia a Venezia. E’ un profondo conoscitore di bronzi di quel periodo e con il quale Morigi ha già lavorato. Dopo aver visto le foto, la risposta è stata più che confortante: “è un bronzetto eccezionale. Va studiato e occorre fare ricerche approfondite”. Si è detto disponibile a studiarlo appena terminata la mostra che sta collaborando a curare nella città di Matera, “Rinascimento visto da sud”. In sostanza, al termine dell’intervento data l’oggetto intorno alla fine del ‘400 e spiega che con analisi archeo-metallurgiche si potrebbero avere ulteriori indicazioni che, insieme a uno studio documentale-archivistico e storico-artistico, possono portare a un’individuazione molto precisa della provenienza e dell’origine dell’oggetto.

 

Al termine della conferenza a tre voci, i presenti non lesinano calorosi applausi e apprezzamenti verso i tre stimolanti oratori, mentre nell’aria del piccolo oratorio aleggia la comune speranza che presto si possa tenere una presentazione ancor più importante…
E saremo tutti invitati.

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