Inchiesta Aeradria, Nando Fabbri: “Siamo al buio del diritto e della ragione”

Inchiesta Aeradria, Nando Fabbri: “Siamo al buio del diritto e della ragione”

L’amico Fregni sprizza simpatia e ammirazione da ogni poro nei miei confronti, è una sua vecchia debolezza fin da quando era direttore de La Voce. Lo

L’amico Fregni sprizza simpatia e ammirazione da ogni poro nei miei confronti, è una sua vecchia debolezza fin da quando era direttore de La Voce. Lo ringrazio. Ora ricama su un frammento, “a qualsiasi costo”, di una frase, che a suo dire (io proprio non ricordo), avrei esternato in un’assemblea pubblica. Stesso frammento, “costi quel che costi”, cercato col lanternino (non ho capito ancora da dove estratto), al quale si appiglia la procura per contestarmi l’associazione a delinquere nell’indagine del fallimento Aeradria.

Ho l’impressione, vorrei sbagliarmi, che quando mancano gli argomenti di merito si vada a rovistare su qualsiasi cosa pur di dare corpo al pregiudizio o, peggio, al teorema della “cupola criminale”. E poiché sono ambizioso, perseguo il prestigio personale, e sono un ex aspirante a poltrone (sic!), ma pieno di difetti (questo purtroppo sì!), non mi sottraggo né al frammento, né alla questione generale.

Sul serio non ricordo se ho affermato “a qualsiasi costo” in un’assemblea del Rotary dove era presente, ricordo bene, anche Franco Fregni. Se l’avessi detto è, come facilmente si comprende, solo un passaggio retorico per affermare l’imperativo categorico (sì proprio quello di kantiana memoria) dello sviluppo dell’aeroporto come condizione necessaria per sostenere con successo un sistema turistico che doveva e deve competere nel mondo. Tanto più in un territorio come la provincia di Rimini che stava investendo risorse imponenti in fiere e palacongressi (Riccione e Rimini). Il nostro sistema economico e sociale aveva all’inizio degli anni duemila il più alto rapporto nazionale fra cittadini e imprese e viaggiava con un crescita annua del pil provinciale fra le più alte della regione e del Nord-Est (si vadano a rileggere i Rapporti sull’economia provinciale prodotti dalla Camera di Commercio dal 2001 al 2005).

L’aeroporto doveva dunque essere sostenuto nel suo sviluppo “a qualsiasi costo”, nel senso di impegno strategico affinché esso uscisse dalla precarietà in cui si ritrovava alla fine degli anni Novanta.

Voglio ricordare, anche perché nessuno ormai è abituato a ricordare, che nel maggio del 2002 nell’aula del consiglio provinciale fu firmato da tutti i comuni, dai sindacati e da tutte le categorie economiche, nessuna esclusa!, un “Accordo di Programma per la governance nella provincia di Rimini” dove vi era scritto: “Si riconferma il carattere strategico della struttura aeroportuale per il territorio riminese. E si concorda sulla necessità di sostenere il piano industriale predisposto che persegue l’obiettivo di fondo di un aeroporto annuale in grado di sostenere efficacemente la destagionalizzazione dell’offerta turistica con le collegate infrastrutture congressuali e fieristiche e, in generale, le nuove esigenze logistiche del tessuto produttivo.” Evito poi di annoiare con altri documenti ufficiali del consiglio provinciale.

Aggrapparsi, come fa la procura, a quel passaggio retorico facendolo apparire come l’animus che ha generato un “programma criminale” e azioni “truffaldine” di una “associazione a delinquere”, mi sembra veramente troppo. Siamo non solo al buio del diritto, ma anche al buio della ragione.

Se poi, caro Fregni, qualcosa è andato storto fino arrivare al fallimento non posso rispondere, e non voglio rispondere, perché termino il mio mandato nella primavera del 2009. Nell’ultima assemblea a cui ho partecipato, il 12 maggio 2009 dove si è approvato il bilancio consuntivo 2008, Aeradria aveva i conti in pareggio, o meglio una perdita di 450 mila euro ripianata con le riserve a suo tempo accantonate; registrava un crescendo di passeggeri fino a toccare il mezzo milione, esattamente 498.473 nel 2007, e un piano degli investimenti rigoroso e articolato per i tre anni successivi. Aggiungo che quando arrivai, dieci anni prima, l’aeroporto era chiuso d’inverno e registrava poco più di 100 mila passeggeri in estate. Era il 1999.

Questi i fatti. Il resto è uno spettacolo che non mi piace. Forse perché sono nonno e guardo il teatro con occhi diversi.

Ferdinando Fabbri

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