Insegne da abate per don Renzo Rossi

Insegne da abate per don Renzo Rossi

Il parroco di San Fortunato e abate di Scolca, sul colle di Covignano, è diventato oblato benedettino olivetano. E ha ricevuto il pastorale, la croce, l'anello e la mitra. "La testimonianza di don Renzo in questa speciale condizione di presbitero, con le insegne abbaziali in un luogo monastico, risvegli in tutti noi il bellissimo dono che il monachesimo pur tra mille contraddizioni tenta di tenere vivo nel cuore della Chiesa", ha detto Dom Gianni.

Il pastorale, la croce, l’anello e la mitra (popolarmente nota come mitria). Sono queste le “insegne” che don Renzo Rossi, abate di Scolca (parrocchia di San Fortunato) ha ricevuto di recente. Sono anche i simboli episcopali per eccellenza. Da cosa esteriormente si riconosce un vescovo? Dall’anello portato all’anulare destro, dalla croce sul petto e, durante le celebrazioni liturgiche, dalla mitra e il pastorale. In più il vescovo ha solo lo zucchetto violaceo sul capo (quello del papa è bianco e per i cardinali rosso).

Il pastorale dell’abate di Scolca è di tiglio ebanizzato e raffigura i santi Fortunato, Lorenzo, Bernardo Tolomei e San Miniato. L’anello in argento rappresenta l’Annunciazione. La croce gemmata simboleggia Cristo morto e risorto. La mitra sulle due “code” laterali (le infule) mostra lo stemma scelto da don Renzo col motto: “Quaerere Deum” (Cercare Dio), che riassume la Regola di San Benedetto. Sempre nello stemma balzano all’occhio alcuni elementi, che non sono stati inseriti a caso: il verde, ad esempio: “Richiama le origini contadine dei miei genitori, originari di Bordonchio. Qui sono nato, battezzato e ho fatto la Prima Comunione. Qui è nata la mia vocazione al sacerdozio grazie alla bella e forte testimonianza dell’arciprete don Antonio Benedettini. Da qui sono partito per il Seminario quando era cappellano don Paolo De Nicolò”, spiega don Renzo Rossi, abate di Santa Maria Annunziata Nuova di Scolca, parroco di San Fortunato Vescovo e San Lorenzo a Monte. Poi il mare, “che rimanda a Torre Pedrera dove la mia famiglia si è trasferita nel 1967 e dove ho conosciuto due figure, a cui devo tanto: l’arciprete don Napoleone Succi e la Venerabile Carla Ronci”. Ma trovano posto anche lo stemma degli Olivetani (tre monti, due ramoscelli d’ulivo e la croce) ed evidentemente il segno rimanda a Scolca, Abbazia Olivetana, e all’appartenenza di don Renzo a questa congregazione come oblato. E infine il riccio del pastorale avvolto da un velo per chiarire che non indica giurisdizione. Infine la stella, simbolo della Beata Vergine, a Scolca venerata col titolo di Annunziata. Il tutto all’interno del galero (il grande cappello) verde e dei sei fiocchi dello stesso colore che scendono da entrambi i lati.

Le insegne abbaziali don Renzo le ha ricevuto l’8 dicembre scorso dall’Abate di San Miniato al Monte, Dom Bernardo Francesco Gianni, in occasione della chiusura della porta santa nell’anno giubilare di Scolca (1418-2018), un evento che ha visto sul colle di Covignano anche numerosi incontri con vescovi, religiosi, esperti d’arte. L’abate di San Miniato è il monaco benedettino che quest’anno ha predicato gli esercizi spirituali al papa e alla curia romana.

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Mons. Pierbattista Pizzaballa, amministratore apostolico del Patriarcato Latino di Gerusalemme. La sua è stata una delle numerose testimonianze che si sono potute ascoltare a Scolca in occasione delle celebrazioni per i 600 anni.

Per ricevere queste insegne, don Renzo Rossi ha ottenuto il placet del vescovo di Rimini. “Molto Reverendo Padre Abate, mi accingo a rispondere alla Sua cortese del 24 settembre u.s., con la quale mi motivava e mi presentava l’umile richiesta del conferimento delle insegne abbaziali al nostro carissimo don Renzo Rossi”, ha scritto Lambiasi all’abate Gianni. “Riguardo alla suddetta richiesta, non posso che rallegrarmi del cammino spirituale perseguito da don Renzo con “dedizione, entusiasmo e perseveranza” – come Lei mi attesta – “che Le hanno segnalato un nuovo, forte ed inequivocabile indizio della presenza di Dio nella biografia spirituale di questo nostro sacerdote. In merito al conferimento delle insegne abbaziali, per il quale do volentieri il mio placet, è che tale evento – come l’uso esclusivamente interno delle insegne – possano aiutare l’opinione pubblica a non correre il rischio di interpretazioni improprie e fuorvianti che ne appannerebbero la sua qualità eminentemente spirituale”. Pertanto, concludeva la sua lettera il vescovo, “concedo volentieri il placet a che sia Lei stesso – nella Sua qualifica di Abate di San Miniato al Monte – a procedere alla cerimonia di conferimento delle insegne abbaziali a don Renzo, vostro oblato benedettino secolare”.

La cerimonia è stata molto suggestiva e non senza momenti di particolare emozione, non solo per il diretto interessato ma anche per i tantissimi parrocchiani che l’hanno seguita e che hanno accompagnato don Renzo in questo percorso. “Fratelli e sorelle, oggi il nostro carissimo don Renzo è qui con il permesso e la benedizione del vostro Vescovo Francesco, che in spirito di profonda gratitudine e comunione saluto, per ricevere dei segni che ricordassero a lui e anche a voi suo popolo lo specifico del ministero abbaziale necessario in una comunità monastica”, ha detto nell’omelia l’Abate di San Miniato al Monte. “Non sono segni di potere, tanto meno segni di chissà quale privilegio, sono parole – lasciatemelo dire – estranee al Vangelo, sono segni di servizio, di sollecitudine, di amore e in modo tutto particolare di ascolto. La testimonianza di don Renzo in questa speciale condizione di presbitero, con le insegne abbaziali in un luogo monastico, risvegli in tutti noi questo bellissimo dono che il Monachesimo pur tra mille contraddizioni tenta di tenere vivo nel cuore della Chiesa”. E Dom Gianni ha anche voluto spiegare il significato delle insegne.

Il pastorale “è il segno col quale dovete riconoscere in modo ancora più evidente e, dal vostro punto di vista ancora più esigente, la sua dimensione pastorale, il suo caricare sulle sue spalle le vostre gioie ma anche le preoccupazioni, le vostre sofferenze, le vostre inquietudini, i pensieri che voi potete avere per i vostri cari, per la comunità ecclesiale e per il mondo intero”. La croce sul petto “gli ricorderà in modo evidente che il suo cuore deve avere questa forma crocifissa per essere così davvero un tabernacolo di luce pasquale”. L’anello che porterà al dito “gli ricorderà più che mai una dimensione costruttiva dell’esperienza della sequela” e infine la mitra: “Secondo alcuni interpreti le due parti della mitra rappresentano il convergere in Cristo del primo e del secondo Testamento e avere in testa per così dire la Parola del Signore che trova anche visibilmente un cuore, un pensiero, i nostri sensi disponibili ad accoglierla, viverla e a testimoniarla. Ecco perché è vuota al centro, perché sia l’ingresso sempre disponibile e accogliente di quella parola che Maria ha accolto senza riserve”.

Da oltre vent’anni a Scolca, don Renzo Rossi è stato anche segretario particolare del vescovo Locatelli. “Sono entrato in Seminario in prima media nell’ottobre 1961”, ricorda l’abate di Scolca. “Ho studiato filosofia al Sant’Anselmo di Roma e teologia al Seminario Regionale di Bologna. Ho svolto il diaconato nella Casa famiglia della Resurrezione e sono stato ordinato sacerdote il 18 maggio 1975 nella Solennità di Pentecoste”.
Prima cappellano a San Mauro Pascoli, dall’Ordinazione sino all’estate del 1978. Diventa segretario del Vescovo Giovanni Locatelli – nominato da Paolo VI nel 1977 (ci rimarrà fino all’88) – e nel contempo cappellano a Miramare. Per 16 anni è parroco alla Pieve di San Salvatore (1982-1998) e dal 4 ottobre 1998 arciprete di San Fortunato, abate di Santa Maria di Scolca e amministratore parrocchiale di San Lorenzo a Monte.

Alla domanda sui motivi che sono all’origine della scelta di farsi oblato, don Renzo risponde con le parole pronunciate dall’abate Dom Bernardo il giorno della sua oblazione nella basilica di San Miniato al Monte (Firenze) il 25 ottobre 2017: “Oggi il nostro carissimo Don Renzo diventa oblato benedettino olivetano per il nostro Monastero. Egli è custode, davvero custode con tanto amore di un luogo che appartiene alla tradizione olivetana, la chiesa e il monastero della Scolca a Rimini. Chi ha la fortuna di andare in quel monastero e chi potrà vedere l’amore, la cura e lo zelo con cui Don Renzo tiene quella nostra chiesa, se così posso dire, capirà perché Don Renzo è qui, perché di fatto, magari senza nemmeno essersene accorto, egli con quell’amore del frammento e del dettaglio, faceva trapelare a se stesso una parentele che oggi è finalmente visibile, celebrabile, e che oggi diventa il dono, il segno, la responsabilità con cui Dio, donandoti la possibilità di donarti a Lui, ti rende più che mai sacerdote, ti rende più che mai testimone, ti rende più che mai, oserei dire, monaco, nella secolarità del tuo servizio pastorale per il bene della gente che ti è affidata, che peraltro ti ama e che in gran numero oggi ti accompagna”.

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