La cattolica Lisi si fa colonizzare dalla cultura gender: col “copia e incolla”

La cattolica Lisi si fa colonizzare dalla cultura gender: col “copia e incolla”

Palazzo Garampi scrive un comunicato “sotto dettatura” per aderire al gruppo di amministrazioni pubbliche anti-discriminazioni LGBT. Ma secondo l’Istat questi discriminati sono uno zero-virgola.

A pochi giorni dal gay pride il Comune di Rimini informa la cittadinanza di avere aderito alla Rete Nazionale delle Pubbliche Amministrazioni Anti Discriminazioni per orientamento sessuale e identità di genere, acronimo RE.A.DY.
Non l’ha deciso un’assemblea elettiva come il consiglio comunale, ma la giunta presieduta da Gnassi. Una nota spiega che l’atto viene dopo un gesto analogo della Regione Emilia-Romagna, e sulla base di un assenso “a maggioranza” della Commissione Pari Opportunità.
Commissione la cui esistenza è ignota ai più, quindi occorre rinfrescarsi la memoria: la presiede lo stesso Gnassi ed è composta da 18 persone, di cui 9 consiglieri comunali (tutte di sesso femminile, 7 del Pd, una del Patto civico con Gnassi, una della Lega Nord) più altri 9 politici “designati” direttamente dai partiti, uno per ciascuno (Pd, Patto civico con Gnassi, Lega, Obiettivo Civico, Forza Italia, Futura#con Gnassi, Uniti si vince, Rimini Attiva, Fratelli d’Italia). Quindi un organismo dove il medesimo Gnassi ha vita facile e maggioranza schiacciante.
Non si sa in quale seduta la Commissione abbia votato, perché il Comune di Rimini è così tanto “trasparente” che non pubblica i verbali e non dà nemmeno notizia delle riunioni.

Che cos’è questa RE.A.DY? Non è un’attività istituzionale sancita da elezioni e nemmeno dai dibattiti all’interno dei consigli comunali o regionali, bensì un frutto diretto dei gay pride cui seguì l’iniziativa di alcune giunte. Lo spiegano i promotori stessi: «La Rete è nata nel 2006 su proposta dei Comuni di Roma e Torino nell’ambito del Convegno “Città amiche” organizzato dal Comitato Torino Pride in collaborazione con la Città di Torino. In quell’occasione, 12 Amministrazioni locali si incontrarono a Torino, città sede del Pride nazionale, per redigere la Carta di Intenti della RE.A.DY».
La Carta di intenti è quella che Gnassi e la sua giunta hanno deciso di firmare, senza consultare nessuno eccetto la Commissione Gnassi Pari Opportunità.
Nella nota diramata ieri, l’ufficio stampa della giunta spiega che cosa farà il Comune all’interno di RE.A.DY., cioè azioni di lotta contro le discriminazioni a “lesbiche, gay, bisessuali, transessuali e transgender”.

Ora è utile domandarsi: di quante persone parliamo?
Impossibile trovare riferimenti statistici o stime nel coming out di palazzo Garampi.
Ma per avere almeno un’idea di massima, ci viene in aiuto l’ISTAT con il suo rapporto “Stereotipi, rinunce e discriminazioni di genere” pubblicato alla fine del 2013, frutto di una rilevazione sulle “Discriminazioni in base al genere, all’orientamento sessuale e all’appartenenza etnica”.
In fondo alla ricerca, emerge che una “popolazione pari a 11 milioni e 300 mila persone, afferma che mentre era a scuola o al lavoro o mentre cercava lavoro è stato discriminato”. Il prospetto sulle “Persone di 18-74 anni discriminate per ambito della discriminazione, motivo e sesso”, fornisce alcune percentuali. I discriminati “perché omosessuale, bisessuale, transessuale” sono l’1% del totale dei discriminati a scuola o in università; lo 0,3% del totale dei discriminati “nella ricerca di lavoro”; lo 0,4% del totale dei discriminati “al lavoro”; lo 0,4% del totale dei discriminati “a lavoro o nella ricerca di lavoro”.
Facciamo l’esempio della scuola: siccome l’ISTAT riferisce che 5 milioni e 877 mila persone “ritengono di essere stati discriminati a scuola o all’università”, se ne deduce che i “discriminati perché omosessuale, bisessuale, transessuale” sono poco meno di 59mila in tutta Italia.

In buona sostanza, la giunta comunale di Rimini si accoda a una rete nata undici anni fa e che serve agli interessi di uno zero-virgola della sua popolazione. Ma l’aspetto più strano della decisione della giunta, è la modalità della comunicazione.
Infatti palazzo Garampi riferisce una frase della vicesindaco con delega alle “politiche di genere”, Gloria Lisi, che in realtà abbiamo scoperto essere una dichiarazione a macchinetta. Un misero “copia-incolla” dalla Carta d’intenti RE.A.DY.

Leggere e confrontare per credere (R=Carta d’intenti RE.A.DY; L=dichiarazione Lisi):
R: “per contrastare le discriminazioni, ma anche per promuovere una cultura dell’accoglienza e del rispetto reciproco in cui le differenze siano considerate una risorsa da valorizzare”.
L: “promuovere azioni contro le discriminazioni e sviluppare una cultura dell’accoglienza e del rispetto reciproco in cui le differenze siano considerate una risorsa da valorizzare”.
R: “L’affermazione dei diritti delle persone costituisce infatti il presupposto per la costruzione di una compiuta cittadinanza”.
L: “nella convinzione che l’affermazione dei diritti delle persone costituisca il presupposto per la costruzione di una compiuta cittadinanza”.

Il “copia-incolla” prosegue nella nota stampa del Comune (e non solo nelle dichiarazioni della Lisi).
Di nuovo leggiamo e confrontiamo per credere (R=Carta d’intenti RE.A.DY; C=dichiarazione Comune Rimini):
R: “le persone lesbiche, gay, bisessuali, transessuali e transgender (lgbt) non godono ancora di pieni diritti e spesso vivono situazioni di discriminazione nei diversi ambiti della vita familiare, sociale e lavorativa a causa del perdurare di una cultura condizionata dai pregiudizi”.
C: “persone omosessuali e transessuali, spesso soggette a discriminazioni sia nella vita personale che in quella sociale e lavorativa, per i pregiudizi ancora radicati in una larga fetta della popolazione” (si noti qui l’aggiunta introdotta da palazzo Garampi della “larga fetta della popolazione”, naturalmente non quantificata).
R: “In questi ultimi anni diverse amministrazioni locali e regionali hanno avviato politiche per favorire l’inclusione sociale delle persone omosessuali e transessuali, sviluppando azioni positive e promuovendo atti e provvedimenti amministrativi che tutelassero dalle discriminazioni”.
C: “La Giunta comunale ha infatti deciso nella seduta di ieri di procedere a sostegno dell’inclusione sociale delle persone omosessuali e transessuali, spesso soggette a discriminazioni sia nella vita personale che in quella sociale e lavorativa, per i pregiudizi ancora radicati in una larga fetta della popolazione”.
R: “importante l’azione delle Pubbliche Amministrazioni per promuovere sul piano locale politiche che sappiano rispondere ai bisogni delle persone lgbt, contribuendo a migliorarne la qualità della vita e creando un clima sociale di rispetto e di confronto libero da pregiudizi”.
C: “Il Comune di Rimini ritiene infatti che l’azione delle pubbliche amministrazioni sia indispensabile per promuovere politiche che sappiano rispondere ai bisogni delle persone LGBT, contribuendo a migliorarne la qualità della vita e creando un clima sociale di rispetto e di confronto libero da pregiudizi”.
R: “favorire l’emersione dei bisogni della popolazione lgbt e operare affinché questi siano presi in considerazione anche nella pianificazione strategica degli Enti”.
C: “favorendo l’emersione dei bisogni della popolazione LGBT affinché questi siano presi in considerazione anche nella pianificazione strategica dell’ente”.

L’assessore Gloria Lisi

NOTA BENE.
Alla vicesindaco Lisi, già catechista con laurea in scienze religiose, nonché presidente e responsabile legale della cooperativa “Madonna della Carità”, va ricordato ciò che afferma papa Francesco sulla “colonizzazione del gender”, concetto che ben si attaglia al tema in questione.
Una breve antologia.
All’Udienza generale del 15 aprile 2015: “la differenza sessuale … solo nell’uomo e nella donna essa porta in sé l’immagine e la somiglianza di Dio: il testo biblico lo ripete per ben tre volte in due versetti”. “La cosiddetta teoria del gender … espressione di una frustrazione e di una rassegnazione, che mira a cancellare la differenza sessuale perché non sa più confrontarsi con essa. Sì, rischiamo di fare un passo indietro”.
Nel discorso di Tblisi, 1 ottobre 2016: “oggi un grande nemico del matrimonio è la teoria del gender. Oggi c’è una guerra mondiale per distruggere il matrimonio … ma non si distrugge con le armi, si distrugge con le idee, sono le colonizzazioni ideologiche che distruggono. Per questo occorre difendersi dalle colonizzazioni ideologiche”.
Nella conferenza stampa del 3 ottobre 2016: “… quella cattiveria che oggi si fa con l’indottrinamento della teoria del gender. Mi raccontava un papà francese che a tavola parlavano con i figli – cattolico lui, cattolica la moglie, i figli cattolici, all’acqua di rose, ma cattolici – e ha domandato al ragazzo di dieci anni: “E tu che cosa voi fare quando diventi grande?” – “La ragazza”. E il papà si è accorto che nei libri di scuola si insegnava la teoria del gender. E questo è contro le cose naturali. Una cosa è che una persona abbia questa tendenza, questa opzione, e c’è anche chi cambia il sesso. E un’altra cosa è fare l’insegnamento nelle scuole su questa linea, per cambiare la mentalità. Queste io le chiamo colonizzazioni ideologiche”.
Nel discorso di Cracovia, 27 luglio 2016: “dietro a questo ci sono le ideologie. In Europa, in America, in America Latina, in Africa, in alcuni Paesi dell’Asia, ci sono vere colonizzazioni ideologiche. E una di queste – lo dico chiaramente con “nome e cognome” – è il gender! Oggi ai bambini – ai bambini! – a scuola si insegna questo: che il sesso ognuno lo può scegliere. E perché insegnano questo? Perché i libri sono quelli delle persone e delle istituzioni che ti danno i soldi. Sono le colonizzazioni ideologiche, sostenute anche da Paesi molto influenti. E questo è terribile”.

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