La Corte dei Conti punta il dito contro le partecipate fuorilegge del Comune di Rimini

La Corte dei Conti punta il dito contro le partecipate fuorilegge del Comune di Rimini

All'esame della Corte dei Conti regionale, i Comuni (a partire da Palazzo Garampi), la Provincia di Rimini ed anche la Regione, escono male. Matita r

All’esame della Corte dei Conti regionale, i Comuni (a partire da Palazzo Garampi), la Provincia di Rimini ed anche la Regione, escono male. Matita rossa per tutti. E casi clamorosi sono quelli di Rimini Congressi, Società del Palazzo dei Congressi e Rimini Holding. Da sopprimere subito.

Come minimo sono tre (Comune di Casteldelci) ma si arriva fino a 17 nel caso della Provincia di Rimini. Vanno per i fossi le partecipazioni societarie delle 26 amministrazioni comunali (25 dal 1° gennaio a seguito della fusione di Montescudo e Monte Colombo) e ce n’è per tutti i gusti: società per azioni, srl, consortili e chi più ne ha più ne metta.
In ambito regionale ci sono società partecipate da una marea di enti locali: è il caso di Lepida (383 enti), Hera spa (163 enti), Start Romagna (58 enti), Romagna Acque-Società delle fonti spa (55 enti) solo per fare qualche esempio.
Complessivamente gli enti in provincia di Rimini avevano la bellezza di 190 partecipazioni dirette in organismi societari prima di mettere mano (per legge) alla cosiddetta razionalizzazione. La Corte dei Conti usa la matita rossa per molti di questi Comuni, anzitutto perché sono in difetto dal punto di vista dei piani di razionalizzazione, oppure perché non sanno nemmeno bene di quante partecipazioni dispongano e si dimenticano di indicarle. E nel loro “referto sui piani di razionalizzazione delle società partecipate predisposti dagli enti pubblici aventi sede nell’Emilia Romagna” (24 marzo 2016) tracciano un quadro preoccupante sulla gestione in buona parte “fuorilegge” di queste società.
Eppure il compito degli amministratori locali non era dei più difficili. La legge prevede fra l’altro la dismissione di quelle società che, pur coerenti con i fini istituzionali dell’ente, non siano indispensabili al loro perseguimento.
Andando alla sostanza, emerge che i piani predisposti dai Comuni dell’ambito provinciale di Rimini prevedono la dismissione di 33 partecipazioni societarie, pari al 17,36% delle complessive 190 partecipazioni possedute al momento della redazione dei piani.
Non mancano paradossi come quello di società che hanno più amministratori che dipendenti e che quindi dovrebbero essere soppresse: da Apea Raibano srl a Rimini Congressi e Società del Palazzo dei Congressi, solo per dirne qualcuna. Oppure di partecipazioni (è il caso di Banca popolare etica) che alcuni sindaci giudicano opportune da mantenere per fini etici (Comune Poggio Torriana) ed altri che ne prevedono la dismissione perché senza alcun rilievo per il Comune “se non quello etico” (Misano Adriatico). Ci sono enti (Gemmano, Mondaino, Monte Colombo, Montefiore Conca, Montegridolfo, Montescudo, Pennabilli, Poggio Torriana e Saludecio) che mantengono tutto, ivi incluse società in perdita e società con numero di dipendenti inferiore a quello degli amministratori, fregandosene ampiamente delle disposizioni normative.

Cartellino rosso per Rimini Holding, Rimini Congressi e Società del Palazzo dei Congressi
Palazzo Garampi partiva da 5 società partecipate direttamente e 13 partecipate indirettamente da Rimini Holding, delle quali 4 controllate (Amir spa; Anthea srl; Centro Agroalimentare Riminese (CAAR) spa consortile e Rimini Reservation srl).
Varie “criticità” la Corte dei Conti mette in luce a proposito del Comune di Rimini: “Il piano non appare completo per quanto riguarda le partecipazioni indirette, non essendo, tra l’altro, indicate le partecipazioni indirette di Rimini fiera spa”. E poi: “Per quanto concerne le azioni di dismissione non sono evidenziati i tempi della cessione di Amfa spa (partecipata da Rimini holding spa), società che gestisce farmacie. Analogamente sono mantenute due società partecipate da Rimini Holding, entrambe in perdita nel triennio 2012-2014, il Centro agroalimentare riminese (Caar) spa consortile, e la Società del palazzo dei congressi, quest’ultima con valori negativi considerevoli (intorno ai 2 milioni di euro in ciascuno dei tre anni) ed inserita fra le società “scatole vuote”, in quanto aventi un numero di amministratori superiore a quello dei dipendenti. Si registrano infine scelte difformi, in ordine al mantenimento di società partecipate assieme ad altri enti, rispetto a quelle compiute da altri soci: Start Romagna spa, Hera spa, Uni Rimini spa consortile, quest’ultima con quote in dismissione da parte della Provincia di Rimini e del Comune di Riccione”. Non solo. “Tra le partecipazioni indirette (tramite Rimini holding spa) andrebbero approfondite le ragioni del mantenimento di Riminiterme spa, che gestisce le Terme di Rimini e la progettazione e gestione del Polo benessere e della salute, e Amir onoranze funebri (Of) srl, che potrebbe essere eliminata in quanto “non indispensabile” e che tuttavia il piano mantiene perché “svolge funzione sociale”.”
Il Comune di Rimini ha deciso la cessione integrale della partecipazione in Itinera, la vendita del 20% della quota azionaria di Amfa, con un introito stimato di 3,5 milioni di euro e il mantenimento di una quota azionaria del 5%, la parziale cessione (entro il 30 giugno 2018) della partecipazione in Hera per circa il 20% complessivo, con un incasso da parte di Rimini Holding stimato in circa 11,5 milioni di euro.
La Corte dei conti fa notare che Rimini Holding spa ha un bilancio consolidato in perdita nel triennio 2014-2012 (si tratta di -4.391.967,00 per il 2014; -1.931.277,00 per il 2013; -2.321.563,00 per il 2012). Andrebbe soppressa in base alla legge perché rientra nella fattispecie delle società “composte da soli amministratori o da un numero di amministratori superiore a quello dei dipendenti”. Ma l’amministrazione comunale infrange la regola senza battere ciglio e nel piano presentato sostiene che occorre “non accedere ad un’interpretazione meramente letterale della norma che obbliga alla soppressione delle c.d. scatole vuote”, trattandosi di società che “non è né vuota, né improduttiva”. Rimini Holding “si avvale di 2 dipendenti del Comune” e “genera un ricavo netto di circa 80.000 euro netti annui”, che non si produrrebbero “in caso alternativo di inesistenza della società”. E così la “scatola” resta in vita. Stesso discorso per Rimini Congressi (mantenuta in attesa di conoscere le effettive possibilità di privatizzazione delle società direttamente o indirettamente operanti nei settori fieristico-congressuale) e Società del Palazzo dei Congressi (come sopra, entrambe senza dipendenti), e dunque il Comune non stacca la spina.
Società del Palazzo dei Congressi spa, registra perdite per -2.814.566,00 nel 2012, -2.081.049,00 nel 2013 e -1.795.676,00 nel 2014. Ma nonostante queste performance da paura il Comune di Rimini prevede il mantenimento delle partecipazioni. “L’Ente non motiva la decisione, pur giudicando la partecipazione “non imprescindibile” e dando atto delle iniziative precedentemente assunte per una possibile cessione delle diverse partecipazioni facenti capo al polo fieristico congressuale (incarico conferito all’advisor Kpmg)”, annotano i giudici.
Il campanello d’allarme suona per un’altra partecipata di Rimini Holding: il Centro agro-alimentare Riminese (Caar) scpa, che registra perdite pari a -94.056,00 nel 2012, a -37.736,00 nel 2013 e -125.109,00 nel 2014. Ma anche questa partecipazione non viene soppressa né dal Comune di Rimini, né dalla Provincia e nemmeno dal Comune di Santarcangelo, i tre enti soci.

Provincia di Rimini: che fatica tagliare
Anche la Provincia fa molta fatica a mettere fine alle partecipate. Su 17 totali, sono state decise solo due dismissioni (Fer srl e L’altra Romagna-Gal) e una aggregazione (di Start Romagna spa con Tper spa). Anche in questo caso si mantengono società in perdita nell’ultimo triennio come Caar e Società del Palazzo dei Congressi. La Provincia ha deciso di non decidere – fa notare la Corte dei Conti – sulle società fieristiche (“non prevede alcuna effettiva decisione, né, conseguentemente, alcun piano operativo”) e sollecita l’ente di corso d’Augusto ad “assumere le decisioni necessarie”.

Il Comune di Riccione dimezza il poltronificio
Delle 14 partecipazioni dirette detenute, le dismissioni ammontano a 7 e riguardano Apea Raibano, Agenzia per l’innovazione, Amir, Farmacie comunali, Itinera, UniRimini e New Palariccione. A questo proposito, la relazione della Corte dei conti rileva che “destano perplessità i tempi particolarmente lunghi (2017) previsti per l’avvio della procedura di collocamento sul mercato della quota posseduta nella società New Palariccione (78,84%), società finanziata dall’Ente già nel 2013 e in perdita nel 2014”. Ma il quadro complessivo per Riccione è abbastanza positivo.

Il fantasma Aeradria
Aeradria spa, società dichiarata fallita con sentenza del Tribunale di Rimini il 26 novembre 2013, è partecipata da 5 comuni (Bellaria-Igea Marina, Cattolica, Misano Adriatico, Riccione e Rimini) e dalla Provincia di Rimini. Ma forse è talmente forte il desiderio di cancellare il trauma che “il Comune di Cattolica ne fa menzione nella scheda tecnica (e non nel piano), mentre i comuni di Riccione e Rimini la menzionano, semplicemente, nel piano. La Provincia di Rimini non ne fa menzione”, nota la Corte dei conti.

Camera di Commercio: via dalle società in perdita
La Camera di Commercio di Rimini mantiene la partecipazione nel Centro agroalimentare riminese con la seguente motivazione: “In considerazione della molteplicità degli operatori e dei settori economici coinvolti e delle funzioni svolte di regolazione del mercato”. Ma la Corte dei conti dissente: “In proposito, pur tenendo conto dello specifico fine istituzionale perseguito dalle camere di commercio, volto allo sviluppo delle imprese e dell’economia, si rileva come la partecipazione in società che registrano sistematiche perdite di bilancio rende necessaria una rigorosa ponderazione delle ragioni del loro mantenimento in relazione alla indispensabilità delle stesse in rapporto al perseguimento delle finalità istituzionali. Dall’esame del piano della Camera di commercio di Rimini risulta, inoltre, la partecipazione nelle società Rimini fiera spa, Rimini congressi srl e Società palazzo dei congressi spa”. Pure queste con i risultati d’esercizio già noti.

La Regione Emilia Romagna finisce dietro la lavagna
Clamoroso il caso della Regione Emilia Romagna, che non ha redatto il piano di razionalizzazione nei termini previsti (30 marzo 2015). “Pur tenendo nella dovuta considerazione le motivazioni dell’Ente relative al rinnovo degli organi elettivi regionali, completato il 29 dicembre 2014 (giorno dell’insediamento dell’Assemblea legislativa evento al quale l’articolo 44 dello Statuto regionale collega l’assunzione dei poteri del Presidente della Regione) e al riordino istituzionale disposto con legge regionale 30 luglio 2015, n.13, non appare giustificabile a tutt’oggi la mancata redazione del piano di razionalizzazione”, scrive la Corte dei conti. “Se poi si considera che il termine del 31 marzo 2016 fissato dal legislatore nazionale per la relazione sui risultati conseguiti coincide con quello previsto nella delibera regionale per presentare l’esito delle analisi propedeutiche alla stesura del piano di razionalizzazione, appare del tutto evidente come il processo regionale in materia di riordino delle società sia in grave ritardo rispetto alle prescrizioni contenute nella legge di stabilità 2015”.
Alla Regione la Corte dei Conti contesta anche alcune “capriole”, una delle quali interessa una partecipata di Rimini: “Per due società (Centro Agro-Alimentare e Logistica scarl e Terme di Salsomaggiore e Tabiano spa) la Regione, in sede di contraddittorio nell’ambito del giudizio di parificazione sul rendiconto esercizio 2014, aveva riferito di avere in corso piani di ristrutturazione che prevedevano la cessione di rami di azienda. Viceversa, con la delibera regionale n. 924/2015 non si dà atto di alcuna cessione del ramo di azienda e “non si esclude un concordato preventivo in continuità” per le Terme di Salsomaggiore, mentre il Centro Agro-Alimentare e Logistica scarl risulta interessato da un piano di ristrutturazione del debito”. (c.m.)

Il documento integrale della Corte dei Conti Sezione regionale di controllo per l’Emilia Romagna.

COMMENTI

DISQUS: 0