La Diocesi degli “ultimi” getta la maschera: propaganda elettorale col fondatore dell’Ulivo, uomo dei poteri forti globalisti

La Diocesi degli “ultimi” getta la maschera: propaganda elettorale col fondatore dell’Ulivo, uomo dei poteri forti globalisti

Romano Prodi - già Goldman Sachs, Bilderberg e Trilaterale - vuole “ripensare l’Europa”, dopo aver largamente contribuito a sfasciarla. Ma non tutti i cattolici si piegano: “Non ci rappresenta”, dice il Popolo della Famiglia invitando a un contro-convegno lo stesso giorno.

La Diocesi di Rimini sbanda clamorosamente a sinistra, chiamando come relatore ad una serata in programma il 10 maggio, a sole due settimane dal voto per il rinnovo del Parlamento europeo, nientemeno che il fondatore dell’Ulivo e “costituente” del Pd Romano Prodi.
«Ripensare l’Europa – per una comunità di persone», questo il tema affidato al politico bolognese, che per l’occasione avrà come spalla Giorgio Tonelli, già assessore nella giunta Pd di Castenaso insieme alla sorella di Matteo Renzi, e noto giornalista.

Dunque Prodi, dopo aver presieduto la Commissione europea dal 1999 al 2004, vuole “ripensare” l’UE.
Non poteva pensarci prima? Chissà, forse le cose sarebbero andate diversamente. Ma non ne siamo certi, perché quando il federatore della sinistra italiana arrivò a sedere sull’agognata poltrona di Bruxelles, i paesi dell’euro-area segnavano una crescita del 4,2%, invece quando lui se ne andò la crescita era crollata all’1,8%. In compenso, la disoccupazione – anziché diminuire – era rimasta tale e quale.

Ma ora smettiamola di rimproverare all’anziano leader l’euro-tassa e altre amenità del genere. Acqua passata. La moneta unica, tanto osannata dal cattedratico bolognese, ha accresciuto le difficoltà dei paesi già sfavoriti dalle politiche UE, ha impoverito le categorie sociali già meno garantite e allargato la forbice delle disuguaglianze: embé?

La serata è organizzata dal Progetto Culturale Diocesano, struttura diocesana che scende direttamente nell’agone politico, anzi partitico. La simpatia dei “catto-com” nostrani, oggi in versione “dem”, per le bandiere rosse non è cosa nuova. Ma più di ieri, emerge oggi la contraddizione fra la politica degli ultimi, dei più poveri e più emarginati, sposata dalla Chiesa riminese, ed i compagni di viaggio scelti.

Romano Prodi, infatti, non proviene da grigie periferie esistenziali, e nemmeno urbane, ma a partire almeno dagli anni Ottanta è sempre stato “parte dell’arredamento” dei salotti dei poteri forti su scala nazionale e internazionale. Rinfreschiamoci la memoria.

Ministro dell’Industria dal 1978; presidente IRI (holding industriale di stato) dall’82 all’89 e poi nel ’93-’94; presidente del Consiglio (’96/’98); presidente della Commissione europea (1999/2004); presidente del Consiglio dal 2006 al 2008 (con un interim alla Giustizia). Come uomo di partito è stato fondatore dell’Ulivo (1995), di nuovo al timone della sinistra nel 2005, poi presidente nazionale degli organismi costituenti del Partito democratico fra il 2007 e il 2008. Incaricato di missioni politiche dell’ONU in Africa, torna precipitosamente dal Mali in Italia nel 2013 credendo di riuscire ad essere eletto presidente della Repubblica, ma i “suoi” lo impallinano.

Fin qui gli incarichi ufficiali. Poi ci sono quelli ricoperti da Prodi nei gangli del potere industrial-finanziario globale, che però stranamente non sono elencati nella sua “biografia”.

Il gruppo Bilderberg ha avuto Prodi fra i membri del suo Steering Committee, cioè comitato direttivo, come attesta il sito ufficiale del sodalizio che dal 1954 detta la linea di tendenze e decisioni fra nord America e Europa.
Prodi sarebbe stato “advisor”, cioè consulente, della banca d’affari Goldman Sachs negli anni Novanta, come si legge su Wikipedia che cita come fonte The Telegraph.
Già nel 1983 Prodi è ospite e relatore per la Trilateral, o Commissione Trilaterale, fondata nel 1973 dai magnati statunitensi, europei e giapponesi.
Poco dopo la sua designazione a Bruxelles, la Trilaterale onora dei suoi complimenti Prodi tramite l’intervento del Barone Daniel Jannsen, presidente della Solvay, al meeting annuale (Tokyo 2000). In quella occasione il Barone Jannsen dice che “lo spirito di riforma si estende alle istituzioni europee, guidate dall’ex primo ministro italiano nella nuova e più potente Commissione europea”. Di che riforme parla il megaindustriale? “Le chiavi dei successi … o dei fallimenti europei fra il 2000 e il 2005” si chiamano “costi del lavoro”, in primo luogo, poi “riforme delle pensioni”. Secondo Jannsen “i costi relativi all’assunzione di persone sono troppo alti” – cioè i lavoratori devono essere pagati di meno -, “c’è una preferenza generale per un alto grado di protezione sociale in Europa”, occorre “una svolta” nei sistemi pensionistici, cioè “finanziare fondi di capitale basati su risparmi e investimenti” anziché pagare le prestazioni tramite gli istituti nazionali tradizionali di welfare. Come si vede, ad esempio sulle politiche del lavoro, ciò che la Trilaterale chiedeva veniva poi eseguito a Bruxelles, poi a cascata a Roma e così via, salvo resistenze dei governi nazionali che sono sempre state pagate con crisi politiche, governi tecnici e simili. Esageriamo? Chi voglia farsi un’idea direttamente può scaricare gli atti del meeting trilaterale di Tokyo 2000.

Tornando per un momento al piccolo cabotaggio locale, va ricordato che a dare il microfono a Prodi nella serata diocesana di Rimini sarà Giorgio Tonelli, conosciuto giornalista ma non senza una precisa militanza partitica. E’ stato assessore della giunta del Partito democratico nel Comune di Castenaso per due legislature, dal 2009 fino a un anno fa, febbraio 2018 quando ha rassegnato le dimissioni. Negli ultimi quattro anni e sino al novembre 2017 è stata collega di Tonelli in giunta Benedetta Renzi, sorella del più noto Matteo, già presidente del Consiglio e segretario nazionale Pd, oggi “senatore semplice di Scandicci”.

A Rimini la notizia del convegno diocesan-prodiano ha subito provocato reazioni. I primi a proporre un’alternativa sono i cattolici del Popolo della Famiglia.
Scrive Sergio De Vita in una nota: «Ci chiediamo quale possa essere la credibilità del professore nella veste di “testimonial” di una nuova Europa, considerato che è sempre stato organicamente inserito in quegli stessi apparati che progressivamente hanno reso le Istituzioni europee lontane dagli interessi dei cittadini. Come dimenticare poi che con Prodi alla presidenza, nel 2004 il Parlamento Europeo rifiutò l’accorato invito di San Giovanni Paolo II ad inserire nel preambolo della Costituzione il riferimento alle “comuni radici giudaico-cristiane”. Se si vuole “ripensare l’Europa”, è giusto che a farlo non siano i protagonisti di una stagione politica che ha provocato perdita di speranza e disgusto verso le sue istituzioni. Noi siamo per un’Europa che non si vergogni delle sue radici cristiane. Che sappia fare accoglienza e integrazione in modo responsabile e condiviso. Un’Europa più giusta dove non ci siano più paesi che comandano e altri che obbediscono perché schiacciati dal peso del ricatto economico. Un’Europa – conclude De Vita – né populista, né appannaggio esclusivo delle élites politico-finanziarie ma popolare e democratica».
Il Popolo della Famiglia invita all’incontro intitolato “Radici e futuro dell’Europa: la risposta popolare e cristiana al declino – Perché Prodi non ci rappresenta” con Mirko De Carli, capolista PdF nella Circoscrizione Nord-Est, venerdì 10 maggio alle 11:30, presso la sede di Identità Europea, corso d’Augusto 76, Rimini.

Renzo Mattei

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