La discarica indecente: Marina centro non merita tutto questo

La discarica indecente: Marina centro non merita tutto questo

Una specie di piccola discarica, zozza e maleodorante, a ridosso della passeggiata, nel parcheggio di piazzale Kennedy. E' troppo!

In premessa vogliamo chiarire che quella che conduciamo da tempo non è una battaglia contro un quartiere o una zona. Tantomeno contro la città. Semmai è a favore del nostro vecchio, caro “Borgo” che amiamo e che vorremmo vedere sempre “in tiro” come si usa dire.

Chi ha trasformato in una casbah la zona più “in” di Rimini mare?

Lo stesso dicasi di quartieri che in passato hanno visto momenti sfolgoranti o comunque di miglior fortuna rispetto a quelli che vivono ora e che forse non torneranno più a risplendere, nemmeno con il Sidol. Di certo non giriamo per Rimini con il “merdal-detector” per individuare a tutti i costi situazioni scabrose: quando non ci inciampiamo personalmente, cosa che peraltro succede spesso, ci vengono segnalate da cittadini che ancora non intendono arrendersi al morbo della cialtroneria. Come nella circostanza che vi illustriamo. L’arma che abbiamo è quella della comunicazione. Finché si potrà, a costo di annoiare, la useremo. Dunque, ci viene indicata una specie di piccola discarica (privata?), zozza e maleodorante, a ridosso della passeggiata, nel parcheggio di piazzale Kennedy.

Un ricettacolo di sporcizia, suppellettili abbandonate, grandi vetrate (di cui una già rotta) appoggiate a un muro e pericolosamente alla portata di qualsiasi bambino, rifiuti d’ogni sorta, plastica sparsa un po’ ovunque, neanche fossimo nell’oceano (sic!), sacchi d’immondizia, e dulcis in fundo, per non farsi cogliere in fallo (perdonate, ma il doppio senso era irresistibile), una coppia di preservativi che presentano i colori araldici di Rimini: uno è bianco e l’altro rosso. Potenza del senso di appartenenza.

Un interrogativo finora rimasto senza risposta per l’imprenditore che ci ha informato. Le schifezze che decorano il “toboga” di cemento dall’inizio fino al rilassante divano rosso che sancisce l’arrivo del tour, sono là da mesi e mesi. Come mai? Si chiede.

L’allegra discarichetta è ben visibile. Sia dagli ospiti dell’hotel che dai passanti, turisti e non. Lo considera uno sberlone in più alla macilenta immagine di Marina Centro. Possibile che l’albergatore di fianco non abbia mai protestato o denunciato la cosa a Hera? Magari l’avrà fatto… Noi non lo sappiamo. Attualmente l’hotel è chiuso. Non si è potuto chiedere a nessuno.

Però abbiamo notato che prima della discesa ci sono due bidoni per la raccolta differenziata. Forse sono in dotazione al vicino condominio. Sicuramente, questi vengono svuotati con regolarità.

 

 

Ci fa specie che in sede (Hera) gli addetti al ritiro dei rifiuti non abbiano mai riferito nulla circa l’esistenza di quell’immondezzaio. Anche se si trovassero in area privata, siamo convinti che la Direzione, in situazioni simili a questa, suggerisca agli operatori ecologici di segnalarlo. Male se non hanno provveduto a farlo. Malissimo se, pur sapendolo, l’azienda non sia intervenuta. Un ambiente come quello, impatto estetico a parte, porta solo proliferazione di topi, blatte e via schifezzando.

Sarà un caso, ma una volta tornati sulla passeggiata salta all’occhio il portone serrato (da tempo) della discoteca “IO” e il telone verde tirato a ricoprire ciò che rimane del baretto dolosamente aggredito dalle fiamme nella notte del 3 luglio scorso. Come succede nell’immediatezza delle emergenze, i rimasugli bruciacchiati del locale vennero risparmiati alla vista dei passanti.

Davanti all’ormai ex bar fu approntata una protezione visiva che pare un cubo costituito da una maglia di rete verdognola semi trasparente. Fatto sta che trascorrono i mesi centrali e più remunerativi dell’estate. Filano via senza che sia stato rimosso il cubo verde che ha di fatto danneggiato anche il lavoro dei negozianti vicini. Vicini che con noi si sono di molto lamentati. E con buone ragioni.

Il poco attraente telone ha solo attenuato l’inestetismo prodotto dal rogo. Non ha di certo impedito a ratti e blatte di eleggere a loro nido le suppellettili parzialmente uste e infradiciate dagli idranti. Coloro che si sono trovati tra i due fuochi, bar/incendiato a fianco e discarica alle spalle, ne saranno felici? Un ennesimo esercente col quale parliamo, alla retoricità della domanda risponde con improperi. A chi? Chissà… Racconta di blatte e sorci visti più volte uscire da sotto le maglie della rete di (scarsa) protezione: il locale è come la bocca di un forno aperto. Ma ecco il colpo di scena. Che fa pensare al Pifferaio Magico. Con qualche variazione.

Circa un mese fa: è mattino presto. Anziché il piffero fatato, il tosto commerciante brandeggia, veloce come fulmine, il manico della ramazza che ha in mano. Stronca sul nascere le velleità scalatorie di un incauto sorcio che si arrampica sulla serranda del negozio. Lo stampa a metà, sulla lamiera. E’ lui stesso a fornirci l’immagine della vittima.

Rassicuriamo le Autorità: il ratticida è in possesso di regolare porto di ramazza. E sicuramente, in mancanza di quella istituzionale, si è trattato di legittima difesa.

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