La lettera: “da che pulpito le parole del vescovo su Carim?”

La lettera: “da che pulpito le parole del vescovo su Carim?”

La banca è stata particolarmente generosa e attenta verso la Diocesi di Rimini ed ora si trova “ripagata” con la tirata d’orecchie. E anche sugli immigrati è ora che il vescovo agisca con l'esempio.

Ho letto, ma non ascoltato direttamente dalla sua viva voce, quanto ha detto ieri il nostro Vescovo su Banca Carim. Per sicurezza sono andato a leggerlo sul sito “curiale”, giusto per essere certo del copyright vescovile. E, trovata conferma, la mia reazione è stata questa: da che pulpito viene la predica? Non voglio mancare di rispetto a nessuno, ma è la chiesa che ci insegna a dire il vero.
Non penso che il presidente, prof. Bonfatti, e tutto il consiglio di amministrazione (nel quale siedono alcune persone molto vicine a Lambiasi), siano rimasti soddisfatti per quelle parole ascoltate o lette stamattina nella rassegna stampa. Perché Carim è stata particolarmente generosa e attenta – diciamo così – verso la Diocesi di Rimini ed ora si trova “ripagata” con la tirata d’orecchie (mi si consenta la semplificazione, lo so che il vescovo è pacifista) sulla pubblica piazza. Ricordo che anni fa fece lo stesso, sempre in occasione del Corpus Domini, con le banche di credito cooperativo e non si capì bene quale fosse la ragione. Ma stavolta sembra abbastanza comprensibile. Parlerei di ragioni: il valore delle azioni “curiali” in Carim è alto, non so se lo sia ancora ma ricordo di aver letto su questo sito un articolo sui “conti in rosso” della Diocesi nel quale si riferiva di una riunione dei preti sul tema finanze diocesane e, fra i vari numeri relazionati, c’era anche 1 milione di euro in azioni. Ora, considerato che il valore delle azioni Carim è precipitato e la stessa presidente della Fondazione, Linda Gemmani, ha rincuorato tutti dicendo che “sarà una grande sofferenza per gli azionisti”, beh, basta fare 2 più 2. Per i conti, ancora in rosso, della Diocesi, non è una bella notizia.
Poi, vuoi che la Diocesi (uso questo termine in senso generale) non abbia ottenuto un mutuo da Carim per far fronte alla costruzione del nuovo seminario (12 milioni di euro), alla ristrutturazione del vecchio e a tutte le spese che ha affrontato per parrocchie, eccetera eccetera? Non so se sia vero, ma così si sussurrava, di circa 9 milioni di euro, una somma che con ogni probabilità, arrivando il nuovo proprietario della banca, la Diocesi dovrà restituire, rientrare con gli affidamenti. Sempre nella famosa riunione dei preti diocesani, l’economo ringraziò Carim per il “grosso prestito che ci ha fatto” e chiese ai suoi confratelli di “convogliare” alcuni conti delle parrocchie in Carim. Sono passati appena quattro anni e cosa è successo per mandare in frantumi il feeling fra C. & C. (Curia e Carim?). Forse la cosiddetta crisi, cioè il fatto che non è stata capace di mantenere il controllo della banca e mantenerla sotto il “dominio” dei riminesi e, dunque, un po’ anche della Curia.
Chiunque conosca un po’ di cose sa che la Diocesi, attraverso gli uomini espressi di volta in volta, ha avuto un potere decisionale sia in Carim che nella Fondazione proprietaria (ancora per poco, stando a quanto si legge) della banca. Di nomi è sempre antipatico farne ma basta andare sui siti di Carim e Fondazione per leggerli tutti, sia quelli nominati dalla Diocesi e sia quelli amici, anzi fedelissimi, della Diocesi, che anche dalla Fondazione ha sempre ricevuto grandi contributi.
Sempre ieri il vescovo Francesco ha parlato di accoglienza di immigrati e campo nomadi di via Islanda. I proclami servono a smuovere le coscienze, ma considerato che non si tratta di temi oggetto di dogma ma solo di scelte pastorali, sui quali tanti cattolici e tanti prelati non concordano, invece di sermoneggiare perché non si agisce? La chiesa di Rimini possiede proprietà, beni immobili, per quasi 100 milioni di euro: perché non li vende e si dedica all’accoglienza? Mi pare che di accoglienza gratuita non si occupi nessuno, nemmeno le coop sociali cattoliche.
Ci sono vescovi che passano per pastori “di destra”, che non fanno sermoni spiritualisti e che hanno l’abitudine di dire (a mio modesto parere obbedendo al Vangelo, non ricordo se di Matteo, non sono un cattolico professionista) sì si, no no… perché il di più viene dal maligno. Ma perlomeno sono testimoni controcorrente delle verità che il cristianesimo ha regalato agli uomini e grazie al quale ha preso forma l’Europa. Eppure vengono “bastonati” fuori e (adesso) anche dentro la chiesa. Ci sono vescovi “di sinistra”, che sono ferrati sull’etica, sulla povertà, sull’accoglienza, discepoli di Francesco (Pontifex), che vengono esaltati dentro e fuori la chiesa perché nessuno ha l’abitudine di guardare al loro pascolo (men che meno di sniffare alla ricerca dell’odore di pecora).

Un riminese, cattolico, ma non troppo francescano

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