La lettera: “Del centro storico di Rimini restano i riflessi delle vetrine di un tempo”

La lettera: “Del centro storico di Rimini restano i riflessi delle vetrine di un tempo”

"Riflessi e riflessioni": dalle belle fotografie che si possono ammirare al Far (100 anni di vetrine in mostra, a cura di Zeinta di Borg) alla realtà odierna del centro storico il passo è lungo. Ed è bizzarro che il patrocinio alla iniziativa arrivi da un'Amministrazione che ha ridotto il Centro com'è oggi.

Ho visitato la mostra “Riflessi e riflessioni” dedicata alle vetrine dei negozi riminesi che non esistono più, con maggiore riguardo a quelli del Centro storico. Come pure feci l’anno passato per l’analoga manifestazione dallo stesso titolo.
La mostra è suddivisa per epoche temporali partendo dalla fine dell’anno ‘800, fino agli anni ’90 del secolo scorso, e testimonia l’involuzione del commercio riminese e la conseguente distruzione del tessuto socio economico di questa importante zona.
E’ ovvio che la maggior parte delle testimonianze fotografiche risalgano al periodo compreso tra gli anni ’50 e ’70. Sia perché la fotografia diviene quasi alla portata di tutti, ed il conseguente piacere di conservarne i risultati e sia, a maggior ragione, perché è in quel periodo che si nota il maggiore fermento. Ne esce un quadro caratterizzato da attività tradizionali che vengono ritratte anche in anni successivi, pochi – e rari – rimpiazzi e soprattutto quegli scatti mostrano una città viva, affollata e partecipata per vari motivi durante tutto l’arco del giorno. Una città con la sua positiva frenesia, caratterizzata dalle tante variopinte insegne dei negozi.

Basti pensare a ciò che era la Piazzetta San Gregorio, o detta “Delle Poveracce”, e la Vecchia Pescheria, esse stesse centro commerciale autonomo, e ciò che sono oggi; ieri frequentata e vissuta da tutti per le sue botteghe, mentre oggi solo da una specifica clientela unicamente in ore tardo pomeridiane e serali con tutte le conseguenze del caso. E’ solo un esempio, ma certamente non l’unico caso del genere.
Allora non servivano gli odierni quanto inutili effetti speciali, le mirabolanti quanto improbabili idee per tentare di dare impulso a questa zona; palliativi effimeri. Ma il Centro era una creatura che si autoproduceva permanentemente grazie al solo grande impegno dei tanti esercenti, e del modo in cui svolgevano il loro lavoro con sapienza ed operosità.
Non si tratta di un’esaltazione della nostalgia, ma uno spunto per capire come siamo cambiati in meglio o in peggio; personalmente, poiché quelle sensazioni le ho vissute, direi in peggio.
Dopo i riflessi delle belle vetrine esposte, e qualche riflessione, ora quelle finali. E’ quanto mai strano, se non bizzarro, che il patrocinio alla mostra venga da un’Amministrazione cittadina che, succedendosi quasi ininterrottamente dal dopoguerra ad oggi mantenendo lo stesso colore politico, ha ridotto il Centro nello stato in cui è. Impedendone di fatto l’accessibilità, abbandonando certe zone, eliminando parcheggi o istituendone a pagamento a tutto vantaggio dei “freddi” e desolanti centri commerciali permessi qua e là. Oltre al degrado tangibile e assai diffuso. Qualcuno parla di “musealizzazione” ma in realtà si tratta solo di desertificazione pura e semplice.

A sinistra la pasticceria Morri e, a destra, l’Embassy bar

Ma l’aspetto maggiormente singolare è leggere una delle prefazioni del catalogo della mostra, vergata da chi, rappresentante dell’Amministrazione, ancora, nonostante pubblicizzi il contrario, persegue il disegno dei suoi predecessori.
Consiglio di visitare la bella mostra, e dopo avere ammirato i bei riflessi che ancora, nonostante in fotografia, le vetrine continuano ad emanare, con quella luce si mediti con occhio critico quale mai potrà essere il risultato del tanto sbandierato quanto improbabile rilancio del Centro storico.

Salvatore De Vita

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