La lettera: “non è ora di porre un freno alla sosta selvaggia delle biciclette?”

La lettera: “non è ora di porre un freno alla sosta selvaggia delle biciclette?”

Free floating ma non solo. Ogni tipo di bicicletta invade ormai marciapiedi e "zone rosse". Alla faccia di Codici e Regolamenti. Chi controlla? A quanto pare nessuno.

Il fenomeno del bike sharing sta riscuotendo un grande successo, specie a Rimini, anche aiutato dalla stagione estiva e dalla presenza dei turisti che sembrano gradire tale servizio peraltro, sebbene in forma diversa, da lungo tempo presente in città poiché istituito dalle precedenti Amministrazioni. Un servizio pregevole se, naturalmente, gestito bene.

Ora si è giunti alla modalità ‘free floating‘, ovvero senza le tradizionali stazioni di acquisizione e riconsegna, ma con la possibilità di lasciare i veicoli in ogni dove tranne che nelle “zone rosse” desumibili dall’apposita planimetria allegata all’Ordinanza del 21/03/2018 che contiene, come ovvio che sia, richiami al D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285 ”Nuovo codice della strada” e s.m.i., e al “Regolamento di Polizia Urbana” del Comune di Rimini approvato con Delibera di Consiglio Comunale n.49 del 23/03/2000 e s.m.i; quest’ultimo in materia di decoro urbano.

La società multinazionale che gestisce il servizio, alla fine di giugno ha cessato le operazioni nella sua sede natale di Singapore. Il motivo principale deriva dalle nuove regole di Singapore entrate in vigore il 7 luglio scorso per i fornitori di bike-sharing, a causa, tra l’altro, di come vengono parcheggiate le biciclette. Le autorità di Singapore hanno previsto canoni e norme più severe proprio per ordinare la crescita incontrollata delle flotte di biciclette in città.

Finita l’enfasi dei numeri trionfali, arriviamo alle conseguenze. Sebbene sia il gestore che chi dovrebbe controllare la regolarità del servizio hanno specifiche responsabilità, abbiamo assistito di fatto, e assistiamo continuamente, anche a Rimini a biciclette abbandonate in ogni dove, sui marciapiedi, nelle aiuole, nei parchi e perfino laddove sia vietata la fermata e la sosta, in spregio ai due citati regolamento e codice; da rilevare inoltre che il Codice della Strada riguardo la fermata e la sosta, non fa distinzione di sorta tra bicicletta ed altri veicoli; artt. 46, 50, e 158. Quasi una licenza al degrado, che già abbonda in Rimini e per il quale non era certo necessario aggiungere un ulteriore elemento incentivo. Quindi a Singapore fanno rispettare le regole, e nel nostro caso no.

In questi giorni però si parla di una raccolta fondi popolare per salvare il servizio; ma è lecito domandarsi se ciò sia giusto dinanzi alle continue violazioni delle norme, sia da parte del gestore che degli utenti.

In verità però a Rimini la free floating è applicata da un pezzo, con grande tolleranza da parte di chi invece dovrebbe evitare tale fenomeno peraltro privato ed abusivo. Basta guardare ovunque ma maggiormente nel Borgo Marina, da tempo terra di nessuno, per constatare che sia biciclette che ciclomotori vengono abbandonati ovunque. Legate agli alberi, sui marciapiede tanto da restringerne anche sensibilmente l’ampiezza e inibire il transito di carrozzelle e in posti comunque vietati.

Ma ciò avviene impunemente perché ormai a Rimini quel mezzo ha assunto il carattere di intoccabile sacralità, come del resto tutto quello che gli ruota intorno; ed è più facile, oltreché rendere maggiori introiti alle casse comunali, perseguire i cattivi comportamenti degli automobilisti. Tutto regolare quindi? Pare proprio di sì, e se il Codice della Strada e la Delibera anti degrado “mettono il bastone tra le ruote”, detto quanto mai appropriato, meglio ignorarli.

Salvatore De Vita

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