La Piada

La Piada

Se non siete filosofi...

Per capire la Piada dobbiamo necessariamente rifarci ad Aristotele e al suo sillogismo: gli uomini sono mortali. Socrate è un uomo. Ergo, Socrate è mortale. Ci siamo? Date due premesse certe, la conclusione è evidente. Se non ci sono queste basi, se non c’è la logica, se non siete filosofi, è inutile parlare di Piada, e soprattutto mangiarla. Cercherò di essere breve, cosa per me difficilissima, sintetico ma non sincretico, conciso ma non, come diceva il politico di turno, circonciso. Amici cari, rurali affezionati, giocate con le parole, cercate il significato, non accontentatevi dello smartphone, siate svegli e perspicaci, non il vostro telefono. Torniamo a bomba e alla filosofia rileggiamo la Storia.

Fotografia di Pier Paolo Zani (da: “Il nero testo di porosa argilla”, Cassa Rurale Savignano sul Rubicone, Pazzini editore)

Già all’inizio dell’Ottocento, il medico leontino, Michele Rosa, “e dutor”, testimoniava la farina di ghiande per l’alimentazione dei contadini. Chi erano i contadini? I servi del Conte, la stragrande maggioranza della popolazione. Alcune farine venivano ricavate dai sarmenti della vite, spezzati e seccati al forno, altre si ottenevano dalle fave, avena, miglio, farro, orzo e castagne. Ancora ai primi del Novecento, Angelo Celli, medico urbinate eletto deputato, twittava che i morti di fame che abbondavano nelle nostre colline, durante i terribili inverni, (oggi non sappiamo e proviamo nulla), mangiavano le ghiande. Morale e chiudo per il momento. La Piada era la povertà assoluta, e questa è la prima premessa del mio sillogismo. La seconda fra una settimana.
Rurali sempre.

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