La Regione aiuta il “Fellini” e le rotte aeree di Delrio portano a Rimini

La Regione aiuta il “Fellini” e le rotte aeree di Delrio portano a Rimini

L'assessore regionale Donini dice che da alcuni mesi ha attivato un tavolo con Corbucci e col sindaco Gnassi per valutare insieme quali possano essere gli interventi infrastrutturali necessari all’aeroporto Fellini, "come ad esempio un collegamento con la ferrovia e con il Trc". Vorrà così farsi perdonare i 12 milioni di euro che regala a Parma per allungare la pista del "Verdi"? Difficile, perché il "Fellini" al massimo ha ottenuto 1 milione di euro dalla Regione. Gli scenari per il futuro dello scalo di Rimini, attratto dal "Marconi", e la riabilitazione indiretta della politica low cost di Aeradria da parte del ministro Delrio.

La Regione Emilia Romagna mette 12 milioni di euro per l’aeroporto di Parma. Quanti ne ha messi per quello di Rimini? E cose bolle in pentola per il “Fellini”? Cominciamo dall’ultima domanda, che abbiamo posto direttamente all’assessore regionale ai trasporti, Raffaele Donini: “Abbiamo attivato già da alcuni mesi con l’amministratore delegato Corbucci e con il sindaco Gnassi un tavolo di approfondimento per valutare insieme quali possano essere gli interventi infrastrutturali necessari all’aeroporto Fellini, come ad esempio un collegamento con la ferrovia e con il Trasporto Rapido Costiero che nel 2017 avvierà il servizio”. E’ una notizia. La Regione ha aperto un dialogo col Comune di Rimini e con la società di gestione del “Fellini” per connettere l’aeroporto con la rete ferroviaria e con la metropolitana di costa. Ma non passa inosservato il dislivello di aiuti.

Aiuti regionali a Parma ma a Rimini no.
La Regione non ha mai destinato somme nemmeno lontanamente simili a quella di Parma per lo scalo di Rimini. In occasione dell’assemblea straordinaria di Aeradria, ottobre 2006, la Regione partecipò ad un aumento di capitale dedicato finalizzato all’ingresso nella compagine societaria: ci mise 1 milione di euro e acquistò il 7,02% del capitale sociale di Aeradria. Punto. Era la fase in cui – fra 2005 e 2006 – l’allora assessore ai trasporti Alfredo Peri perseguiva il progetto della “rete regionale degli aeroporti” ed era socio di Forlì, Rimini e Bologna. Poi perseguì anche la holding degli aeroporti fra Rimini e Forlì. Non si concluse nulla. L’ex presidente di Aeradria, Gabriele Morelli (che si è spento dieci giorni fa), parlò proprio su questo foglio online, a proposito del fallimento delle politiche regionali in materia, di una “moltitudine di risorse pubbliche mal spese nella concorrenza fratricida degli scali, il risultato è stato quello di restare con un unico aeroporto regionale che ha aumentato i volumi di traffico solamente grazie al suo declassamento competitivo, e cioè aprendo al settore low-cost con tutto ciò che significa questo mercato. Di tutti gli altri scali della regione, oggi resta solamente la testimonianza e poco altro”.
Quando Aeradria fra 2006 e 2011 ha affrontato cospicui investimenti, che notoriamente hanno giocato un ruolo nei problemi sfociati nel fallimento, compresi i lavori sulla pista, per un importo superiore ai 20 milioni di euro, la Regione non contribuì. Ma per Parma usciranno dai bilanci della Regione (al Bilancio la riminese Petitti), spalmati su tre esercizi (2017-19), 12 milioni di euro. Spiega l’assessore Donini a Rimini 2.0: “Lo stanziamento di 12 milioni di euro è previsto esclusivamente per l’allungamento della pista dell’aeroporto Verdi per potenziare l’impianto infrastrutturale e renderlo adeguato alla vocazione cargo ricompresa nel piano di sviluppo. La Regione non può certo, né intende farlo, entrare nella compagine sociale dell’aeroporto”. E aggiunge: “Fin dal nostro insediamento abbiamo posto una forte attenzione sul futuro degli aeroporti della nostra Regione e siamo riusciti nell’agosto 2015 a far inserire dal Governo, oltre ovviamente all’hub principale di Bologna, anche l’aeroporto di Rimini e Parma nei cosiddetti “scali di interesse nazionale”, lasciando un canale aperto per il possibile inserimento anche dell’aeroporto di Forlì: 38 a livello nazionale, 3 sono nella nostra Regione”. La politica regionale in materia aeroportuale Donini la sintetizza così: “Per rilanciare gli aeroporti del nostro territorio abbiamo deciso da un lato di uscire dalla compagine societaria degli scali ma dall’altro di avviare fin da subito un’interlocuzione con le società proprietarie per individuare insieme gli interventi infrastrutturali necessari per la loro competitività. A Bologna abbiamo aperto i cantieri del People Mover e a Parma abbiamo annunciato questo importante investimento per l’allungamento della pista”. E a questo livello si colloca anche il dialogo avviato con Rimini per “unire” l’aeroporto con la ferrovia e il Trc, una scelta che cade nella fase peggiore che l’aeroporto attraversa.

Non ci resta che il “Marconi”.
L’aeroporto “Verdi” di Parma (con Comune, Provincia e Camera di Commercio nel capitale sociale) non se la passa bene. Nel 2015 ha registrato una flessione del 9% del traffico rispetto all’anno precedente, con 187 mila passeggeri. E pochi giorni dopo l’annuncio (10 ottobre scorso) che “tra due o tre anni le merci partiranno da Parma per il mondo”, grazie anche ad un accordo sottoscritto con Etihad (Parma diventerà la base logistica delle sue spedizioni), i sindacati hanno fatto sapere che nello stesso aeroporto scatterà la cassa integrazione per una trentina di lavoratori.
Perché questa scelta della politica regionale, che invece non ha mai dato una mano a Rimini, nemmeno nella fase di decollo, che nel 2011 arrivò quasi a toccare il cielo, ovvero quota 1 milione di passeggeri, dopo due anni di crescita notevole (382.932 passeggeri nel 2009 e 552.992 nel 2010)? Poi ci fu il crac, una storia ancora tutta da scrivere, soprattutto dopo la semplicistica equazione mediatica secondo la quale il “pubblico” ha accumulato debiti e finalmente il privato ci farà tornare a volare. Il film visto fino ad oggi ha avuto un’altra trama. E dai 920.641 passeggeri del 2011 si è precipitati a meno di 160 mila dello scorso anno (in mezzo la chiusura al traffico e la riapertura dal 1° aprile 2015).
Decifrare i pensieri a lunga gittata di Airiminum sul “Fellini” non è semplice. Le dichiarazioni ufficiali sono note e di recente l’ad Corbucci ha parlato di indignazione perché, ha detto, “il nostro tentativo faticoso di innovare il settore dei medi aeroporti italiani attraverso nuove modalità gestionali orientate sull’efficientamento e l’autosufficienza economica venga costantemente boicottato da operazioni spesso in perdita e senza alcun ritorno per il territorio di riferimento, praticate da aeroporti che si sostengono esclusivamente su fondi pubblici. Aeroporti gestiti da società spesso e volentieri in forte crisi strategica, con un livello di indebitamento non più sostenibile e con difficoltà a garantire il pagamento regolare dello stipendio ai propri lavoratori – ad eccezione dei manager -, che determinano con tali pratiche una situazione di far west a danno degli aeroporti stessi che, nel 99% dei casi, corrisponde alla triste equazione ‘a danno dei contribuenti italiani’.”
Ma qual è il futuro dello scalo di Rimini, ancora in attesa di decollo? C’è chi pensa che possa essere solo nell’orbita del “Marconi”, ormai alle prese con un limite strutturale di “capienza”. Il piano di sviluppo contenuto nell’accordo territoriale sottoscritto nel 2008 fra i vari enti parlava di una “capacità finale dello scalo oltre i 10 mln di passeggeri”. I lavori di riqualificazione e ampliamento effettuati hanno permesso al “Marconi” di crescere, secondo un trend che continua (nei primi nove mesi del 2016 i passeggeri sono aumentati del 12,6%, pari quasi a 6 milioni), ma ha già raggiunto quasi quota 8 milioni di passeggeri. Stante l’incertissima situazione in cui versa Forlì, potrebbe essere Rimini lo sbocco naturale di Bologna. Tanto più ora, dopo che Parma ha imboccato la strada dell’aeroporto merci (comunque un bel punto interrogativo visto che questo settore non segna una ripresa significativa e il traffico cargo è concentrato in un numero limitato di nodi, con Malpensa hub principale) e il “Fellini” si trova nelle condizioni infrastrutturali ben note, ovvero la pista più lunga in ambito regionale, superiore anche a quella del “Marconi”.
Archiviata ormai definitivamente la stagione dell’orgoglio campanilistico, Bologna diventa uno scenario, forse l’unico, per una possibile ripresa del “Fellini”, che trarrebbe solo vantaggio da alcuni voli “dirottati” dal Marconi a Rimini nel periodo fra la primavera e l’estate, una benedizione per il nostro turismo (i cui capitani non si lamentano più delle performance negative dell’aeroporto, come invece avveniva negli scorsi anni).

Chi lo dice a Delrio che a Rimini l’hanno anticipato di una decina d’anni?
Alla vigilia dello scorso ferragosto è uscita una notiziola, quasi nascosta, che ha recuperato visibilità qualche giorno dopo. Recitava: “Compagnie low cost, linea più morbida del governo sugli aiuti”. E poi: “Se un gestore aeroportuale dispone di soldi pubblici, gli accordi commerciali con le compagnie non costituiscono aiuti di Stato”. Cosa? Vediamo di ricordare: per quale ragione sono stati fatti salire sul Calvario i timonieri di Aeradria? Truffa, accordo commerciale con Ryanair e compagnia cantante. Aiuti di Stato. “L’espediente del vuoto su pieno”, hanno scritto le cronache locali, ovvero il risultato di quella operazione commerciale con le compagnie aeree low cost per far atterrare voli sull’aeroporto di Rimini. Par di capire che i legali degli imputati riminesi ci andranno a nozze con la ricetta del ministro ai Trasporti Graziano Delrio. Le sue nuove linee guida per le rotte aeree vogliono favorire lo sviluppo del traffico e aiutare la sostenibilità di esercizio degli aeroporti minori e insulari. Delrio adesso dice: bene, sono soldi che si spendono a tutto vantaggio del turismo.
Però, se così stanno le cose, agli uomini di Aeradria, che questa strategia l’avevano individuata una decina d’anni fa, come si può continuare ad affibbiare l’etichetta di truffatori?
Senza contare che lo scenario possibile, per alcuni dietro l’angolo, sarà questo: una sentenza della Cassazione (che comunque deve ancora esprimersi) che potrebbe riabilitare Aeradria. Avete presente il dilemma, fallimento si-fallimento no, e il ricorso in Cassazione dopo il pronunciamento della Corte d’Appello di Bologna che respinse i reclami di Aeradria e di 51 creditori contro la revoca del concordato e contro il fallimento decretato il 26 novembre 2013 dal Tribunale di Rimini? Ecco, quando ormai il mondo è andato avanti e il “Fellini” ha un nuovo gestore che si è aggiudicato un bando Enac, se la Cassazione dirà che Aeradria non doveva fallire, l’ex società di gestione tornerà in bonis ma… non avrà più l’aeroporto.

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