Il ‘Corrierone’ definisce Rimini una città degna dei peggiori romanzi noir di James Ellroy. Gita a Miramare, dove i turisti di una vita ora hanno paura per sé e per i nipoti. E gli insegnanti fanno strani incontri al bar. Bisogna cambiare marcia: prima dell’etica dei selfie e degli eventi, mettete in sicurezza la città.
Meglio di Los Angeles… In tutti i sensi
Paolo Di Stefano, che fa il giornalista per il Corriere della Sera e ogni tanto pubblica un romanzo per Feltrinelli, ha scritto che Rimini è passata dall’epopea un po’ pacchiana di Pier Vittorio Tondelli al romanzo noir alla James Ellroy. Si riferiva, ovvio, ai fatti tenebrosi accaduti a Miramare, zona 130, lo stupro di gruppo con polacco. A voler mettere cultura nel fuoco, possiamo ricordare a Di Stefano che Umberto Eco, dal Paradiso, noto locale in Covignano, in pieni Ottanta, guardava Rimini e gorgheggiava, “…ma qui è meglio di Los Angeles!”. Già. Ora, purtroppo, Rimini è meglio di Los Angeles in tutti i sensi – oltre alle luci sgargianti abbiamo anche gli stupri dilaganti. Ora, però, sterziamo dai missili aria-aria di Di Stefano a discorsi più terra-terra.
“Il problema è che qui ci sono problemi da tempo”
Miramare è una terra di nessuno che d’estate si riempie di turisti. Domenica mattina, ora di pranzo. Becco un paio di persone armate di sdraio. Si chiamano Luigi e Rita, sono lombardi, Cernusco sul Naviglio. “Veniamo a Miramare da trent’anni. Ci abbiamo portato i figli. Ora un figlio, quello sposato, ci porta i nipoti”. Lui, Luigi, 65 anni, fa l’elettricista per una azienda di media grandezza, una delle tante in ‘Padania’. Avete saputo dello stupro di massa? “Non ce lo dica, che brutta storia… Più che altro, adesso abbiamo paura per i nostri nipoti. Che mondo…”. Già, l’uomo è brutto e cattivo da qualche millennio in su. Nel dialogo s’interseca Franco, 71 anni, piemontese, di Asti. Qui a Miramare ci sono tanti anziani, campi di bocce alla buona, un tot di valzer. “Il problema è che a Miramare ci sono problemi da tempo. Adesso tutti ne parlano, ma bisogna conoscerle le cose…”. Ci spieghi lei. “Beh, caro mio, l’altra sera ho visto un paio di prostitute che se le davano di brutto, per non parlare dei travestiti, che fanno un baccano del diavolo. E poi c’è gente strana…”. Non vi sentite protetti? “La sera la polizia passa”, puntualizza la signora Rita. “Ma non è abbastanza. D’estate c’è tanta gente, di notte sai cosa succede…”. Cosa succede? “Gente che s’accampa qua e là, spaccio, a volte fiocca una coltellata e nessuno dice niente. Poi senti il suono di una volante, ma non c’è più nessuno”. Tutte cose che si sanno da anni. “Appunto. E nessuno alza la voce se non a tragedia consumata”, dice Franco.
A scuola nella ‘no man’s land’
Poco più in là della zona 130, ci sono le scuole. Qualche insegnante è già in aula, per corsi di recupero o esami di riparazione. “Diciamo che il problema non è soltanto d’estate”, dice Giulia. Cioè? “Beh, per i ragazzi Miramare, Bellariva, non sono dei bei posti”. Ci faccia un esempio. “Due giorni fa accompagnavo uno studente a prendere una bottiglia d’acqua. Nel bar c’era un travestito, un trans. Piuttosto robusto, con i tacchi a spillo. Sia chiaro, non ho nulla contro nessuno, anzi. Solo che si è messo a fissarci, con un chiaro intento di sfida. Quando ha cominciato ad attaccare bottone con lo studente, l’ho portato via, siamo tornati a scuola”. Problemi, quelli della no man’s land riminese, denunciati, ripeto, da anni. E dove da anni si assiste a più o meno gravi atti di criminalità. “E non c’è solo Miramare…”. Cioè? “La stazione è un luogo da cui stare lontani, dopo una certa ora. Ma anche il centro storico non è più sicuro. In piazza Ferrari, dove ci sono i giochi per i bambini, non è raro incrociare soggetti ‘bizzarri’, diciamo così. Che poi, duole dover ripetere sempre le stesse cose…”. Ha ragione. Rimini non è una città sicura. Ma al posto di metterla in sicurezza, gli amministratori badano a rassicurare l’‘opinione pubblica’. Per salvare quei brandelli di turismo che restano.
Contro la retorica piaciona, pattugliare le spiagge
Proprio questa è la bestialità. Pensare che basti un comunicato stampa o una dichiarazione ai quotidiani giusti per risolvere il problema. Troppo impegnati a riempire gli alberghi e a strologare l’evento di grido – ma la ‘tendenza’ si fa ormai altrove – ci siamo dimenticati l’abc del civismo: mettere in sicurezza la città, tutelare i cittadini. Che non significa spazzar via la feccia dell’umanità, come se qualcuno avesse il potere di farlo e fosse giustificato a farlo. Significa, molto banalmente, custodire il proprio territorio, difendere la città. Una rottura di balle per la Giunta Gnassing, lo capisco, che ha costruito il proprio operato sull’etica del selfie e sulla retorica piaciona. Dico un’estrema banalità. Juan-les-Pins, Costa Azzurra, vent’anni fa. Becco una tipa, tour in spiaggia, ci sdraiamo sull’orizzonte lascivo di una spiaggia. Paradiso terrestre. Interrotto quasi subito dal muso di un cane e da un agente in divisa, con manganello e armeria al fianco. Il tipo, in rabbioso francese, mi dice che dopo una certa ora in spiaggia non si va, vattene. Me ne vado, abbracciando la tipa. Incazzato contro la Francia intera. Le spiagge francesi erano punteggiate di agenti. Non facevi tempo a sfilare gli slip a una che li avevi addosso. Avevano ragione loro, cazzo.
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