L’Anfiteatro romano ha anche un acquedotto funzionante?

L’Anfiteatro romano ha anche un acquedotto funzionante?

In base alla documentazione sull'Anfiteatro romano che va dal '600 fino agli anni '30 del '900, quando si cominciò a scavare il grande monumento interrato e semidistrutto, e a quanto pare trovando l'impianto idrico ancora in funzione, il prof. Rimondini affronta un tema di notevole importanza legato "al terzo fra i grandi monumenti romani di cui Rimini può a giusto titolo menare vanto", come scrisse Salvatore Aurigemma. Ma sul cui futuro l'amministrazione comunale non ha ancora detto nulla di certo.

L’acquedotto dell’Anfiteatro è funzionante?

Veduta dell’Anfiteatro

18 agosto 1913: decreto ministeriale di salvaguardia della zona di rispetto intorno all’area dell’Anfiteatro di Rimini.

Veduta dell’Anfiteatro

L’Anfiteatro di laterizi “Costituisce con l’Arco di Augusto e il Ponte sulla Marecchia il terzo fra i grandi monumenti romani di cui Rimini può a giusto titolo menare vanto.” Salvatore Aurigemma, 1934.

L’Anfiteatro nel ‘600

Prendiamo in esame la documentazione sull’Anfiteatro dal ‘600 fino agli anni ’30 del ‘900, quando si cominciò a scavare a diversi titoli il grande monumento interrato e semidistrutto e si trovò una grande quantità d’acqua che fu descritta come “acquedotto”. Sembra che l’impianto idrico dell’Anfiteatro sia stato sempre trovato ancora in funzione. Cesare Clementini (1561-1624) è uno storico barocco che ama aggiungere alla storia fattuale le sue fantasie. Proprio prima di illustrare “i due porti” antichi di Ariminum fa delle osservazioni sull’impianto idrico della città romana che sono state confermate da ritrovamenti dei secoli posteriori.
Dal monte della Cava sul Covignano partono effettivamente delle condutture idriche romane di pietra e di cotto e poi di piombo:

“acquedotti in pietra viva, i quali anche nell’anno mille seicento, e dodici si sono trovati, e cavati vicino alla porta S.Andrea, e questi passano lungo le mura della Città e si congiungono con altri di pietra cotta, fin avanti la piazza dell’Anfiteatro, sì come nel fondare la Chiesa e il Convento de’ Frati Cappuccini, otto anno sono si vide ivi essere con ampi fondamenti di detto Anfiteatro, il quale era bagnato dal mare nella parte che guarda settentrione…” (Clementini, Racconto istorico, I, p. 56)

Giacomo Villani (1605-1690) era troppo piccolo quando si fondarono la chiesa e il convento cappuccini, e deve avere raccolto delle notizie, che trasformano in Bagni le strutture trovate nell’area dell’Anfiteatro:

“…Hinc proximae erant cellae seu camerae pro blaneis…ex quibus una in integrum reperta anno 1606 dum fundaverunt Monasterium Cappuccinorum, quae in medio claustri inervit modo pro cisterna, in qua colligantur aque pluviales, et optime pro potu servantur.”

[Qui erano vicine delle celle o camere per i bagni…delle quali una fu trovata integra nel 1606 quando scavarono le fondamenta del Monastero dei Cappuccini, che ora in mezzo al chiostro serve per cisterna, nella quale si raccolgono le acque delle piogge, e sono conservate ottime da bere. Giacomo Villani, De vetusta Arimini Urbe, I, 14, Biblioteca Gambalunga]

Veduta di quanto resta dei tre archi superstiti

La porta d’entrata nel primo scavo del 1763

Veduta successiva con l’attacco dell’Anfiteatro alle mura di Rimini del ‘500

L’Anfiteatro nel 1763

Una carta di un Memoriale del 19 luglio 1763 – conservata in Archivio di Stato di Rimini: AP 893, c.89 -, ricorda che i Consoli di Rimini hanno dato una concessione di scavo a Stefano Innocenti mastro muratore, che ha trovato una camera, scavando sotto la torre cilindrica detta la Tenagliozza e che ha aperto “li Archi dell’antico Anfiteatro o antico Porto esistenti nelle mura di questa Città, sotto l’orto o Clausura de padri Cappuccini.”
Il 20 agosto dello stesso anno, nello stesso memoriale a c.86 v.:

“Comparve avanti a noi mastro Innocenti muratore e due istanze espose. Una di prendere a Livello la Camera scoperta sotto il Torrione delle Mura di questa Città dietro il Monastero degli Angeli, denominata la Tenagliozza, per quell’annuo Livello, che da qualunque altro verrà offerto. E l’altra da concedersi parimenti a Livello l’Acquedotto rinvenuto nell’antico Anfiteatro ora da lui appertosi sotto la clausura de’ Padri Cappuccini nelle Mura della Città, e la Camera, in cui esiste detto Acquedotto, per erigersi una vasca o pozzo…”

Il muro che tampona una parete esterna dell’Anfiteatro, formato dalle pietre dei sedili ed altri elementi litici dell’Anfiteatro

Ma essendosi deciso di non concedere a livello mura e torri cittadine, l’affitto venne negato e si intimò all’Innocenti di rimettere le cose in pristino, come aveva promesso. In un diario del dottor Giovanni Bianchi – alias Jano Planco – pubblicato da Gian Ludovico Masetti Zannini nel 1988 – sotto l’8 novembre 1763, siamo informati meglio dell’attività di mastro Innocenti.
Quel giorno con Serafino Calindri, agrimensore perugino, a Rimini per il catasto, che il Bianchi dice “uomo erudito” – e siamo non tanti anni lontani dalla feroce lite per il porco quando il Bianchi lo chiamerà “il mangia merda” – e con il farmacista o “speziale” riminese Angelo Cavalieri, “dilettante di varie cose” che aveva finanziato gli scavi dell’Innocenti, il Bianchi andò a visitare gli scavi dell’Anfiteatro. Descrive bene quello che ancora si vede, i tre archi chiusi – distrutti durante la guerra -, che seguendo quanto aveva detto Tommaso Temanza, giudica opera posteriore ai romani, il muro di calcare di San Marino o di arenaria, e la porta romana che descrive nei dettagli, al tempo munita di cancello. Che l’Innocenti e il Cavalieri erano riusciti a farsi aprire. E’ lo stesso sito archeologico che Luigi Tonini scaverà quasi novant’anni dopo. La porta immette in una struttura a cuneo dell’Anfiteatro che termina aprendosi su un condotto d’acqua, qui chiamato “l’Acquedetotto”:

“Entrammo dentro la porta, e vedemmo che vi era come una stanza bislunga, con un volto, che da una parte è caduto. In faccia alla porta si trova un canale, o sia acquidotto quadrato che conduce un’acqua limpidissima, ma che sta sempre ad un’altezza, e questo canale ha le pareti di mattoni molto grandi…”

Mastro Innocenti aveva scoperto il condotto “quadrato”, cioè non coperto a volta del quale anche Luigi Tonini supporrà l’esistenza e che verrà rimesso in luce negli scavi del 1935.

L’Anfiteatro nel 1845-1846

Gli scavi del Tonini nel 1845-1846

Luigi Tomini negli anni della Rivoluzione di Rimini di Pietro Renzi aveva cominciato uno scavo dell’Anfiteatro a partire dall’area esplorata dal muratore Innocenti e dal farmacista Cavalieri, e ha stampato una relazione. Raggiunta l’area dell’arena, che stima a 4 o 6 metri sotto il livello della terra che aveva coperto l’Anfiteatro, il Tonini nota un “sistema di fognature che si dirigeva verso il centro dell’edificio forse in direzione di un collettore maggiore che doveva poi scaricare nell’Ausa”. Lo stesso poi fa disegnare dal poco che ha scavato, ma con la giusta intuizione delle simmetrie, la pianta intera dell’Anfiteatro con il sito di quattro fontane per calmare la sete degli antichi spettatori.

Foto degli scavi degli anni ’30 con l’Eripus o canale di raccolta dei fognoli e di conduttura dell’acqua

L’euripo del 1935

Il termine “euripo” usato da Angela Fontemaggi e Orietta Piolanti per indicare il condotto praticabile semisommerso trovato negli scavi del 1935 e fotografato dagli archeologi, è la traduzione italiana di quello esatto usato dai romani, euripus o euripos. Un termine che viene dal greco e significa stretto di mare, o il fosso che gira intorno agli anfiteatri – il primo euripo però girava dentro il Circo Massimo, e fu fatto scavare da Giulio Cesare per mettere in sicurezza gli spettatori quando vi erano spettacoli con belve feroci.
Ma un euripo girava anche intorno all’arena dell’Anfiteatro Flavio o Colosseo, per essere utilizzato per riempire d’acqua l’arena al fine di organizzare spettacoli con battaglie navali o scene erotiche marine.

Poi l’euripo del Colosseo venne chiuso pochi anni dopo l’inaugurazione e il fondo dell’arena fu scavato e trasformato per ottenere locali di servizio e collocare le macchine scenografiche.
A Rimini rimane il mistero di quel livello d’acqua che “sta sempre ad un’altezza”. Da dove proviene? Come mantiene il suo equilibrio? Dove si scarica? Ci sono condotti d’acqua ancora in funzione e scarichi naturali aperti? In fondo non sappiamo niente di come è il sottosuolo di Rimini, coi suoi fiumi, sorgenti e canali, argille, sabbie e rocce…
E infine pensate a cosa si potrà trovare nel fondo di quel vasto anello ovale. Monete, tessere dell’anfiteatro, frammenti di vasi, oggetti di bronzo, armi, frammenti di statue, statue intere di marmo e di bronzo nascoste ai barbari, nascoste ai Cristiani…

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