L’Unione dei Comuni? “Costi inutili e scarsi vantaggi”: parla il sindaco di Casteldelci

L’Unione dei Comuni? “Costi inutili e scarsi vantaggi”: parla il sindaco di Casteldelci

Bilancio di cinque anni della Unione di Comuni della Valmarecchia: "ha fallito, ci ritroviamo con comuni che non hanno risorse per erogare i loro servizi e un’Unione con tanti soldi che non è riuscita a spendere". E sullo sdoppiamento di cui si parla? "Considero le Unioni un ente in più e un esborso inutile di fondi che, se dati direttamente ai comuni, sarebbero per certo spesi meglio, comunque, se Unione deve essere, lavoriamo perché sia il più funzionale possibile", dice il primo cittadino. Che in questa conversazione tira anche le somme a dieci anni dal passaggio dei sette Comuni dalla provincia di Pesaro Urbino a quella di Rimini.

Dopo i consigli comunali più o meno infuocati delle ultime settimane a Verucchio, Santarcangelo e Poggio Torriana sul tema dello “sdoppiamento” dell’Unione dei comuni, che Rimini 2.0 ha anticipato a fine ottobre, abbiamo voluto incontrare un sindaco rappresentante dell’Alta Valle del Marecchia per sentire anche l’altra campana sulla situazione e l’evoluzione dell’Unione. Fabiano Tonielli è da pochi mesi sindaco del Comune di Casteldelci ed ha accettato di buon grado di darci la sua versione dei fatti.

Per prima cosa le chiediamo un bilancio dell’esperienza targata Unione dei Comuni della Valmarecchia.
Cominciamo col dire che l’Unione dei comuni nasce con un errore strutturale: fu definito un ambito territoriale che va da Bellaria a Casteldelci, quindi fortemente disomogeneo. Non è innanzitutto un problema di distanze, quanto di esigenze di base. Infatti il tessuto sociale e il territorio di Casteldelci e Santarcangelo hanno necessità radicalmente diversificate, un piccolo esempio: il servizio di polizia municipale svolge in un comune come Casteldelci servizi totalmente diversi rispetto a quelli che può svolgere in Comuni come Poggio Torriana o Santarcangelo.
Ritengo l’Unione dei comuni, così come si presenta oggi, un ente non idoneo, che genera costi inutili con scarsi vantaggi, ma se saremo costretti a mantenere questo assetto mi auguro per lo meno che si possa riferire ad ambiti più omogenei.

Da qui la nuova proposta che sarà portata in regione appena tutti i consigli comunali avranno dato il via libera: la divisione dell’Unione in due diverse aggregazioni. Da una parte i comuni di Poggio Torriana, Verucchio, Santarcangelo e Bellaria Igea Marina, dall’altra i 7 comuni dell’Alta Valle. È una soluzione che la soddisfa?
Premettendo che le Unioni dei comuni sono uno strumento troppo pesante e oneroso nella gestione dei servizi, bisogna constatare allo stesso modo che ci ritroviamo nella situazione di non poterne fare a meno a causa della legge regionale.
Ciò premesso, stiamo lavorando, in questa fase preliminare, con tutti i comuni dell’Unione per chiedere alla Regione di modificare l’ambito ottimale con lo scopo di avere due Unioni che possano assolvere al meglio ai servizi per tutti i comuni, in maniera differenziata in base alle loro esigenze. È evidente che questa operazione non comporta automaticamente un totale e definitivo sdoppiamento dell’Unione, ma più probabilmente l’individuazione di due ambiti territoriali che rimangano in forte dialogo tra loro tramite accordi specifici, in particolare su alcuni temi quali ad esempio il turismo e servizi sociali.

Sono necessarie particolari condizioni perché anche i comuni più piccoli abbiano vantaggi dalla propria presenza in una Unione di Comuni?
Per prima cosa va definito cosa sia un comune piccolo: il comune che amministro, ad esempio ha pochi abitanti, ma un territorio che è più grande di quello di Santarcangelo. È un comune appenninico che ha particolari peculiarità che si traducono in caratteristiche territoriali e idrogeologiche differenti rispetto alla pianura. In questo senso avere a disposizione un ente sovracomunale uniforme è un passo avanti, tenendo sempre presente che l’ente comunale è indispensabile e non è pensabile un suo superamento. Le distanze geografiche, soprattutto in certe zone, non permetterebbero una reale cura del territorio se non ci fossero comuni, anche con pochi abitanti, che assolvono compiti di manutenzione del territorio, cura delle strade, trasporto dei bambini ecc… In questi casi uno strumento come l’Unione non sarebbe assolutamente efficace. La sua efficacia invece emergerebbe come ente che sgravi i comuni dalla burocrazia, garantendo fondi per poter intervenire tempestivamente dove necessario.

Ha parlato di “particolari caratteristiche idrogeologiche” del territorio dell’Alta Valle, la domanda sorge spontanea: il suo comune e quelli limitrofi dispongono dei servizi del Consorzio di Bonifica della Romagna?
Noi facciamo parte del Consorzio di Bonifica, ma il consorzio qui non opera. In fase di passaggio dalle Marche all’Emilia Romagna, la maggioranza dei comuni ha optato per non entrare operativamente nel Consorzio. Sono convinto che tutto il tema della tutela del territorio non si risolva con gli investimenti di questi enti. Il vero investimento da fare per una reale tutela del territorio montano, che poi si ripercuote anche a valle, è una forte politica per il ripopolamento della montagna, lasciando lavorare gli agricoltori che a costo zero curano il territorio. Se pensiamo che lo stato con i suoi investimenti possa sostituirsi a quello che i cittadini potrebbero fare gratuitamente, curando la propria terra, siamo in grave errore. Bisogna ripopolare la montagna, fare in modo che la gente qui possa lavorare e non ridurre questi territori a riserve indiane.

A proposito: a 10 anni dal passaggio dalla Provincia di Pesaro Urbino a quella di Rimini quale bilancio si può trarre?
Abbiamo creduto e combattuto fortemente per il passaggio allora e non ne diamo certamente un giudizio negativo oggi. Siamo stati uniti istituzionalmente al territorio a cui siamo legati naturalmente che è la provincia di Rimini. Il passaggio ha però coinciso con un periodo di crisi, per cui anche tanti effetti sperati, che potevano essere tutti gli investimenti che abbiamo sempre visto nella regione Emilia Romagna in questi anni, sono stati più blandi di quanto sperato. D’altra parte, non credo che nella regione Marche se la passino molto meglio, anzi ne approfitto per fare un appello alle istituzioni, che hanno bloccato il sacrosanto passaggio dei comuni di Montecopiolo e Sassofeltrio alla provincia di Rimini, perché risolvano la situazione e sveltiscano l’iter.
Sono comuni che hanno come riferimento l’Emilia Romagna e non vediamo l’ora di dargli il benvenuto in Provincia.

Un’ultima domanda sullo “sdoppiamento” delle Unioni: ravvede qualche ragione di natura squisitamente politica in questa decisione?
Ci siamo ripromessi di non connotare politicamente questa operazione, perché, in tal senso, la politica può solo rallentare una operazione che va nella direzione di un miglioramento, anche se io appartengo ad una parte politica sicuramente non promotrice delle Unioni. I motivi per cui promuovere questo passaggio sono tecnici: un’Unione così grande ha avuto un test di cinque anni ed ha fallito, presenta un avanzo di circa 3 milioni di euro ed è riuscita allo stesso tempo a mettere sul lastrico i comuni. Quindi ci ritroviamo con comuni che non hanno risorse per erogare i loro servizi e un’Unione con tanti soldi che non è riuscita a spendere: qualcosa non ha funzionato! Era necessario dare una svolta!
Personalmente considero le Unioni un ente in più e un esborso inutile di fondi che, se dati direttamente ai comuni, sarebbero per certo spesi meglio, comunque, se Unione deve essere, lavoriamo perché sia il più funzionale possibile.

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