“Ma chi l’ha detto che l’attuale governance Carim non ha colpe?”

“Ma chi l’ha detto che l’attuale governance Carim non ha colpe?”

Leardini: "L'azione di responsabilità dovrebbe essere valutata per i vertici che hanno gestito la banca dopo il commissariamento".

Nella caldissima assemblea della Fondazione Carim che si è svolta ieri, Vincenzo Leardini ha pronunciato una sorta di "requisitoria" verso i vertici attuali. Ecco i numeri che ha portato a sostegno della sua tesi e alcune valutazioni.

La recente ispezione di Bankitalia ha completamente “assolto” la nuova gestione. Quella post commissariamento a guida Bonfatti. Era questa la sintesi della conferenza stampa di Carim dello scorso 9 marzo. Ieri, durante l’assemblea dei soci della Fondazione Carim, ha però preso la parola Vincenzo Leardini che, con una dettagliata relazione in mano, ha portato molti numeri, analisi e concatenazioni di fatti, per smontare la tesi di partenza, ovvero che i problemi che affliggono la banca sarebbero frutto delle gestioni precedenti. I cui ex amministratori sono coinvolti nel ben noto maxi processo e oggetto di un’azione di responsabilità da parte della banca, che anche ieri ha acceso gli animi.
Leardini ha ribaltato la frittata e chiesto, udite udite, che la Fondazione prenda in esame l’opportunità di avviare un’azione di responsabilità nei confronti dei vertici che hanno gestito la banca dopo il commissariamento.
Numeri (riportati da Leardini) a confronto fra 2009 e 2015. Raccolta diretta: -31,53%; raccolta indiretta -9,51%; impieghi -20,63%. Le filiali sono passate da 116 a 77, i dipendenti da 741 a 677, e poi un forte calo del patrimonio netto e altro.
“Si sono perse importanti volumi e quote di mercato sia nella raccolta che negli impieghi, con conseguenti minori margini per decine di milioni che moltiplicati per sei anni avrebbero contribuito in maniera significativa al conto economico, dando la possibilità di fronteggiare anche gli accantonamenti sui crediti”, ha detto Leardini. “Si sono persi molti clienti, anche importanti, e Banca Carim non è più considerata la Banca di riferimento del territorio; si sono “svenduti” importanti asset (C.I.S., sportelli Abruzzo e Molise) con notevoli perdite patrimoniali ed economiche, si sono “sacrificati” valori di immobili lasciati andare anche al quarto esperimento d’asta e svenduti anche ad un quarto del loro valore con perdite, o minori introiti, per decine di milioni di euro, facendo arricchire speculatori terzi”. E per sostenere che chi è uscito di scena da oltre sei anni non può essere accusato di tutto il peggio, ha aggiunto: “La Banca non ha mai chiarito che, buona parte delle posizioni affidate sono passate da bonis ad ammalorate negli ultimi due o tre anni, a causa del perdurare della crisi economica e nel tempo sono andate in crisi anche aziende che dal 2013 al 2015 erano correttamente appostate tra i crediti in bonis anche per la nostra Banca”.
Ma Leardini ha anche fatto notare che Carim è passata da un “voto” sufficiente di Bankitalia ad una bocciatura in soli quattro anni: “Alla fine del 2005, poco dopo aver perfezionato l’acquisto del C.I.S., la Banca viene sottoposta al controllo di Bankitalia che dura sino al febbraio 2006. Alla fine dell’indagine la valutazione è stata “in prevalenza favorevole”, secondo livello più alto nella scala delle valutazioni”. Nel febbraio del 2010 una nuova verifica con esito “in prevalenza sfavorevole”: “Considerato che si tratta del penultimo livello nella scala delle valutazioni, è difficile comprendere come la stessa Banca, a distanza di quattro anni dalla precedente ispezione, si trasformi da una macchina “efficiente” in una macchina “sfasciata”.”
Ancora. “Alla fine del periodo di commissariamento, durato ben due anni durante i quali la Banca è stata rivoltata come un calzino, i Commissari, con l’approvazione del Comitato di Sorveglianza e di Bankitalia, che aveva approvato il bilancio di fine commissariamento, riconsegnano la banca in bonis”, ha detto ad alta voce Leardini. “Tutto ciò sta a significare che la Banca era nelle condizioni patrimoniali e organizzative adeguate per proseguire l’attività con risultati, anche economici, adeguati. Gli stessi Commissari, durante l’assemblea di riammissione in bonis, dichiarano che non erano emersi, in ben due anni, motivi per promuovere azione di responsabilità e che, pertanto, non si rinvenivano ragioni per attivarla. Qualche tempo dopo, rispondendo alla Procura della Repubblica, dichiarano che “… non è dimostrabile un nesso di causalità tra le perdite ed il comportamento degli amministratori …”.
il totale dei crediti deteriorati alla fine del commissariamento “ammontava a 641 milioni di euro lordi, pari a 460 milioni netti; le sofferenze ammontavano a 250 milioni lordi, pari a 136 milioni netti”. Mentre oggi i crediti problematici ammontano a 950 milioni di euro. “Nel novembre 2013 il CdA ordina una due diligence esterna (seconda in ordine di tempo) con lo scopo di valutare la banca e fissare il prezzo di concambio per l’operazione di acquisizione di Eticredito. I dati che emergono portano il CdA a decidere di aumentare il valore dell’azione da euro 5,35 ad euro 5,822, pari all’8% in unica soluzione”. E oggi? Leardini l’ha messa così: “Chiedo cosa intenda fare la Fondazione per non vedere azzerato il suo patrimonio, atteso che il Presidente a fronte di un valore contabile delle azioni a 3,34 euro, dopo aver accantonato ingenti somme a presidio della qualità del credito, asserisce che applicando i “prezzi delle banche quotate” il valore più vero si attesta a 1 euro.”
Si diceva di una assemblea della Fondazione abbastanza calda. Da una parte la ferita aperta dell’azione di responsabilità, dall’altra il malessere espresso da soci che vorrebbero contare nelle decisioni che stanno determinando il destino della banca conferitaria (fino a prova contraria il socio di maggioranza è ancora la Fondazione). Su questo aspetto, ad esempio, Gianluca Spigolon non ha fatto sconti alla presidente Gemmani, ma pur avendolo chiedo non è riuscito nemmeno ad ottenere una risposta chiara sulla tabella di marcia che Bankitalia ha dettato a Carim per imboccare la strada ormai segnata: vendita degli NPL ad un fondo e arrivo del “cavaliere bianco” (come l’ha chiamato ieri Leardini, aggiungendo che a quel punto “la Fondazione non conterà più nulla e avrà perso la sua banca”). Bankitalia chiede collaborazione e dialogo fra Fondazione e Carim, ma la realtà sembra raccontare un’altra storia.

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