Manca l’acqua e si butta in mare quella depurata

Manca l’acqua e si butta in mare quella depurata

Dal 19 giugno è scattato il divieto temporaneo di prelievo idrico dall'Uso, dal Conca e dal Marecchia. Ma cosa fanno gli enti pubblici per risolvere il problema della scarsità di acqua?

Scarseggia l’acqua. Non è la scoperta della luna per la Riviera perché il problema si è già riproposto varie volte. Due giorni fa il presidente della Provincia, Andrea Gnassi, ha lanciato l’allarme anche per il riminese. E dal 19 giugno è scattato il divieto temporaneo di prelievo idrico dall’Uso, dal Conca e dal Marecchia. Per domani sono convocati in Regione i Consorzi di Bonifica, le associazioni di categoria dell’agricoltura, Atersir e i gestori del servizio idrico integrato. Ma cosa fanno gli enti pubblici per porre rimedio a questa situazione emergenziale con provvedimenti a lungo termine?
“Si continuano a sprecare risorse!”, dice Eraldo Giudici, ex consigliere comunale, che del tema si è occupato a varie riprese anche negli scorsi anni.

In che senso?
Mancano le risorse idriche e noi sprechiamo gli effluenti dei depuratori – ottimali per i canali rurali, dove ad esempio anche il valore limite per l’accettabilità dei cloruri è di 1200ppm!, – e riversiamo in mare migliaia di mc di reflui ricchi di nutrienti, che provocano non solo eutrofizzazione del mare ma ne abbassano la salinità sotto costa, pregiudicando irreparabilmente lo sviluppo delle specie ittiche, essendo notoriamente il sottocosta zona di riproduzione.

Cosa bisognerebbe fare?
Risparmiare quelle risorse idriche pregiate che, dopo cicli depurativi, costosi ed a spese del contribuente, vengono scaricate in prossimità della foce dei corsi d’acqua contribuendo al degrado dell’ecosistema marino.

Con le famose fioriture algali…
Certo, fioritura eutrofica di fitomassa e opacizzazione delle acque con riduzione dell’effetto solare sono da mettere in relazione con la sempre più bassa concentrazione salina dovuta sia al convogliamento delle acque meteoriche di dilavamento che, anche in periodi siccitosi, di quelle reflue depurate di un vasto territorio che finiscono nello scaricatore del fiume Marecchia, concentrandosi in un limitato specchio di mare, contribuendo sempre di più al degrado delle acque, da propriamente marine in acque di transizione, tipiche delle lagune costiere.

Eraldo Giudici

Quali altre carenze ci sono nell’affronto del problema?
L’esagerato sfruttamento delle risorse naturali, in particolare di quelle idriche non rinnovabili, non sembra sia stato accompagnato da adeguati interventi di trattamento basati su tecnologie naturali biocompatibili, in grado di innocuizzare e rinaturalizzare a costi minimi le acque reflue depurate e le acque meteoriche di dilavamento.
Autorevoli studi ed esperienze consolidate, da tempo suggeriscono la ridistribuzione dei reflui trattati nella rete idrica dei canali rurali dell’entroterra, date le caratteristiche parametriche compatibili con la normativa più restrittiva per lo scarico in acque superficiali.

I rimedi ci sarebbero, quindi.
Occorrerebbe una vera politica ambientale che sostenga logiche virtuose di ripristino dell’ecosistema, con la valorizzazione di ogni risorsa idrica, rinnovata e riutilizzabile, sia ai fini agricoli che industriali. La creazione di lagunaggi areati per l’innocuizzazione e lo stoccaggio delle risorse idriche così ritrovate, costituirebbe un sistema di diffusi biotopi rurali, elementi di base per un solido e duraturo ripristino dell’habitat naturale e dello sviluppo della biodiversità.
Occorrerebbe promuovere interventi “discreti e non invasivi” creando un sistema virtuoso di economia circolare molto più economico e redditizio dal punto di vista dei risultati ambientali, del risparmio di risorse naturali non rinnovabili e dei costi sociali, di quanto non siano in grado di fornire le più avanzate attuali tecnologie elettromeccaniche e chimico-fisiche. L’effetto più importante da raggiungere è la tutela dell’ambiente marino sottocosta, fondamentale per la salute del mare e lo sviluppo della biosfera marina.

Eppure non mancano le esperienze virtuose dalle quali imparare.
Oltre alle consolidate esperienze documentabili con tecnologie applicate anche in Italia dal 1975 dall’Ing, Massimo Solaroli, nostro concittadino, tante sono le realizzazioni in tutto il mondo.

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