Marcello Pera racconta il “nunzio di Dio”: Pietro Sambi

Marcello Pera racconta il “nunzio di Dio”: Pietro Sambi

E' uscito dall'editore Cantagalli il libro di Valerio Lessi su Pietro Sambi Nunzio di Dio. Anticipiamo il contributo dell'ex presidente del Senato, Ma

E’ uscito dall’editore Cantagalli il libro di Valerio Lessi su Pietro Sambi Nunzio di Dio. Anticipiamo il contributo dell’ex presidente del Senato, Marcello Pera, che di Sambi è stato grande amico. Originario di Sogliano al Rubicone, dove è nato nel 1938, Sambi è morto negli Stati Uniti, a Baltimora, nel 2011. La sua missione di diplomatico lo ha portato in varie parti del mondo: dal Camerun in Israele, da Cuba all’Algeria, e poi Nicaragua, Belgio, India. Eletto arcivescovo da Giovanni Paolo II a metà degli anni 80, è sato nominato nunzio nel Burundi, quindi ha operato in Terra Santa, fino a quando Benedetto XVI lo ha scelto come nunzio in America.

di Marcello Pera

Non posso dire di conoscere bene la vita e la storia di Monsignor Sambi. So che aveva girato il mondo in posti e momenti difficili e so che era un grande diplomatico, rispettato e apprezzato nella Chiesa e da molti Governi. Ho conosciuto l’uomo e negli ultimi tempi ci siamo frequentati spesso, molte volte a Washington, una volta a casa sua, a Sogliano al Rubicone, dove già pensava di stabilirsi definitivamente. Posso dire che siamo stati amici, e posso dire che poche volte ho sofferto così la scomparsa di un amico.
“Mi manchi” è una frase triste, ma anche un atto di gratitudine. Vuol dire: grazie per ciò che mi hai lasciato, detto, fatto capire. Grazie per essere stato un punto di riferimento. Per me, con Sambi, vale così. Semplicemente, gli sono grato fino alla soglia dell’inesprimibile.
Ci siamo fatte molte risate e molte riflessioni. Impossibile, con lui, le seconde senza le prime. Perché, alla fine, in Sambi scattava sempre il sorriso a risolvere ciò che la ragione rendeva difficile, si trattasse di politica internazionale, americana, di curia vaticana, o italiana, un tema di cui era particolarmente ghiotto, o si trattasse anche di problemi di dottrina, di cui non era certo digiuno. Belle e ricche discussioni quelle sulle sorti del cristianesimo in Occidente e in America. E amare risate quelle sulla situazione dell’Italia.
Credo che la mia sia stata l’esperienza di chiunque l’abbia conosciuto. Sambi aveva intelligenza acuta dei problemi che discuteva, sempre con quella naturale bonomia, simpatia, ironia, che è tipica della gente della sua bella terra e che in lui era la cifra dell’esistenza. Il buonumore vero non è superficialità, al contrario è consapevolezza di quanto la vita presenti problemi la cui soluzione dipende alla fine dall’imponderabile e dall’imprevedibile, di fronte al quale non si può che sorridere sull’arguzia degli eventi, che hanno la loro propria logica e la loro aspra autonomia da ogni migliore volontà.
Mi dispiace che non abbiamo potuto organizzare quell’evento a Washington a cui tenevamo entrambi. Ne avevamo parlato più volte, anche una bella sera a Roma, dove ci demmo l’arrivederci di lì a un mese. Avremmo discusso seriamente, ci saremmo divertiti e poi avremmo tirato giù qualche bicchiere di rosso. Perché anche sul modo di intendere l’ascetismo avevamo molto in comune. Ora è sede vacante.

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