Matrimoni gay a San Marino? «Lex iniusta non est lex»

Matrimoni gay a San Marino? «Lex iniusta non est lex»

Le leggi devono adeguarsi ai tempi o non piuttosto – data anche la loro natura pedagogica – conservare certi valori che altrimenti sarebbero perduti?

Le leggi devono adeguarsi ai tempi o non piuttosto – data anche la loro natura pedagogica – conservare certi valori che altrimenti sarebbero perduti? Su quali fattori è ragionevole fondare un giudizio?
Don Gabriele Mangiarotti affronta il tema delle coppie gay entrando nel dibattito sul loro riconoscimento che sta interessando la Repubblica di San Marino anche a seguito della istanza d’Arengo presentata da Federico Podeschi. E spiega: “Difendere la famiglia secondo la tradizione di San Marino non è un chiudersi nei confronti dei nuovi diritti, ma difendere la possibilità che la società non si disgreghi appiattendosi sui capricci di pochi, dando il via a quella «dittatura del relativismo» che, anziché liberare gli uomini, li asservisce ai potenti di turno”.

Don Gabriele Mangiarotti

Don Gabriele Mangiarotti


Da un po’ di tempo, su alcuni media di San Marino imperversano notizie e riflessioni sulle coppie gay, sul loro diritto ad un riconoscimento che le parifichi al matrimonio «sessuale» (stante che la «omosessualità» non è una differenza rispetto alla «eterosessualità», tanto per dire le cose come stanno) e – affermazione e pretesa ancor più recente – sul diritto all’adozione di figli (che “figli” non sono ma soprattutto non lo possono essere).
Uno degli ultimi articoli parla di un «diritto all’amore» che fonderebbe il diritto sia al matrimonio che alla adozione da parte delle coppie omosessuali. Così si creerebbe quella situazione per cui un «desiderio» (quando non sia semplice «voglia») costituirebbe il fondamento di un diritto «naturale». Si sa, gli articoli di giornale (e le varie «Istanze di Arengo») non sono testi dal valore giuridico, né dottrinale, e quindi non possiamo pretendere che diano le ragioni esaurienti per quanto con disinvoltura affermano. Anche se sappiamo che possono dare origine a nuove forme di diritto.
Sarebbe bene perciò, nel trattare simili argomenti, non affidarsi a sentimenti effimeri, a note di colore, a frasi commoventi, ma cercare di capire di che cosa realmente si tratta quando si parla di famiglia, di figli, di amore… e si cerchi di comprendere se le proposte che si fanno sono o meno in linea con i valori, la storia, gli ordinamenti della nostra serenissima Repubblica (oltre che del sano diritto dei popoli e delle persone).
Quali sono i fattori determinanti per un giudizio? Da un lato la consuetudine, che costituisce una forma decisiva, una «fonte» del diritto. E qui sappiamo che la famiglia è considerata come l’unione stabile di un uomo e di una donna, in vista della procreazione dei figli. Dall’altra parte il diritto positivo, che ha legiferato sulla famiglia in tempi non lontani. Così San Marino si trova ad avere come modello un certo tipo di famiglia, che alcuni chiamano «tradizionale» che ha determinate caratteristiche. In più, la nostra tradizione cristiana ha consegnato allo Stato quel modello di famiglia (che per i cattolici ha anche la caratteristica di sacramento) secondo cui si tratta di un tipo di convivenza che è ritenuto il più adatto per consentire la crescita umana e spirituale dei coniugi e il bene della prole.
È pur vero che da certe parti si invoca il diritto al cambiamento, e la consapevolezza che i tempi sono mutati. Dobbiamo però chiederci se le leggi devono adeguarsi ai tempi o non piuttosto – data anche la loro natura pedagogica – conservare certi valori che altrimenti sarebbero perduti.
La famiglia secondo la natura della sessualità (data dal rapporto di un maschio con una femmina) in prospettiva della generazione e della educazione dei figli è un bene tale che va assicurato e difeso, soprattutto in questo contesto sociale dove soprattutto i giovani rischiano di non avere più alcun punto di riferimento e di difesa. Abbiamo assistito – purtroppo da tempo – ai tentativi di imporre, verticisticamente, modelli di comportamento e sistemi di valori in contrasto con le più genuine tradizioni familiari, come se i giovani fossero proprietà di ogni forma di potere, e non bene affidato ai genitori. Abbiamo assistito al maldestro tentativo di imporre una concezione della sessualità come puro gioco, senza responsabilità (e qui gli esempi, anche attuali, si sprecherebbero). Per questo sappiamo che difendere la famiglia secondo la tradizione di San Marino non è un chiudersi nei confronti dei nuovi diritti, un aprirsi a una modernità che faccia finire abitudini e costumi obsoleti, ma difendere la possibilità che la società non si disgreghi appiattendosi sui capricci di pochi, dando il via a quella «dittatura del relativismo» che, anziché liberare gli uomini, li asservisce ai potenti di turno.
Recentemente, un laico di buon senso, in un libro che ha avuto un discreto successo, scriveva: «Per me il matrimonio è l’unione tra un uomo e una donna, questo è stato per millenni. Dal matrimonio derivano diritti e doveri. La battaglia per il matrimonio omosessuale non è una battaglia per una parolina… è la battaglia per i diritti che ne conseguono. I tre fondamentali temi di controversia sono il diritto “a formarsi una famiglia”, il diritto di successione e il diritto alla reversibilità della pensione. Sono diritti che io contesto [che] possano essere riconosciuti fuori dal matrimonio tra un uomo e una donna…
Se il matrimonio è solo un timbro pubblico sul proprio amore e “davanti all’amore lo Stato non può imporre a nessuno come comportarsi”, al momento dovessimo ammettere la rottura del principio sacro per millenni che il matrimonio è l’unione tra un uomo e una donna, perché limitarci a rendere legale e matrimoniale solo il rapporto tra due donne o due uomini? Perché non accettare che ci si possa amare in tre?… Se rompiamo la sacralità del vincolo matrimoniale tra uomo e donna, ogni rapporto “stabile” potrà alla lunga trasformarsi in matrimonio, sarà un diritto incontestabile. Con conseguenze inimmaginabili…
L’impatto del matrimonio omosessuale sul tessuto sociale… sarebbe devastante. Non ce ne rendiamo conto e pensiamo che sia solo una materia alla moda per sentirsi tanto moderni e progressisti.» (Mario Adinolfi, Voglio la mamma)
Non mi sembrano idee balzane, mi sembrano parole di estremo buon senso. Nella speranza che chi ha ancora a cuore la sorte dell’uomo sappia tenerne conto. Dell’uomo, della donna, della famiglia e dei giovani.

Don Gabriele Mangiarotti, responsabile di CulturaCattolica.it

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