Minori in affido a Rimini: numeri e spese che non passano inosservati

Minori in affido a Rimini: numeri e spese che non passano inosservati

Nel 2018 nelle strutture residenziali di Rimini sono transitati 82 minori e l'amministrazione comunale ha sostenuto una spesa di 1 milione 376mila euro. Poi ci sono stati 49 bambini in affidamento eterofamiliare. Ben 18 le realtà per l'accoglienza dei minori. Sono alcuni dei numeri forniti in consiglio comunale da Gloria Lisi in risposta ad una interrogazione di Gioenzo Renzi. Che è partito dall’inchiesta sui presunti affidi illeciti di Bibbiano. Sulla quale il vicesindaco e assessore ai servizi sociali di palazzo Garampi non ha proferito parola.

Trentuno i minori (esclusi quelli stranieri non accompagnati) del comune di Rimini che nel 2018 sono stati collocati in strutture residenziali. Numero che sale a 82 se si considerano i transitati nelle stesse strutture. Il costo sostenuto dall’amministrazione comunale è stato di 1 milione 376mila euro.
I bambini in affidamento eterofamiliare (cioè a famiglie diverse da quelle di origine), anche per periodi inferiori ad un anno, sono stati invece 49. Ben 18 le realtà per l’accoglienza di minori attualmente utilizzate.
Sono alcuni dei numeri forniti ieri in consiglio comunale dal vicesindaco e assessore ai servizi sociali di palazzo Garampi, Gloria Lisi. Numeri non banali anche se raffrontati a quelli sulla incidenza degli affidi in regione (l’Emilia Romagna da questo punto di vista sarebbe al sesto in posto in Italia): 2.032, di cui 1.185 in affidamento familiare e 847 in residenze (fonte).

A sollecitare questa panoramica è stata una dettagliata interrogazione di Gioenzo Renzi (Fratelli d’Italia), che ha posto una serie di domande per far luce sulla situazione locale degli affidi, prendendo spunto dall’inchiesta “Angeli e Demoni”, che al momento vede ventisette indagati, coinvolge il centro studi Hansel e Gretel e che sta facendo emergere un quadro angosciante e allarmante di affidi illeciti, abusi, conflitti di interesse e tanto altro, ma ovviamente dovranno essere i processi a dire l’ultima parola.

Gloria Lisi non ha pronunciato una sola parola di giudizio su quello che la magistratura e gli approfondimenti giornalistici stanno scoperchiano a Bibbiano. Il suo è stato quasi esclusivamente un asettico elenco di informazioni tecniche. Ha tenuto a puntualizzare che “i servizi di tutela minori sono gestiti dall’Ausl Romagna, e in capo al Comune rimane il dovere di vigilanza sull’esercizio di queste funzioni”. Senza però dettagliare in cosa consista concretamente la vigilanza né per spiegare se e come sia stata svolta dall’amministrazione.

“Mediamente il 50% degli affidi a livello provinciale avviene presso i parenti o con il consenso della famiglia di origine”, ha detto, e questo dovrebbe significare che un’altra fetta molto significativa di affidi avviene senza tale consenso e in nuclei esterni a quelli parentali.

Come vengono scelte le strutture (18 in tutto) che accolgono i minori? “Sulla base di valutazioni di appropriatezza all’interno di un elenco di fornitori redatto ad esito di un avviso pubblico”. Le “valutazioni di appropriatezza” non sono state dettagliate. Il costo medio giornaliero, sempre nel 2018, per l’inserimento in strutture a carico del Comune è stato di 82,63 euro per minore, invece il contributo alle famiglie affidatarie è stato di 16,67 euro, ridotto a 9,52 euro per gli affidi diurni e incrementato fino a 23 euro nel caso di affidi di minori con disabilità. Solo due le figure professionali preposte all’affido famigliare dei minori, una assistente sociale ed una psicologa, che “in rapporto al volume dei casi risultano in numero adeguato”, ha assicurato Gloria Lisi.

Quanto pesa il disagio economico o l’indigenza nell’affido? “Non determina né la presa in carico del servizio sociale né tanto meno la valutazione negativa di incapacità genitoriale che, al contrario, si fonda su costrutti psicologici”. Una frasetta molto sintetica e che andrebbe decifrata nello specifico.

L’assessore non ha nemmeno risposto ad alcuni quesiti non secondari richiamati da Gioenzo Renzi. Il primo. “Se è stata istituita una procedura formale con le associazioni delegate per l’affido che prevede il rispetto degli standard di qualità, se vengono svolti controlli, quali e con che periodicità”. Il secondo: “se siano vigenti regolamenti che escludano l’assenza di confitto d’interesse tra le diverse professionalità del servizio pubblico e del privato sociale coinvolti nel procedimento di affido”. Il terzo: “se vengono adottate iniziative per garantire la temporaneità dell’affidamento con l’abolizione della prassi dell’affido disposto di regola a tempo indeterminato garantendo che il termine di ragionevole durata dell’affidamento, previsto per legge in 24 mesi, sia prorogato solo in base a precise motivazioni e ad un progetto determinato nello specifico interesse del minore e comunque per un tempo massimo di ulteriori 12 mesi”. Tutte questioni che dovrebbero però essere fornite dall’amministrazione comunale nella risposta scritta richiesta dal consigliere di Fratelli d’Italia.

Renzi ha posto l’accento anche sull’istituzione di un garante locale per l’infanzia, ma si è sentito rispondere che su questo “potremmo fare una riflessione a livello regionale dove questa figura esiste” e si occupa di “verificare il rispetto delle normative e monitorare nel concreto il corretto svolgimento dei servizi anche su segnalazione dei privati, come in realtà già avviene perché le famiglie quando si sentono lese nei loro diritti si rivolgono direttamente al garante regionale… io ne ho viste diverse di famiglia che si sono rivolte al garante regionale…”. Quindi a Rimini ci sarebbero diversi casi di famiglie che si sono sentite lese nei loro diritti? “Il garante regionale si trova a Bologna e non si è reso conto di quello che è avvenuto in Val d’Enza, non si può pensare che possa essere presente anche nella nostra provincia e svolgere quelle funzioni che un garante locale potrebbe invece assicurare”, la replica di Gioenzo Renzi.

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