Mons. Negri e il Comitato Nazarat su Alfie Evans

Mons. Negri e il Comitato Nazarat su Alfie Evans

"Coloro che intendono sacrificare la vita di Alfie alla loro concezione malata di eugenetica si assumono una responsabilità tremenda. E compaiono nell’orizzonte delle nostre coscienze immagini che pensavamo non si sarebbero più presentate", scrive l'arcivescovo emerito di Ferrara e Comacchio. "La nuova resistenza è essere a fianco di Alfie", ha detto in occasione del 25 aprile il Comitato Nazarat.

Il nostro pensiero va con profondo affetto ad Alfie, per la straordinaria battaglia che sta compiendo per mantenere intatta la propria vita. Ma anche alle migliaia e migliaia di persone che in Inghilterra e molti altri paesi del mondo, inclusa l’Italia, hanno dato luogo a manifestazioni che segnassero visibilmente la vicinanza del popolo a questo piccolo figlio del popolo che deve morire perché la sua immagine di vita non corrisponde all’immagine di vita dominante.
Questa grande battaglia il popolo ha saputo farla. Quali che siano i risultati, perché la crudeltà e l’irrazionalità non possono essere vinte neanche dalle manifestazioni. Qualunque sia la conclusione, si tratta di una grande vicenda di popolo quella che si è compiuta sotto i nostri occhi e alla quale tutti abbiamo potuto partecipare con maggiore o minore determinazione.
Ma questa grande esperienza di popolo individua anche gli orrendi colpevoli di questa vicenda. Questa eugenetica che sostanzialmente non ha nulla da invidiare all’eugenetica nazista, sembra costituirne una sua prosecuzione, incredibile dati i tempi in cui viviamo.
È stata stabilita la morte di un bambino, assolutamente normale nelle sue reazioni che, a tantissime ore dalla sospensione della ventilazione vive, respira, reagisce con le proprie forze.
 Coloro che intendono sacrificare la vita di Alfie alla loro concezione malata di eugenetica si assumono una responsabilità tremenda. E compaiono nell’orizzonte delle nostre coscienze immagini che pensavamo non si sarebbero più presentate. Quegli orrendi sperimentatori sulla carne viva del popolo tedesco e non solo, ad Auschwitz e negli altri campi di concentramento.

 Credo che siano stati soltanto gli apripista di questo cammino che è arrivato con la vicenda di Alfie alle sue terribili conseguenze. Ciò non toglie che ancora in qualche modo speriamo in un epilogo diverso e siamo grati all’intensa attività che è stata condotta su questa vicenda in questi tempi dalla Santa Sede.

 Ormai la questione è aperta, la questione che San Giovanni Paolo II vide ed insegnò con grande chiarezza. Si confrontano due antropologie nel mondo. Da una parte una assolutamente strapotente: l’antropologia dell’uomo padrone di se stesso e che cerca di esercitare il suo dominio sulla realtà. Dall’altra l’antropologia di un uomo aperto al mistero, che cerca nel cammino verso il Mistero di realizzare pienamente la propria umanità. Cultura della vita, cultura della morte. Certamente la cultura della vita è gravemente minoritaria in questo momento in quasi tutto il mondo. Ma occorre che chi se ne sente responsabile protagonista continui il suo cammino, la sua battaglia.
Il problema della vita e della morte non è un problema statistico, il problema della vita e della morte è un confronto di antropologie; occorre dare tutta la forza e la consistenza all’antropologia della verità perché possa trionfare contro il male, che sembra invincibile ma che certamente non lo è.
Il piccolo Alfie raccoglie oggi tutta la grandezza ideale dei nostri popoli e giudica tutta la meschinità e la depravazione di tante, troppe istituzioni o troppe strutture scientifiche. E qui un pensiero va anche al triste spettacolo della Chiesa inglese a cui non avremmo mai pensato di assistere: silenzio e sostegno aperto al comportamento dei medici dell’Alder Hey Hospital. Non posso non vedere questo come un grave tradimento contro la verità e la libertà del popolo.
Credo che la battaglia sia all’inizio e che occorra pregare la Madonna perché aiuti coloro che difendono l’intangibilità della vita e il suo destino di bene a non ritirarsi.

Mons. Luigi Negri, Arcivescovo emerito di Ferrara-Comacchio

Fonte

Comitato Nazarat: “La nuova resistenza a fianco di Alfie”

Sul caso Alfie il dibattito si è acceso anche a Rimini. Alle parole di don Andrea Turchini, di cui ci siamo occupati, è seguita la risposta del referente del Popolo della famiglia, Sergio De Vita.
Si segnala la presa di posizione del Comitato Nazarat, che in occasione del 25 aprile ha detto: “La nuova resistenza è essere a fianco di Alfie. È un Appello all’Umano”. Il Comitato Nazarat per i cristiani perseguitati è la realtà riminese che dall’agosto 2014, ogni 20 del mese, propone una preghiera nelle piazze italiane che è stata appunto denominata “Appello all’Umano”, per invocare la dignità di ogni essere umano che è unico ed irripetibile.
“La vicenda di Alfie non ci lascia indifferenti, anzi è l’Appello all’Umano”, scrive Marco Ferrini del Comitato Nazarat.
“La nuova resistenza contro ogni nazismo e ogni fascismo è difendere la vita. La tradizione razionalistica ed illuministica dell’Occidente si configura sempre più come un pensiero unico dominante. Si corrompono così i principi fondamentali della tradizione cristiana e laica (le “sabbie mobili del nichilismo” Giovanni Paolo II). La verità è diventata opinione, il bene è diventato egoismo, il giusto è diventato giustizialismo”.

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