Mons. Negri sul tema del Meeting di Cl: “Perché tu sei un bene per me? Il dialogo richiede una identità forte e chiara”

Mons. Negri sul tema del Meeting di Cl: “Perché tu sei un bene per me? Il dialogo richiede una identità forte e chiara”

Presentando il suo libro, domenica sera mons. Negri non si è sottratto ad una domanda sul Meeting: "In un mondo squassato dall'individualismo, dalla v

Presentando il suo libro, domenica sera mons. Negri non si è sottratto ad una domanda sul Meeting: “In un mondo squassato dall’individualismo, dalla violenza, dalla manipolazione dell’altro, ribadire che l’altro sta di fronte a me non come un nemico di cui mi impossesso, non come un oggetto che devo manipolare, è una grande cosa”, ha detto. Ma il contributo dei cattolici è principalmente quello di rispondere alla domanda “perché tu sei un bene per me”.

Ha presentato il suo libro (“False accuse alla Chiesa”, Gribaudi) a Rimini domenica sera, e per l’occasione il teatro Tiberio era gremitissimo. In tanti, che da ogni parte d’Italia sono in città per partecipare al Meeting, si sono sobbarcati l’onere di salire su qualche mezzo per spostarsi dalla Fiera e raggiungere il luogo dell’incontro, pur di non perdersi l’appuntamento con mons. Luigi Negri. Che dentro al movimento fondato da Giussani, al quale Negri è stato al fianco per una vita, ha un grosso seguito e i suoi libri, gli articoli e le omelie, diventano spesso motivo di lavoro e confronto serrato. Giudicare la realtà alla luce della fede, senza peli sulla lingua, e con quel particolare accento di fede che è stato forgiato nell’esperienza di Comunione e liberazioni, è il suo tratto distintivo.
Il vescovo di Ferrara e ciellino di lungo corso è un mattatore, un abilissimo e preparato oratore, e sa tenere la barra diritta, andando controcorrente, anche in tempi di politically correct dentro il movimento e di dottrina creativa dentro la chiesa.
Domenica sera, ad una domanda diretta sul Meeting, mons. Luigi Negri non si è sottratto: “Tu sei un bene per me è un vertice dell’antropologia cristiana. Non il più alto, perché il punto più alto è: Tu sei il segno di Dio. Comunque, in un mondo squassato dall’individualismo, dalla violenza, dalla manipolazione dell’altro, ribadire che l’altro sta di fronte a me non come un nemico di cui mi impossesso, non come un oggetto che devo manipolare, è una grande cosa. Credo che sia anche un punto importante di dialogo”, ha detto Negri. Che però ha anche aggiunto: “Perché ci sia la possibilità di dire sul serio questo da parte dei cattolici, che sono una parte della società – sono una parte ma sono una parte che non può mica ritirarsi – perché questo possa accadere, occorre che ci sia una identità chiara e forte. Perché dimostrare che l’altro è un bene per me vuol dire tirar fuori tutto il cammino di cambiamento dell’intelligenza e del cuore che soltanto la conversione della fede e la sequela della vita ecclesiale rende possibile. E questo credo che non vada dato per scontato: cioè, se in primo piano ci sono tutti gli aspetti di valutazione analitica del modo con cui ci si comporta, del modo con cui non ci si dovrebbe comportare (che è la grande tentazione del moralismo, quello che viviamo, non solo in ambito cattolico, è un momento della vita culturale e della società in cui il moralismo la fa da padrone), io credo che il primo contributo che possiamo dare è fare tutto il cammino che arriva a dire: perché tu sei un bene per me? Noi dobbiamo dare un contributo che cerchi di rispondere innanzitutto a questo”. Lo stanno dando il Meeting e Cl in questa fase storica? O sono più preoccupati di gettare ponti, smussare, dialogare, nascondere madonne e dissidenti, non urtare l’Islam? Sarebbe interessante sapere cosa ne pensa il vescovo. Che però, visto che qualcuno tende ad accreditarlo come disallineato nella chiesa e rispetto all’esperienza di Cl, domenica sera concludendo la sua risposta ci ha tenuto a spiegare di non temere di andare controcorrente: “Su questo non solo si può, ma ci si deve dividere: se la pensassimo tutti allo stesso modo, vuol dire che ci sarebbe una certa egemonia ideologico-culturale. Non è il punto della diversità per la diversità, è che in una società come la nostra siamo diversi e allora bisogna che le varie diversità prendano coscienza della loro identità e la sviluppino fino in fondo. Altrimenti il problema del dialogo diventa un problema che, pretendendo di essere esauriente finisce per essere una grande Babele in cui ciascuno dice la sua, ma non si arriva mai a mettere a tema le cose più sostanziali. Questo è il mio sentimento”.

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